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lunedì 6 ottobre 2014

Francesco Mazzaferro. Firenze - Varsavia, 1931 - 1934: Jan Zamoyski, Samuel Tyszkiewicz e una traduzione collettiva di Cennino Cennini in polacco



Francesco Mazzaferro
Firenze - Varsavia, 1931 - 1934:
Jan Zamoyski, Samuel Tyszkiewicz e una traduzione collettiva di Cennino Cennini in polacco

Fig. 1) La prima pagina del Libro dell’Arte nell’edizione di Samuel Tyszkiewicz del 1934, 
esposta alla mostra al Museo Storico di Varsavia, 2009. 
Si vedono i legni usati per incidere la cornice xilografica, disegnata secondo modelli rinascimentali

Il 1933 fu un anno importante per la fortuna di Cennino Cennini. Furono pubblicate le prime traduzioni del Libro dell’Arte negli Stati Uniti e nell’Unione Sovietica, a cura di Daniel V. Thompson e di Alla Nikolaevna Luzhetskaia. Ad esse sono già stati dedicati due post in questo blog. Ma nello stesso anno uscì anche la prima traduzione in polacco (1): non in Polonia, ma a Firenze, presso la 'Stamperia polacca' di Samuel Tyszkiewicz (fondata nel 1928). L’anno dopo comparve una nuova versione, sempre a Firenze, a cura della stessa Stamperia (2). Una terza versione, sempre a nome di Samuel Tyszkiewicz, fu pubblicata nel 1955 (come vedremo) in una prestigiosa collezione polacca di fonti di storia dell’arte (3).

Tyszkiewicz era un poliglotta, e conosceva italiano, francese, inglese, spagnolo e latino. Non è dunque improbabile che abbia acquisito dimestichezza nella traduzione in polacco di testi in queste lingue. Ma perché Cennino?

La risposta più semplice: in onore della moglie. Tyszkiewicz aveva sposato nel 1922 una giovane storica dell’arte, Maryla Neumann. Nel 1928 aveva già pubblicato due brevi monografie d’arte di Maryla, una su Benedetto da Maiano e l’altro su Bernardo Rossellino. Una volta divorziato da Maryla, non pubblicò mai più libri d’arte. Cennino fu l'ultimo. Come vedremo dalla comparazione dei paratesti delle edizioni 1933 e 1934 è probabile che Maryla abbia collaborato alla traduzione del Libro dell'Arte.

Ma vi è anche una risposta più complessa: Tyszkiewicz era integrato in circoli artistici ispirati al tradizionalismo ed al classicismo; era in contatto con artisti e istituzioni che consideravano il trattato di Cennino come un manifesto per il “ritorno all’ordine” dopo i primi decenni selvaggi del nuovo secolo (con il cubismo, il dada, ecc…). Aderì e contribuì a questa corrente conservatrice dell’arte moderna in Polonia, pubblicando quello che stava divenendo il testo di riferimento di tutti gli artisti conservatori in Europa. 

La traduzione del testo di Cennino non fu infatti solo opera di Tyskiewicz, come a volte si legge. Lo si deduce da un brevissimo colophon (4): ne poneva uno alla fine di ogni sua produzione con informazioni sui dettagli tecnici dell’opera: la dimensione dei caratteri mobili, il tipo di carta, il processo di stampa, il formato, la copertina, la edizione, la tiratura, ecc… 

Il colophon dell’edizione del 1933 (5) informa che il tipografo preparò una prima traduzione in polacco del testo italiano, che fu terminata nel 1931. Il testo beneficiò di una revisione tecnica sul lessico specializzato da parte del pittore, critico d’arte, scenografo e decoratore Jan Zamoyski. Vi si legge infatti che la traduzione fu “da noi fatta” (dokonanu przez nas) nel 1931, con il sostegno (za poparciem) dell’Istituto per la promozione delle belle arti (Towarzystwo Zachęty Sztuk Pięknych) e con l’apporto, per quanto riguardava il lessico tecnico (w słownictwie facbowem uzupelniony) del pittore Jan Zamoyski, Presidente della Confraternita di San Luca (Bractwo św. Łukasza).

Il testo del colophon spiega anche che qualcosa era andato storto. Traduzione e pubblicazione erano in ritardo. Per ragioni “indipendenti dalla volontà di questa Stamperia” – vi si legge - il materiale è stato consegnato per la stampa solamente nel gennaio 1933. 

La versione del 1934 riporta la medesima informazione con piccole ma significative variazioni (6): la traduzione, adesso, è “mia” (przezemnie) e non più “nostra” (przez nas), ed è avvenuta ad iniziativa e con l’aiuto (z inicjatywy i z pomocą) - e non solamente con il contributo - dell’Istituto per la promozione delle belle arti. Rimane immutato l’apporto del pittore Jan Zamoyski sulla terminologia tecnica. Per il resto vengono usate le stesse espressioni contenute l’anno prima, giustificando il ritardo con ragioni indipendenti dalla volontà della Stamperia. 

Che cosa successe? Nel 1933 Samuel e Maryla Tyszkiewicz si separarono e divorziarono. Maryla Naumann lo aveva probabilmente aiutato nella traduzione, e perciò gli eventi personali ebbero un effetto sulla finalizzazione del progetto. Ma l’impatto maggiore fu sull’organizzazione del lavoro nella tipografia, dove Maryla svolgeva importanti compiti di supporto, seguendo le istruzioni tecniche del marito. Il catalogo della mostra di Varsavia del 2009 dedicato alla tipografia Tyszkiewicz fa riferimento ad una lettera del 3 Novembre 1933, in cui Samuel spiega di essere stato costretto, per via dell’assenza di Maryla, ad occuparsi di nuovo anche delle attività manuali della tipografia, proprio in occasione della produzione del libro di Cennino, il più impegnativo fino ad allora.

La marca tipografica MST (7), (ovvero lo stemma della Stamperia, con il giglio di Firenze) che prima del divorzio significava Maryla Samuel Tyszkiewicz, divenne Magister Samuel typographus. È secondo noi questo il motivo per cui nel colophon del 1933 Tyszkiewicz descrive la traduzione come un’iniziativa collettiva (la nostra traduzione) con la collaborazione dell’Istituto, mentre in quella del 1934 ne fa un lavoro personale (la mia traduzione) ad iniziativa e con l’aiuto dell’Istituto. Vogliamo comunque sperare che la laboriosa traduzione di Cennino Cennini non sia stata la sola causa del divorzio. Il confronto dei due colophon mostra comunque che furono mesi di grandi cambiamenti: la Stamperia Polacca si trasferì da Piazza d’Azeglio (primo colophon del 1933) a Via di Camerata (secondo colophon del 1934). 

Dopo Maryla, una nuova donna irrompe nella vita del tipografo polacco: la cornice xilografica di stampo rinascimentale nella prima pagina della versione del 1934 fu incisa da Vittoria Lenzi, la nuova compagna (e futura quarta moglie; si sposeranno nel 1945).

Fig. 2) La marca tipografica della Stamperia polacca di Firenze

La lettura del colophon del 1934 chiarisce anche un altro punto importante. Le due edizioni del 1933 e del 1934 non erano altro che due diverse versioni della medesima edizione. Era stato infatti l’Istituto per la promozione delle belle arti a commissionare fin dall’inizio le due versioni: la prima (quella del 1933) relativamente più dimessa e la seconda (quella del 1934) più complessa ed elegante. Sarebbero dovute uscire ed essere distribuite insieme. Anche in questo caso, qualcosa andò storto con i tempi.

Perché due versioni della stessa pubblicazione e a chi erano destinate? È davvero difficile dirlo. L’unica supposizione deriva dal fatto che nel 1933 Tyszkiewicz partecipò a Varsavia ad un’esposizione della Società per la promozione dell’arte polacca all'estero (Towarzystwa Szerzenia Sztuki Polskiej Wśród Obcych). È possibile che il testo dovesse servire a rafforzare i contatti con personalità polacche all’estero, soprattutto in Francia, Inghilterra e Stati Uniti, come dono delle autorità polacche, e che fosse quindi necessaria un’edizione di lusso. 

* * *

Cerchiamo di conoscere meglio le personalità di Jan Zamoyski prima e poi Samuel Tyszkiewicz. 


Jan Zamoyski (1901-1986) e la Confraternita di San Luca (1925-1939) 

Jan Zamoyski (8), sicuramente uomo di grande cultura artistica, era molto conosciuto negli anni Trenta, anche al di fuori della Polonia. Ebbe contatti con il movimento del ‘Novecento Italiano’ nel nostro paese e con la ‘Nuova Oggettività’ in Germania. Espose alla Biennale di Venezia nel 1934, all’Accademia Prussiana di Belle Arti a Berlino nel 1935 e rappresentò la Polonia alla Carnagie Foundation a Pittsburgh nel 1937. In Polonia, cooperò stabilmente con il già citato Istituto per il sostegno delle belle arti e con l’Istituto per la propaganda dell’arte (Instytut Propagandy Sztuki), le maggiori istituzioni accademiche che sin dal XIX secolo avevano cercato di plasmare una scuola artistica nazionale in Polonia. E, come si è detto, fu proprio il primo istituto a finanziare traduzione e pubblicazione del Libro dell’arte in polacco.

La studiosa polacca Irene Kossowska, in un suo articolo su Zamoyski su culture.pl (9), lo descrive come pittore eclettico di stampo classicista e realista. “Si oppose alle correnti impressionistiche e post-impressionistiche di stampo francese, preferendo il concetto di realismo sincretista, riferendosi alle forme eleganti del Rinascimento italiano, dell’arte fiamminga, del barocco spagnolo, della pittura olandese del XVII secolo e del caravaggismo internazionale“. 

Frequenti e varie furono le citazioni di antichi maestri, a volte come fonte di bellezza sublime, a volte in chiave volutamente ironica. Ancora Irene Kossowska spiega per esempio che “l'introduzione della doratura nella composizione sottolinea l'orientamento tradizionalista dell’artista che usa immagini convenzionali di vecchi maestri per dare loro un nuovo look contemporaneo.”

Fig. 3) Zamoyski e le influenze caravaggesche: L'anziano (1925)

Fig. 4) Zamoyski e le influenze fiamminghe: L'uomo che suona la chitarra (1927)

Fig. 5) Zamoyski e la pittura storica: Le vittime dell'incendio (1928)

Fig. 6) Zamoyski e l'influenza di Hans Holbein il vecchio: Nonna (1932)

Fig. 7) Zamoyski e il Rinascimento rivisitato con ironia: La Madonna del pannolino (1937)

Le sue opere combinano in modo eclettico influenze diverse: per lui la critica polacca parla di “realismo nobile”, per far riferimento al suo amore per gusto e cultura pittorica decorativa. Anche qui, la terminologia richiama l’Italia ed il “realismo magico” di Casorati e Donghi. Uno dei suoi quadri più famosi, il “Ritratto di donna in maglione rosso”, rivela ovvi influssi rinascimentali (Bronzino) e dell’arte moderna italiana e tedesca.

Fig. 8) Jan Zamoyski, Ritratto di donna in maglione rosso (1931)

Fig. 9) Angelo Bronzino (1503-1572), Ritratto di Laura Battiferri (1455-1560 circa)

Fig. 10) Antonio Donghi (1897-1963), Ritratto di donna al caffè (1931)

Nel 1934 Zamoyski entrò a far parte del "Blocco degli artisti professionisti plastici" (Blok Zawodowych Artystów Plastyków), un gruppo di artisti figurativi di stampo tradizionalista che si contrapponeva all’avanguardia e che si riconosceva nella rivista "Plastika"



Fig. 12) La rivista Valori Plastici
Sett-Dic. 1920, con un disegno di Carlo Carrà
Fig. 11) La rivista Plastika, 1936, anno II, n. 5



























Anche se Irene Kossowska, nel suo saggio su Zamoyski non lo dice, è probabile il riferimento – nella scelta dei termini e dei valori – al gruppo della rivista italiana “Valori Plastici” di Alberto Savinio, che era stato attivo nel decennio precedente in tutt’Europa ed aveva fatto del “Ritorno all’ordine” il suo messaggio principale. 

Lungo tutta la sua attività pittorica, Zamoyski si interessò molto alla tecnica dell’affresco. Insieme a Boleslaw Cybis produsse un ciclo di affreschi (più di 100 metri quadrati) di chiaro stampo rinascimentale, per l’Istituto Geografico Militare di Varsavia tra il 1934 ed il 1937, dedicato alle gesta di Boleslao il Prode (prima duca e poi re di Polonia dal 992 al 1025).

Figg. 13-15) Boleslaw Cybis e Jan Zamoyski, Ciclo di affreschi all’Istituto Geografico Militare di Varsavia
con le gesta di Boleslao il Prode, 1934-1937


Fig, 16) Gli autoritratti di Boleslaw Cybis e Jan Zamoyski.
Ciclo di affreschi all’Istituto Geografico Militare di Varsavia con le gesta di Boleslao il Prode, 1934-1937

Zamoyski era stato co-fondatore della Confraternita di San Luca di Varsavia (Bractwo św. Łukasza) nel 1925, un gruppo di una decina di artisti di cui fu presidente fino allo scioglimento nel 1939. Non è una casualità se i fondatori decisero di darsi lo stesso nome usato per secoli dalle congregazioni medievali e rinascimentali di pittori in Italia e nei Paesi Bassi, e poi rispolverato dai Nazareni in Germania cento anni prima.

Irena Kossowska ci informa che la Confraternita “aveva l’obiettivo di creare una scuola polacca di pittura che fosse radicata nella tradizione europea nel rispetto delle convenzioni dei secoli passati, assimilando negli atelier le competenze dei maestri antichi e rimodellando la loro pratica d’arte ed artigianato”. E aggiunge che “L'ideale dei giovani pittori era l'organizzazione del lavoro artistico sul modello della corporazione medievale.” L’obiettivo era “di fare di Varsavia una nuova Firenze”. Non è dunque sorprendente che, nella fase della sua preparazione professionale, Zamoyski abbia passato un anno in Italia. 

Fig. 17) I membri della Confraternita di San Luca nel 1928. Sulla sinistra, il dipinto di Jan Zamoyski intitolato “Le vittime dell’incendio”. Da sinistra: Eliasz Kanarek, Aleksander Jędrzejewski, Antoni Michalak, Jan Wydra, Edward Kokoszko, Bolesław Cybis, Tadeusz Pruszkowski, Jan Zamoyski, Jan Gotard, Czesław Wdowiszewski.

Fig. 18) Le firme degli aderenti alla Confraternita di San Luca

Fig. 19) Il catalogo della mostra della Confraternita di San Luca (1928)

La Confraternita si pose il fine di documentare la storia nazionale: un compito importante dopo che il paese aveva riguadagnato l’indipendenza solamente nel 1919. Nel 1939 il gruppo – presieduto da Zamoyski – espose sette tempere, dipinte collettivamente dai dieci membri, nella sala d’onore del padiglione polacco all’Esposizione Universale di New York. Due dei dieci autori (Bolesław Cybis e Eliasz Kanarek) accompagnarono a New York le sette tempere, che sono oggi conservate alla Biblioteca del Le Moyne College di Syracuse: ad esse è legata una vicenda dolorosa, non considerata ancora conclusa da parte polacca: dopo l'invasione russo-nazista, le tempere furono usate dal governo polacco di Londra (quello in esilio, sostenuto dagli alleati occidentali) per saldare pagamenti agli Stati Uniti; il pagamento non fu mai riconosciuto a Varsavia, che ancor oggi reclama i sette quadri. Le tempere descrivono la storia polacca con enfasi epica, proponendola in termini di incontro tra il folclore orientale, il mondo e l’arte occidentale ed il comune orientamento cattolico. Quadri ed artisti viaggiarono sul transatlantico MS Batory, i cui interni erano stati decorati da Zamoyski. Un libro postumo di Zamoyski sull’esperienza americana fu pubblicato nel 1989 (10) e da quella vicenda il regista polacco Michał Dudziewicz ha tratto spunto, nel 2005, per un documentario intitolato “Łukaszowcy N.Y.'39”, ovvero “Il gruppo di San Luca a New York 1939” (11). Una curiosità: l’apertura dell’Esposizione universale con Roosevelt e Einstein fu la prima trasmissione televisiva trasmessa negli Stati Uniti. Il tradizionalismo pittorico polacco si incontrò negli Stati Uniti con le più nuove tecnologie mediatiche americane. E chissà, forse furono questi i primi quadri al mondo ad essere stati mostrati nelle case delle famiglie benestanti americane.

Fig. 20) Confraternita di San Luca, L’incontro di Boleslao il Prode con Ottone III, durante il suo pellegrinaggio al reliquario di San Adalberto a Gniezno, Padiglione polacco alla Fiera internazionale di New York, 1939
Fig. 21) Confraternita di San Luca, Il Salvataggio di Vienna, Padiglione polacco alla Fiera internazionale di New York, 1939
Fig. 22) Confraternita di San Luca, Il Battesimo della Lituania,
Padiglione polacco alla Fiera internazionale di New York, 1939

Oggi è difficile considerare le pitture della Confraternita nel 1939 come un prodotto di arte moderna, dato che il cubismo – per esempio – era giá vecchio di trent’anni. Non così allora. Il Brooklyn Museum di New York, per esempio, dedicò ai pittori della Confraternita una mostra già nell’Ottobre-Novembre del 1933. Ci si dimentica troppo spesso che non tutto il Novecento fu avanguardia, così come non tutta la seconda metà dell’Ottocento era stata impressionismo. Dappertutto convivevano le forze della rivoluzione e della restaurazione dei valori estetici del passato ed oggi – a distanza di tempo – non si può più negare dignità ad entrambe. Chi ha vinto? Non bisogna dimenticare che ognuno di noi passa diverse ore davanti ad uno strumento molto figurativo e tradizionale – la televisione – e che il cinema (si pensi per esempio allo stesso cinema polacco) è, per quasi la sua totalità, l’erede ultimo di un sentimento estetico tradizionalista. Dunque, un giorno, l’idea stessa d’arte moderna andrà ripensata, proprio per comprendere l’attualità. 

Da tutto quanto detto finora non sorprende affatto che, nel 1931, Jan Zamoyski abbia dato un aiuto nella traduzione del Libro dell’Arte di Cennino Cennini. Molte delle tecniche pittoriche di Zamoyski e della Confraternita di San Luca (affresco, tempera, doratura) coincidono con quelle di altri gruppi d’artisti che si interessarono a Cennino Cennini nei decenni precedenti: si pensi all’arte Beuronese in Germania ed in Austria-Ungheria (Praga) ed alle svariate scuole secessioniste di Gödöllő in Ungheria, ma anche all’uso dell’affresco in tutte le scuole pittoriche scandinave di quegli anni. Anche dal punto di vista degli orientamenti culturali, il conservatorismo intellettuale della Confraternita di San Luca e di Zamoyski è lo stesso di quello di Pierre-Auguste Renoir nella lettera a Henry Mottez, posta ad introduzione della versione francese di Cennino nel 1911. E non deve sorprendere affatto che persino la versione russa di Cennino, sempre del 1933, abbia avuto lo scopo di sostenere il primato, in Unione Sovietica, del realismo socialista sull'avanguardia suprematista dei primi anni dopo la rivoluzione d’ottobre. Fra l’altro non a caso, dopo la Seconda Guerra Mondiale, Zamoyski sarà pittore del realismo socialista, e dipingerà ritratti di Stalin e Gomulka. Nacque realista, morì realista: il mondo attorno a lui era però profondamente mutato.

Si conferma in conclusione il ruolo di Cennino come comune punto di riferimento estetico del mondo artistico conservatore europeo nei primi tre decenni del 1900. Anche in Polonia, nei vent’anni tra la riacquisita indipendenza (1919) e l’aggressione nazista e comunista (1939). Sono così convalidati anche gli elementi fondamentali del mio precedente post su Cennino in Polonia, che si riferiva all'impiego dei passi introduttivi del Libro dell’Arte nel primo numero della rivista "Arte ed artisti" (Sztuka i Artysta) nel gennaio 1924, come manifesto per la nuova rivista, che combinava interessi culturali e pubblicità per la propria casa d’aste. "Arte ed artisti" intendeva proporre alla classe media polacca l’acquisto tramite aste dell’arte secessionista prodotta dalla "Giovane Polonia" (Młoda Polska) tra 1890 e 1918, ma intendeva farlo in termini meno inquietanti ed aggressivi di quanto gli artisti secessionisti polacchi stessi avessero fatto a cavallo del secolo, quando motivi decadentistici estremi come il satanismo erano stati utili a dissacrare la cultura delle potenze occupanti (Austria-Ungheria, Impero Russo, Reich tedesco). In quel momento, attorno al 1895, il compito nazionale dell’arte polacca era quello di violare ogni tabù ed accelerare la corsa della modernità, per far precipitare la crisi degli imperi centrali europei. Una volta che la Polonia ebbe acquisito di nuovo l’indipendenza nel 1919, l’arte polacca tornò alle sue radici conservatrici-cattoliche. Il gruppo di “Arte ed Artisti” preferì rigettare i messaggi iconoclastici di uno Stanislaw Brzozowski e passare al mito ultra-conservatore di Cennino Cennino, come spot pubblicitario per il proprio pubblico. 



Samuel Tyszkiewicz (1889-1954), tipografo e traduttore, e le arti applicate 
come manifestazione del classicismo polacco tra le due guerre


Fig. 23) Samuel Tyszkiewicz alla stampa
Samuel Fryderyk Tyszkiewicz era un aristocratico polacco (ancora oggi la sua famiglia è molto conosciuta; si pensi a Beata Tyszkiewicz, l’attrice preferita di Andrzej Wajda). Ha avuto una vita affascinante, quasi stupefacente e per certi aspetti un po’ instabile, come narrato in un breve saggio di Grzegorz Sowula che ho letto in una traduzione tedesca del 1991. (12) La sua formazione è tecnica: era un ingegnere, aveva studiato a Parigi all'École Pratique d' Electricité Industrielle e lavorava in un’impresa aereonautica, ad un progetto di motore sperimentale. Il motore non funzionò, la sua impresa fallì, e lui, per sbarcare il lunario, dovette lavorare come tassista nella capitale francese: intollerabile per la prima moglie, che se ne tornò in Polonia. Lui la seguì invano.

Tyszkiewicz combatté nell’esercito zarista (Varsavia era parte dell’Impero russo) durante la Prima guerra mondiale, poi si arruolò in quello della nuova repubblica polacca e – dopo la guerra – fu inviato in missione all’ambasciata polacca a Parigi per risolvere una serie di problemi bilaterali tra alleati. Per i suoi meriti in Francia conseguì, fra l’altro, la Legione d’Onore; il governo polacco gli concesse un importante compenso economico con cui poté finanziare un lungo viaggio in Italia con la seconda moglie. E fu in Italia che, quasi per caso, si pose il problema di come rilegare e stampare i quaderni di viaggio suoi e della consorte. Da allora lo travolse letteralmente la passione per la stampa di qualità. 

In Italia si trasferì con la terza moglie (Maryla, di cui abbiamo già parlato) nel 1926 a Firenze e aprì nel 1928 la Stamperia polacca, che divenne in poco tempo uno dei più raffinati centri tipografici d’Europa. Il 1928 – lo si è già visto – è anche l’anno dell’affermazione della Confraternita di San Luca con la mostra di Varsavia (è importante leggere gli avvenimenti in parallelo). Come si è spiegato, la terza moglie di Tyszkiewicz (Maryla) era una storica dell’arte. Sono di quegli anni l’interesse per Cennino Cennini, i contatti con Jan Zamoyski, la collaborazione con l’Istituto per la promozione delle belle arti. 

Tyszkiewicz si guadagnava il pane (per lui e le numerosi mogli) stampando i diplomi di laurea e tutta la documentazione ufficiale dell’Università di Firenze, e usava gli introiti per pubblicare edizioni costose e preziosissime, a tiratura limitata e destinate al mondo del collezionismo d’elite, non solo ad uso dell’aristocrazia polacca, ma anche degli appassionati bibliofili in Europa e negli Stati Uniti. Anche il rapporto con la terza moglie andò deteriorandosi, ma Tyszkiewicz riuscì comunque a stampare il Libro dell’Arte. È degli anni immediatamente seguenti la relazione con la futura quarta moglie Vittoria Lenzi, che mantiene in vita la Stamperia allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, durante la quale Samuel si rifugia a Nizza, dove apre una succursale: per sopravvivere, durante l’occupazione italiana prima e tedesca poi, stampa di tutto. 

Finita la guerra, per qualche anno le due sedi di Firenze e Nizza coestistono, finché tutto viene riportato a Firenze. La linea commerciale degli anni trenta non funziona però più: dalla Polonia – ormai comunista - non vengono più commissioni e acquisti per prodotti tipografici di alta qualità; le nuove tecnologie diventano più raffinate e scalzano i tipografi di eccellenza dalle loro nicchie. Tyszkiewicz è costretto a ridurre l’ambizione qualitativa delle sue opere, ed anche i prezzi. Alla sua morte, nel 1954, la Stamperia passa alla moglie, che la gestisce fino al 1966; lei si dedica tuttavia esclusivamente alla stampa di documenti per l’Università, ed abbandona l’attività del marito. Defunta anche Vittoria, tutti i materiali sono acquisiti dal Professor Jan W. Wos, che li mette a disposizione di svariate mostre.

Tyszkiewicz fu certamente uno straordinario tipografo, se è vero che i suoi libri sono stati mostrati in numerose mostre (il catalogo della mostra di Varsavia del 2009 ne ricorda 19 precedenti). Le più recenti in Italia si sono tenute a Trento e Verona nel 2004, e a Firenze quest’anno, nel 2014. In Polonia le più recenti sono a Varsavia nel 2009 e a Lublino nel 2011. Mi preme sottolineare che – se la Confraternita di San Luca adottò uno stile pittorico classicista – Tyszkiewicz lo fece con le sue pubblicazioni. Basta guardare la copertina dell’edizione di Firenze del 1934 per rendersene conto.

Fig. 24) L'edizione del 1933 del Libro dell'Arte (Rzecz o malarstwie)

Fig. 25) L'edizione del 1934 del Libro dell'Arte (Rzecz o malarstwie)

Il classicismo di Tyszkiewicz è dunque tutto di carattere artigianale, al livello di arti applicate, ma concettualmente corrisponde all’uso delle tecniche pittoriche e dei motivi estetici degli antichi maestri da parte di Jan Zamoyski e dei suoi compagni di pittura. Fu ad esempio classicissima la scelta dei tipi editoriali (Incunabola e Carattere Sinibaldi). Non è un caso che – alla recente mostra di Firenze - Tyszkiewicz venga presentato come un umanista. 

Scrive in proposito Sowula: “A ben considerare, un elemento spicca fra tutti: l’intenzione conscia e fermamente perseguita di raggiungere una forma di “onnipotenza” attraverso le tecniche. [Tyszkiewicz] mise le sue competenze ingegneristiche al servizio dell’officina, le applicò per includere tutti gli aspetti tecnici del libro - composizione, impaginazione, stampa -, appoggiandosi sulle sue conoscenze anche per la legatoria, che egli comprese come parte di un progetto complessivo, dalla progettazione della decorazione del libro alla già citata preparazione delle staffe in rame.”

Continua Sowula: “Tutti gli elementi decorativi furono creati nella propria azienda – le forme in legno per la stampa ad alta pressione furono disegnate e tagliate dallo stesso Tyszkiewicz. I motivi utilizzati provenivano da vecchie illustrazioni, ornamenti, stampe , ecc. Ogni libro è stato stampato in un carattere del testo corrispondente alle dimensioni globali del testo stesso, in due, a volte tre grandezze. Il numero d’inchiostri non è mai andato oltre i tre. Le pagine vuote (risguardi), che separano la copertina dalle pagine stampate (copertina che a volte giunge anche dopo una pagina stampata, ma mai prima del testo), sono state sempre e solo inserite in un numero proporzionato al numero di pagine previsto per l’intera composizione del libro.” Il concetto rinascimentale della proporzione applicato all’editoria! L'uomo vitruviano tra le presse da stampa. 

Classicissima anche la scelta dei titoli. Da parte italiana, oltre a Cennino, la Vita Nuova di Dante, tradotta in polacco; da parte polacca l’autore fondamentale del periodo classicista, Adam Mickiewicz, con una versione polacca e un’italiana dei Sonetti di Crimea ed altri classici dell’Ottocento. 



Certezze e domande ancora irrisolte sull’edizione del Libro dell’Arte

Non mi è stato ancora possibile reperire una copia dell’edizione del 1955, pubblicata a Breslavia, l’unica ad avere un apparato di introduzioni e commenti: è stata pubblicata per una collana di testi di fonti di storia dell’arte (Teksty Źródłowe do Dziejów Teorii Sztuki ovvero “Testi delle fonti della storia dell'arte”) che include fra gli altri Vasari, Leonardo, Dürer, Leon Battista Alberti, Poussin, Rembrandt, Delacroix, Fromentin e una ventina di artisti polacchi. La versione del 1955 è transitata sul mercato antiquario polacco per l’ultima volta quattro anni fa; a differenza di quelle del 1933 e del 1934, non è consultabile on line. Bohdan Urbanowicz (1911-1994, pittore e teorico dell’arte) e Bohdan Marconi (1894-1975, pittore e restauratore) ne hanno scritto l’introduzione, mentre il commento è di Hanna Jędrzejewska (chimica e restauratrice). 

Le edizioni del 1933 e del 1934 comprendevano anche una lettera (in italiano) di Adolfo Venturi e un’introduzione (tradotta in polacco) di Mary Pittaluga, che non sembra siano state riproposte nel 1955. Presentare una lettera di Adolfo Venturi (1856-1941), il patriarca della critica d’arte italiana, è probabilmente un’operazione preparata da Tyszkiewicz per dimostrare quanto importanti fossero i contatti che aveva nel mondo artistico italiano. Di lì a qualche anno, peraltro (nel 1936) Samuel avrebbe pubblicato un volume di schizzi di Venturi, intitolato Istantanee.

Venturi contribuì in due modi: scrisse una lettera (che fu pubblicata in italiano) e chiese ad una assistente del figlio Lionello e anche sua protetta, la studiosa italiana Mary Pittaluga (1891-1977), di scrivere un’introduzione (di sette pagine). Il testo è stato pubblicato solamente in polacco. Illustra la vita e l’opera di Cennino, la tradizione medievalista dei libri di ricette, il rapporto di Cennino con i trecentisti (in particolare Giotto e i giotteschi), e la sua teoria dei colori. 

Fig. 26) La lettera di Adolfo Venturi nell'edizione del 1933

Perché la lettera di Venturi non fu tradotta in polacco? La ragione è semplice. Seguendo la tradizione di Albert Ilg – che aveva curato a Vienna la prima versione in lingua tedesca nel 1871 – Venturi scrive un testo in cui la figura di Cennino viene ampiamente ridimensionata, riducendo l'importanza e le qualità della sua opera. Se dunque la lettera doveva essere comunque pubblicata per gratitudine (forse anche per un parallelismo con la lettera di Pierre-Auguste Renoir, come introduzione alla versione francese del 1911), meglio lasciarla in italiano, così che a Varsavia non si sapesse quel che conteneva.

Rimane un ultimo interrogativo, cui non sappiamo rispondere: quella di Samuel e Maryla Tyszkiewicz e di Jan Zamoyski fu una buona traduzione, oppure no? Si trattò solamente di una testimonianza dell’interesse per la classicità nella giovane Polonia indipendente tra il 1919 ed il 1939? Oppure fornì al pubblico polacco gli strumenti estetici e tecnici per capire effettivamente le tecnologie giottesche e della generazioni successive? Il fatto che la traduzione del 1933/1934 sia stata ancora usata in un’edizione scientifica come quella del 1955 fa pensare che il testo polacco non fosse dopo tutto così male. Quella traduzione fu – a suo modo - un’opera collettiva, così come i dipinti della Confraternita di San Luca all’esposizione internazionale di New York del 1939. 



NOTE

(1) Cennini, Cennino – Rzecz o Malarstwie [Il Libro dell'Arte]. Con una lettera di presentazione di Adolfo Venturi e un’introduzione di Mary Pittaluga. A cura di Samuel Tyszkiewicz. Firenze, Samuel Tyszkiewicz editore, 1933. Si veda: http://polona.pl/item/8379277/6/ .

(2) Cennini, Cennino – Rzecz o Malarstwie [Il Libro dell'Arte], rękopis z Roku Pańskiego MCCCCXXXVII przechowany w Bibljotece Laurencjańskiej we Florencji, opracowany na podstawie trzech wydań włoskich, na język polski przełożony oraz przypisami opatrzony przez typografa, wydawcę, a w stownictwie fachowem sumiennie sprawdzony dzięki współpracy malarza imć. Jana Zamoyskiego członka Bractwa św. Łukasza A.D. 1931. Con una lettera di presentazione di Adolfo Venturi e un’introduzione di Mary Pittaluga. A cura di Samuel Tyszkiewicz. Varsavia, Samuel Tyszkiewicz editore e Società per la Promozione delle Arti, 1934. http://polona.pl/item/8379439/6/

(3) Cennini, Cennino - Rzecz o malarstwie [Il Libro dell'Arte]. Tradotto dall’italiano da Samuel Tyszkiewicz. Introduzione di Bohdan Urbanowicz e Bohdan Marconi. Commento di Hanna Jed̨rzejewska. Wrocław, Zakład imienia Ossolińskich, 1955.

(4) “In editoria” – come spiegato da Wikipedia - “il colophon … è una breve descrizione testuale, posta all'inizio o alla fine di un libro, riportante le note di produzione rilevanti per l'edizione. (Si veda: http://it.wikipedia.org/wiki/Colophon )

(5) Traduzione del colophon, alla pagina 123 del Libro dell’Arte nell’edizione del 1933: “Libro n. 9. Stamperia di Firenze. Officina in Piazza d’Azeglio, con ingresso da Via Giordani N° 7. Questa traduzione del ‘Libro dell’Arte’ è stata da noi fatta nel luglio dell’anno 1931 con il sostegno della ‘Società per la promozione delle belle arti’ di Varsavia” e con l’aiuto dall’artista e pittore Jan Zamoyski della Confraternita di San Luca, che ha perfezionato la terminologia tecnico-professionale. Per ragioni indipendenti dalla volontà della Stamperia, il testo è stato concluso e posto in stampa nel Gennaio 1833. Secondo i desideri della “Società per la promozione delle belle arti” abbiamo stampato due diverse edizioni: una in cento copie in un formato di un quarto, numerate a lettera nel compressore dal numero uno al numero cento, e duecento copie della stessa in 8°, numerate a mano dal numero 101 al numero 300. Tutte le copie sono a mano, in carattere incunabola, antico e corsivo, grandezza 12 e 18, prodotti dagli stabilimenti Nebiolo di Torino e messi manualmente sotto pressione nel modo antico su carta impregnata, secondo lo schema seguente: 75 libri in 4° su pura carta straccia, lavorata a mano a costine, con la nostra filigrana su carta prodotta da Checciano, a Pescia – vicino a Lucca; 25 copie in 4° su pura carta straccia, con filigrana su carte Cecchi (Pescia). Edizione in quarto, illustrata con disegni, xilografie e stampe, ornata con le iniziali miniate con cinabro e risguardi secondo temi di dipinti del Trecento, incorniciati da solo in pergamena con oro. Stampa completata nel giorno di San Giovanni, santo patrono di Firenze, nell’anno del signore 1933.” San Giovanni ricorre il 14 Giugno

(6) Traduzione del colophon, alla pagina 124 del Libro dell’Arte nell’edizione del 1934: “Libro n. 9. Stamperia di Firenze. “Prodotto nell’Officina di Tyszkiewicz in Via di Camerata N°23. Fondata nell’anno 1927 in Piazza d’Azeglio Questa traduzione del ‘Libro dell’Arte’ è stata fatta da me stesso nel luglio dell’anno 1931 ad iniziativa e con il sostegno della ‘Società per la promozione delle belle arti’ di Varsavia” e con l’aiuto dall’ artista e pittore Jan Zamoyski della Confraternita di San Luca, che ha perfezionato la terminologia tecnico-professionale. Per ragioni indipendenti dalla volontà della Stamperia, il testo è stato concluso e posto in stampa nel Gennaio 1833. Secondo i desideri della “Società per la promozione delle belle arti” abbiamo stampato due diverse edizioni: una in cento copie in un formato di un quarto, numerate a lettera nel compressore dal numero uno and numero cento, e duecento copie della stessa in 8°, numerate a mano dal numero 101 al numero 300. Tutte le copie sono a mano, in carattere incunabola, antico e corsivo, grandezza 12 e 18, prodotti dagli stabilimenti Nebiolo di Torino e messi manualmente sotto pressione nel modo antico su carta impregnata, secondo lo schema seguente: 75 libri in 4° su pura carta straccia, lavorata a mano a costine, con la nostra filigrana su carta prodotta da Checciano, a Pescia – vicino a Lucca; 25 copie in 4° su pura carta straccia, con filigrana su carte Cecchi (Pescia). Edizione in quarto, illustrata con disegni, xilografie e stampe, ornata con le iniziali miniate con cinabro e risguardi secondo temi di dipinti del Trecento, incorniciati da solo in pergamena con oro. Stampa completata nel giorno di San Giovanni, santo patrono di Firenze, nell’anno del signore 1933. Al di là dell’edizione in quarto, a causa di condizioni impreviste riuscirò a finire l’illustrazione solamente per San Michele nell’anno del signore 1934.” San Michele ricorre il 29 settembre. 

(7) La marca tipografica MTS è un’evidente derivazione di quella rinascimentale, adottata dal tipografo bolognese Benedetto Faelli http://www.treccani.it/enciclopedia/benedetto-faelli_(Dizionario_Biografico)/. Sue derivazioni sono ancora in uso presso editori odierni (ad esempio Leo S. Olschki).

(8) Zamoyski è cognome diffusissimo, per cui possono subentrare equivoci dovuti a problemi di omonimia. Il più famoso Jan Zamoyski (1542-1605) fu un cancelliere polacco dell’era rinascimentale (http://it.wikipedia.org/wiki/Jan_Zamoyski) che non solamente dominò i giochi politici in quegli anni in Polonia e Lituania, ma ebbe un ruolo importante anche nella cultura italiana (fu anche rettore dell’Università di Padova), e fra l’altro commissionò la costruzione della città di Zamość (che portava il suo nome) all’architetto italiano Bernardo Morando, secondo il modello della città ideale. Un contemporaneo del nostro Jan Zamoyski fu invece August Zamoyski (1893-1970), uno scultore d’avanguardia (http://en.wikipedia.org/wiki/August_Zamoyski). Vi sono anche un paio di pittori contemporanei con lo stesso cognome. Poi ci sono romanzieri, conti, spie, sportivi, ecc… Insomma, massima attenzione a non evitare confusioni.

(9) Kossowska, Irena - Jan Zamoyski: Życie i twórczość (Jan Zamoyski: Vita e produzione), in culture.pl, 11 April 2006 (see: http://culture.pl/pl/tworca/jan-zamoyski

(10) Zamoyski, Jan - Łukaszowcy: malarze i malarstwo Bractwa św. Łukasza (Pittori e pittura della Confraternita di S. Luca), Wydawnictwa Artystyczne i Filmowe, 1989. Si veda anche la tesi di laurea di Elizabeth Zimnica, intitolata “Making History. Poland at the 1939 World’s Fair in New York”, Queen University, Canada, 1999
(http://www.collectionscanada.gc.ca/obj/s4/f2/dsk2/ftp01/MQ37993.pdf). 

(11) Per una scheda sul film, si veda: http://www.wkazimierzudolnym.pl/lukaszowcy-n-y-39.html

(12)Sowula, Grzegorz – Samuel Tyszkiewicz, Traduzione di Friedrich Griese, Offenbach, Sowula & Sowula, 1991.

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