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venerdì 31 ottobre 2014

Bartolomeo Dal Pozzo. Le Vite de' pittori, de gli scultori et architetti veronesi. A cura di Licisco Magagnato (1967)


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Bartolomeo Dal Pozzo
Le Vite de' pittori, de gli scultori et architetti veronesi


A cura di Licisco Magagnato

Verona, Banca Mutua Popolare di Verona, 1967

Recensione di Giovanni Mazzaferro


Paolo Veronese, Martirio di San Giorgio, Chiesa di San Giorgio in Braida, Verona


[1] Edizione “privata” di 1800 copie. L’opera è suddivisa in due volumi. Il primo riporta la riproduzione anastatica delle Vite, pubblicate da Bartolomeo Dal Pozzo a Verona nel 1718; il secondo presenta un saggio bio-bibliografico, l’indice analitico ragionato dell’opera ed una (nutrita) scelta di tavole a cura di Licisco Magagnato. Secondo quanto riportato nel Catalogo-specimen delle Edizioni Labor, questi due volumi dovevano comparire all’interno della collana Gli storici della letteratura artistica italiana. Sappiamo tutti come andarono a finire le cose: la casa editrice fallì, e dei venticinque titoli previsti nel piano dell’opera, ne furono pubblicati solo cinque. Tuttavia, negli anni successivi una parte degli studi intrapresi per l’inserimento nella collana trovarono una loro collocazione altrove e furono infine pubblicati. Il caso delle Vite del Dal Pozzo è, per noi, il più misterioso: i due volumi apparvero nel 1967, ovvero prima del fallimento della Labor, ma in edizione “privata” della Banca Mutua Popolare di Verona. Nel colophon si ricorda tuttavia che “questa edizione... è stata curata dalla Sezione Riproduzioni e Documentazioni della Edizioni Labor S.p.A. di Milano”, sicché proviamo ad avanzare un’ipotesi di questo tipo: evidentemente quelli della Labor non navigavano nell’oro; il 1967 era l’anno del centenario della Banca Mutua Popolare di Verona; l’istituto di credito trovò opportuno, per le celebrazioni del caso, finanziare la pubblicazione dell’opera e avanzò una proposta economica che fu evidentemente accettata (ma che non servì a salvare la casa editrice). Si tratta, lo ripetiamo, di una pura ipotesi, che naturalmente potrà essere smentita in qualsiasi momento.

Particolare di miniatura di Liberale da Verona
Fonte: http://www.fondiantichi.unimo.it/fa/giustizia/siena_duomo.html

[2] Il titolo completo dell’opera è Le Vite de’ pittori, de gli scultori, et architetti veronesi. Raccolte da varj Autori stampati, e manuscritti, e da altre particolari memorie. Con la narrativa delle Pitture, e Sculture, che s’attrovano nelle Chiese, case, & altri luoghi publici, e privati di Verona, e suo Territorio. Semplificando al massimo, la struttura dell’opera è scandita in due parti: una prima sezione dedicata alle biografie degli artefici locali o che comunque abbiano operato a Verona; una seconda parte che funge da guida della città attraverso le chiese, i luoghi pubblici, ma anche le collezioni private. In questa edizione compare un’appendice finale alle Vite. L’appendice fu aggiunta dall’autore in una seconda tiratura, sempre nel 1718 (sulle ragioni che portarono all’aggiunta si veda Magagnato pp. IX-X). Non si può dunque definire tecnicamente la presente come la ristampa di un’editio princeps

Giovanni Francesco Caroto, Ritratto di bambino con disegno (Verona, Museo di Castelvecchio)


[3] Il saggio di Magagnato inquadra l’opera in maniera impeccabile, calandola all’interno della storiografia artistica veronese. “Queste Vite sono, com’è noto ed evidente, un’opera di compilazione. Nel momento in cui ogni città d’Italia si fa l’inventario del patrimonio artistico (luoghi, nomi e cose), il Dal Pozzo cuce insieme quello che sui veronesi hanno scritto Giorgio Vasari e Carlo Ridolfi , con quello che gli risulta, specie per il Seicento, da certe preziose fonti manoscritte allora in sua mano, ma oggi perdute; vi aggiunge, aiutandosi un po’ sull’Orlandi [n.d.r. Pellegrino Orlandi], quello che conosce «de visu» intorno ai suoi contemporanei; e così sugli artisti delle generazioni tra Santo Primato e Antonio Balestra... egli è la fonte più ampia e preziosa” (p. IX). Intendiamoci – continua Magagnato -, Dal Pozzo non è un conoscitore, ma un erudito, e dove non è supportato dalle fonti le sue attribuzioni sono incerte e spesso sbagliate. Ciò non toglie che la sua sia una compilazione (o, meglio, una ricapitolazione) intelligente, tanto che quest’opera (assieme alla Verona illustrata del Maffei, che però ha taglio completamente differente), rappresenta un punto di riferimento imprescindibile per tutti gli studiosi successivi. Le fonti di Bartolomeo sono note e sono facilmente ravvisabili nella scansione cronologica delle Vite: una prima parte vasariana, una seconda ridolfiana, una terza (per i decenni centrali del 1600) legata a un manoscritto in suo possesso, purtroppo oggi disperso (assieme alle sue carte) ed infine una quarta sezione in cui si presume che l’autore abbia potuto avvalersi delle proprie conoscenze personali (quando scrisse le Vite Dal Pozzo era quasi ottantenne e poteva quindi risalire abbastanza in là negli anni). Si può quindi dire che l’opera fornisca una messe di importanti informazioni su tutto il Seicento veronese; mentre assai meno lusinghiero è stato il giudizio sulla originalità delle epoche già coperte da Vasari e Ridolfi; in realtà – scrive Magagnato – è vero che questa parte delle Vite è la meno originale, ma è anche vero che gli elementi di novità si trovano sparsi nella guida delle opere cittadine. In questo senso si rivela particolarmente utile l’indice ragionato del curatore che permette di assemblare le informazioni in un unicum.


Francesco Torbido, Ritratto maschile


[4] La critica si è storicamente divisa sull’opera. Lo Schlosser definisce Dal Pozzo come “uno storiografo che è tra i migliori della sua specie” (La letteratura artistica, p. 532); particolarmente apprezzata la seconda parte dello scritto: “Alla raccolta di Vite... del commendatore Dal Pozzo pubblicata nel 1718 è aggiunto un copioso elenco dei tesori d’arte di Verona, molto importante per la descrizione degli affreschi di case private in quella città così gaia di colore, e specialmente per un esatto sommario delle raccolte particolari” (p. 550). Sbrigativa la citazione di Cicognara nel suo Catalogo ragionato. Assai ingeneroso Comolli sullo stile di Dal Pozzo che “non solo è povero, ma meschino... Le racolte notizie poi sono pregievoli, e sono tali, che meritavano forse maggiore esatezza, correzione, e pulizia d’impressione; Ma malgrado questi difetti fra le storie degli artisti questa di Fra del Pozzo è delle più ricercate, e delle più difficili a trovarsi” (Bibliografia storico-critica, v. II, p. 285). E certo non positivo è quanto scrive Luigi Grassi nel terzo volume di Teorici e storia della critica d’arte; a Dal Pozzo si addebitano le scarse capacità di discernimento critico, l’eccessiva enfasi nel voler sottolineare i meriti degli artefici veronesi ed infine “la sua proposta di confrontare e paragonare quindici pittori veronesi con altrettanti maestri di altre Scuole e regioni, [n.d.r. proposta che] presuppone la Balance des peintres di Roger de Piles” (p. 85). A noi francamente il paragone fra Dal Pozzo e la Balance di Roger de Piles (precedente di 10 anni) non convince. Bartolomeo Dal Pozzo, né più né meno che molti altri nel ‘600 e nel ‘700, è un erudito che, partendo dall’esempio delle Vite vasariane, propone un’interpretazione (ed un’esaltazione) locale (qui nemmeno veneta, ma veronese) del fare artistico. In questo contesto ci sta anche l’improponibile confronto (peraltro confinato a una sola pagina della Prefazione) fra i quindici artefici veronesi e quindici altri illustri artisti italiani (ove non compaiono né Raffaello né Michelangelo). Ma non ci si può fermare qui; non si può dimenticare che Dal Pozzo fornisce anche molte notizie che altrimenti oggi noi non avremmo, e che soprattutto non inventa, come invece molti altri fecero nelle loro (discutibili) opere.

Antonio Badile, La Beata Vergine Maria col Figlio in gloria
coi Santi Battista, Antonio Abate, Benedetto e Biagio
(particolare)


[5] Esemplare acquistato in una libreria antiquaria veronese nel 2007. Rilegatura originale, assai rovinata specie nel secondo volume; tracce di umidità in alcuni fogli.

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