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lunedì 22 settembre 2014

Baldassarre Orsini, Dell'Architettura Civile, Officina Edizioni, 1997

English Version

Baldassarre Orsini
Dell’Architettura Civile di Baldassarre Orsini
[Parte Prima]


A cura di Adriana Soletti e Paolo Belardi

Roma, Officina Edizioni, 1997


Fig. 1) Ville storiche perugine: Villa San Martinello.
Fonte: www.dimorestoricheitaliane.it


N.B. Su Baldassarre Orsini si veda anche: Baldassarre Orsini tra arte e scienza (1732-1810). A cura di Cettina Lenza e Vincenzo Trombetta, Cinisello Balsamo (Milano), Silvana Editoriale, 2017
[1] Testo della quarta di copertina:

“Il volume contiene la trascrizione nonché l’analisi storico-critica del primo tomo del trattato Dell’Architettura Civile, opera settecentesca del “pittore-filosofo” Baldassarre Orsini: un manoscritto che, pur concepito con precise finalità didattiche (l’Orsini, a lungo direttore dell’antica Accademia del Disegno di Perugia, è un assertore della necessità di una solida formazione scientifica), mostra rapporti espliciti con il dibattito culturale dell’epoca ed è sensibile alle profonde mutazioni teorico-concettuali che in tutta Europa, intorno alla seconda metà del XVIII secolo, sanciscono la crisi ormai irreversibile dei principi umanistici e dischiudono le porte della modernità.

Con la stesura del trattato Dell’Architettura Civile l’Orsini, allievo prediletto di Mengs e uomo di vasta cultura, percorre una strada straordinariamente insolita, contestando le idee etico-utilitaristiche del Milizia e riconoscendo nella prospettiva, alla maniera del Pozzo, non già una mera tecnica di rappresentazione, quanto piuttosto il fine stesso dell’architettura; tanto da teorizzare una personalissima architettura prospettica che, puntualmente supportata da continui riferimenti alla manualistica, sia storica che contemporanea, è sostenuta da un nutrito corpo di disegni autografi in cui l’autore indaga in chiave percettiva alcuni fra i principali monumenti dell’eredità classica.”

Fig. 2) Ville storiche perugine: Villa San Martinello
Fonte: www.dimorestoricheitaliane.it

[2] Il manoscritto Dell’Architettura Civile è custodito con segnatura 1740 presso la Biblioteca dell’Accademia di Belle Arti di Perugia, diretta erede dell’Accademia del Disegno di cui Orsini fu nominato direttore nel 1790, ricoprendo tale incarico in pratica in maniera quasi ininterrotta fino al 1810. L’opera è suddivisa in quattro tomi; i primi due compongono la Parte prima (testo e disegni), di natura prettamente teorica, e sono quelli che vengono presentati in questa occasione a cura di Adriana Soletti e Paolo Belardi; il terzo e quarto prendono in considerazione aspetti più pratici e sono stati pubblicati soltanto nel 2008, questa volta a cura del solo Paolo Belardi.


Fig. 3) Ville storiche perugine: Villa Aureli
Fonte: www.dimorestoricheitaliane.it

[3] Baldassarre Orsini è sempre stato considerato – a torto o a ragione – una figura di secondo piano nel mondo artistico di fine Settecento. E se il giudizio si riferisce alla sua attività pittorica (Orsini nasce pittore), non vi è dubbio che sia calzante. Appare invece sempre più riduttivo liquidare con poche righe la sua produzione letteraria, che, condotta nell’arco di oltre trent’anni, lo vide curare edizioni “moderne” di grandi classici di pittura e architettura, nonché produrre (a volte riuscendo a pubblicarli, a volte no) trattati e saggi, nonché guide al patrimonio artistico di città. Proprio la Guida al forestiere per l’augusta città di Perugia, pubblicata nel 1784, è probabilmente lo scritto più famoso di Orsini, e non tanto per gli apprezzamenti (pochi) o le stroncature (assai più numerose) che l’accolsero, ma proprio perché è guida alla mano (o forse grazie al suo Abregé - Riassunto -) che Tinet prima e Denon poi condussero le loro requisizioni di opere d’arte a Perugia (si veda in merito Cristina Galassi, Il Tesoro perduto: Le requisizioni napoleoniche a Perugia e la fortuna della “scuola” umbra in Francia tra 1797 e 1815). Fatto sta che, riservandoci di elencare alla fine di questa scheda almeno i principali titoli di cui Orsini fu autore, è bene sin d’ora richiamare alcuni dei contenuti che Paolo Belardi ha prodotto in Baldassarre Orsini (1732-1810): profilo bio-bibliografico (uno dei saggi introduttivi presentati nel commento del 2008 alla seconda parte del Trattato). 

Fig. 4) Ville storiche perugine: Villa Aureli (Acquerello del 1784)
Fonte: www.dimorestoricheitaliane.it
[4] Orsini non fu il classico nobile erudito del ‘700 che si dilettava di cose dell’arte; fu un (modesto) pittore che scoprì nel corso della sua vita due grandi talenti: la facilità nello scrivere e la vocazione all’insegnamento e alla divulgazione; la sua produzione letteraria è da inquadrarsi sicuramente all’interno di questa sua vocazione “didascalica”. Orsini fu un professore (nel senso più “borghese” e quindi – visti i tempi – più moderno del termine) e le sue sono le opere di un pittore divenuto professore. Trasferitosi a vent’anni dalla sonnecchiosa Perugia a Roma per studiare le belle arti, Orsini frequentò alcuni degli artisti romani più in voga dell’epoca e, naturalmente, l’Accademia di San Luca. Ma il grande incontro della sua vita è quello con Anton Raphael Mengs. Non è dato sapere con esattezza, nemmeno dalle sue Memorie (che, peraltro – scoperte da oltre quindici anni – ci risultano ad oggi inedite) in che circostanze Orsini e Mengs si conobbero; appare azzardato scrivere (cfr. quarta di copertina) che Orsini fu “allievo prediletto di Mengs”; sicuramente ne godette la fiducia, visto che fu nominato tutore dei figli dell’artista tedesco, per quanto riguardava geometria, prospettiva ed architettura; e sicuramente Orsini mutua buona parte del suo pensiero da Mengs e dai suoi Pensieri sulla pittura; già lo aveva notato con grande lucidità Bruno Toscano nella sua introduzione alla ristampa anastatica della guida di Perugia pubblicata dalle edizioni Canova nel 1973: “Ma la lezione di Mengs ebbe grande significato per l’Orsini soprattutto perché offriva un esempio di accostamento sensibile alle opere, capace di estendersi – con ammissione più o meno esplicita – anche a quelle che derogavano dalla norma professata. Di questi varchi lasciati da Mengs l’Orsini approfittò ampiamente trasformandoli in generose aperture attraverso le quali introdusse nel suo espugnabile castello squadre di manieristi e tardomanieristi italiani e nordici, di decoratori e quadraturisti barocchi, di specialisti di bambocciate e trompe-l’oeil” (p. XXI). Da Mengs, dunque - e questa volta sono parole di Belardi nel citato Profilo bio-bibliografico –, Orsini “maturò la convinzione della necessità di regole e principi fondati sulla ragione, tributò un’attenzione appassionatamente analitica alla forma dell’opera d’arte e sviluppò la propensione per l’approccio critico didascalico” (p. 21), salvo aprirsi con curiosità e rispetto a chi dalle regole fosse uscito, pur dimostrandosi capace di approdare per vie diverse a risultati pregevoli. Se questo discorso vale un po’ per tutti gli scritti di Orsini, e in particolare per la Guida al forestiere (1784), vale a maggior ragione per il trattato Dell’Architettura Civile, che cronologicamente la precede e che (risulta dalle Memorie) era pronto per la stampa nel 1778 (la mancata pubblicazione sembra legata alla decisione di ritornare a Perugia nel 1779, dopo la morte di Mengs, per dedicarsi a incarichi di scenografo per il locale teatro). Scrive Orsini nella prefazione alla Parte prima: “Nel mettere innanzi quanto vi ha di buono e di bello negli antichi esemplari, e nelle opere de’ prelodati moderni, non ho fatto conto de’ piccoli difetti, da’ quali le opere umane ed artefatte possono difficilmente andar esenti... E neppur mi son preso l’impegno di voler decidere su della maggioranza de’ professori onorevoli, da me citati, né dichiararmi più in favore di uno, che di un altro, riputandosi da me ogniuno di loro per eccellente e per valentissimo... Imperciocché tutti i professori possono essere in istima, ancorché abbiano con diversi fini ragione... Quello adunque, che ho avuto in mira è stato il fare principalmente distinguere, come ciascun eccellente professore, seguitando nell’edificare le leggi della natura si sia formato un gusto di bontà e di bellezza senza stare a proporre vaghi sistemi; perché questi, di qualunque natura sieno, non essendo universalmente abbracciati, si reputano molto pregiudizievoli alla perfezione delle arti, e non sono che ceppi atti, per la loro ristrettezza, ad isterilire gl’ingegni, e togliere ad essi quella libertà d’imitazione, che deve avere l’uomo di talento per sormontare tutte le difficoltà e gli ostacoli dell’invenzione.... Imperciocché, anche l’imitazione, ove sia fatta in maniera nobile e piena di libertà, ottiene il pregio d’invenzione; e l’artefice in questa guisa operando, non si fa imitatore servile delle opere altrui” (pp. 7-8). Sono questi, a nostro avviso, i passaggi nodali del pensiero teorico di Orsini. Il discorso a questo punto rischia di complicarsi. Sugli aspetti teorici su cui si regge il pensiero di Orsini (ad esempio sul concetto di gusto, non inteso come arbitrio, ma come risultato di un processo razionale; sul concepimento dell’architettura come fatto percettivo e quindi sull’importanza di tutti gli aspetti visivi legati alla progettazione e alla fruizione della stessa, in primis la prospettiva) rimandiamo ai saggi introduttivi. Rimandiamo anche alla citata (e bellissima) Introduzione di Bruno Toscano alla Guida del forestiere (Baldassarre Orsini e la «critica degli artifizi»): quasi tutto quello che là è scritto, con riferimento alla pittura, allo studio della composizione del quadro, al gusto, al recepimento da parte di Orsini di “quanto v’era in Mengs... di aperto, di permissivo, di relativistico rispetto ad una concezione dogmatica del neoclassicismo” (p. XLIII), si attaglia perfettamente al trattato Dell’Architettura Civile. A noi interessa qui mettere in evidenza come questa impalcatura critica non potesse convivere, ma fosse anzi destinata a collidere, con le idee proposte da un altro (e assai più ortodosso) seguace del neoclassicismo di Mengs, ovvero Francesco Milizia. Ora, non vi è dubbio che l’influenza dei trattati teorici di Milizia rispetto a quella di Orsini sia stata infinitamente superiore, sia con riferimento ai Principi di architettura civile sia a Dell’arte di vedere nelle belle arti del disegno secondo i principi di Sulzer e di Mengs, editi entrambi nel 1781. E probabilmente quando Orsini, qua e là, si scaglia contro Milizia (negli scritti cronologicamente posteriori alle due opere citate), un po’ d’invidia ci deve essere stata; resta il fatto che la visione di Orsini testimonia una via alternativa al recepimento del pensiero di Mengs rispetto a quella del Milizia, via che meritava di essere meglio esplorata.

Fig. 5) Ville storiche perugine: Palazzo Bourbon di Sorbello
Fonte: www.dimorestoricheitaliane.it

[5] Rapidamente, alcuni cenni sulla produzione letteraria di Orsini, con l’avvertenza che, a parte il presente Trattato e la Guida al forestiere, apparsa in ristampa anastatica nel 1973, non risultano altre edizioni moderne degli scritti del poligrafo perugino. Il primo scritto di Orsini ad essere pubblicato fu Della Geometria e Prospettiva pratica, nel 1771, che appare recensito in maniera estremamente positiva dal Comolli nella sua Bibliografia storico-critica dell’architettura civile (Vol. III, pp. 91-97; se ne consiglia la lettura; viene riportata anche lettera scritta da Orsini al Comolli nel 1788 contenente catalogo parziale delle sue opere ed immancabile polemica col Milizia); segue appunto Dell’architettura Civile, completato entro il 1778. Sino a qui siamo negli anni del lungo e quasi ininterrotto soggiorno romano. Dopo il trasferimento a Perugia vengono pubblicate l’Antologia dell’arte pittorica (1782-1783) e la Guida al forestiere per l’augusta città di Perugia (1784), entrambe assai attente al tema della composizione in pittura. All’interno dell’Antologia Orsini pubblica sette scritti che si ritiene utile elencare (cfr. il Profilo bio-bibliografico di Orsini presentato da Paolo Belardi nel secondo volume dell’Architettura civile, p. 37, n. 77): 
  • Saggio sulla Composizione della pittura
  • Il Trattato della Bellezza e del Gusto del Cavalier Don Antonio Raffaello Mengs
  • Una Lettera del medesimo a don Antonio Ponz sopra il merito de’ Quadri del Real Palazzo di Madrid
  • Alcune Regole della Pittura di Gio. Paolo Lomazzo
  • L’Arte del dipingere a fresco d’Andrea Pozzo (a cui rivolse la sua attenzione anche Mary P. Merrifield nel 1846); 
  • Lezioni pratiche sù del Colorito di Mengs
  • Appendice all’Antologia Pittorica.
Secondo Bruno Toscano il Trattato della Bellezza e del Gusto di Mengs non è conforme al testo stabilito da José Nicolas de Azara nell’edizione di Parma del 1780 (cfr. Introduzione alla Guida al forestiere, pp. LXXV-LXXVI, n. 2). Alla Guida di Perugia seguirà nel 1790 quella di Ascoli Piceno. Se si fa eccezione alla prosecuzione delle Vite de’ pittori di Lione Pascoli, pubblicate nel 1806 col titolo Memorie de’ pittori perugini, gli scritti dell’ultimo decennio di vita appaiono sempre più rivolti agli studenti dell’Accademia perugina. Si tratta di: 
  • Dizionario d’Architettura e Dizionario Vitruviano (1801); 
  • traduzione del De Architectura di Vitruvio (1802). Citandola come sesta traduzione italiana, Vagnetti e Marcucci (p. 130) si riconoscono nel giudizio che di essa dà il Cicognara (mai tenero con l’Orsini) nel suo Catalogo ragionato: “Ventitré tavole ineleganti intagliate in rame trovansi nel Vitruvio. L’edizione non è pregievole. L’Orsini avea molte cognizioni, una critica poco flessibile, e nessun gusto [n.d.r. pena del contrappasso?]. I due Dizionari poi sono ben compilati, e possono essere utili alli studiosi dell’Arte” (pp. 138-139); 
  • rivisitazione dell’Idea dell’Architettura universale di Vincenzo Scamozzi (1803); 
  • compendio del De re aedificatoria di Leon Battista Alberti (1804); 
  • versione ridotta e commentata del Trattato della pittura di Leonardo da Vinci (1805). 
Ora, è chiaro a tutti che, a simili ritmi (le pietre miliari dell’architettura e della pittura italiana, ripubblicate una all’anno) il risultato non potesse essere strabiliante; documenta però l’incessante lavoro di divulgazione a cui il Professor Orsini attese di fatto fino alla morte.

ADDENDA 6 novembre 2017:
si veda anche la recensione a Baldassarre Orsini tra arte e scienza (1732-1810). A cura di Cettina Lenza e Vittorio Trombetta.

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