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venerdì 30 maggio 2014

Karel van Mander. Le vite degli illustri pittori fiamminghi, olandesi e tedeschi. A cura di Ricardo de Mambro Santos



Karel van Mander
Le vite degli illustri pittori fiamminghi, olandesi e tedeschi

A cura di Ricardo de Mambro Santos

2000, Apeiron, Roma


Hugo ven der Goes. Particolare del Trittico Portinari (1477-78 circa, Firenze, Uffizi)
Foto tratta da Hugo van Der Goes Livre Les dessous des chefs-d’œuvre :
un regard neuf sur les maîtres anciens
, de Rose-Marie & Rainer Hagen, Köln, Taschen, 2000
[1] Pubblicato ad Haarlem nel 1604, lo Schilder-Boeck si articola in sei parti o sezioni. La prima parte – Den Grondt der Edel Vry Schilder-Const – è un poemetto didascalico che tratta dei principi fondamentali della pittura; la seconda s’intrattiene sull’arte antica, attingendo e talvolta sottoponendo a critica le informazioni pervenute tramite Plinio il Vecchio; la terza si riferisce ai pittori italiani e utilizza largamente la narrazione del Vasari; la quarta, qui tradotta in italiano, è di gran lunga la più interessante e, comunque, la più studiata dagli storici dell’arte (descrive la vita degli “illustri pittori fiamminghi, olandesi e tedeschi”); la quinta è un commento alle Metamorfosi di Ovidio, allora considerate una sorta di “Bibbia dei Pittori” (la definizione è di Schlosser nella Letteratura artistica, a p. 356); l’ultima parte, cioè la sesta, si sofferma sulla rappresentazione della figura e su come gli antichi pagani rappresentassero i loro dei. Questa esigenza di creare un repertorio delle forme e degli attributi spettanti a personaggi mitologici ha suggerito a Germain Bazin (in Storia della storia dell’arte, p. 69) un accostamento all’Iconologia di Cesare Ripa. 

[2] La traduzione della quarta parte è la prima integrale in lingua italiana. Ricardo de Mambro Santos si attiene alla princeps e non ricorre, come fece H. Floerke per la sua versione in tedesco, alla seconda edizione.

Jan van Eyck. I coniugi Arnolfini (1434)Londra, National Gallery


[3] Testo della quarta di copertina:

“Fonte indispensabile per lo studio della cultura figurativa nordica a cavallo tra il Rinascimento e il Manierismo, lo scritto di Karel van Mander costituisce il primo tentativo sistematico di descrivere ed esaminare le parabole artistiche al di là delle Alpi. Biografie, aneddoti e acute osservazioni critiche compongono un sorprendente mosaico narrativo dalla portata insieme storica e teorica. La presente edizione offre al lettore italiano la prima versione integrale del trattato di van Mander [...].

Nato a Meulebeke, nelle Fiandre meridionali, dopo una prima formazione letteraria e pittorica, presso le botteghe di Lucas de Heere e Pieter Vlerick, van Mander intraprende un importante viaggio in Italia tra il 1573 e il 1577, in contatto diretto con la cerchia di Bartholomeus Spranger. Dopo un breve soggiorno in Austria a servizio dell’imperatore Rodolfo II d’Asburgo, van Mander ritorna nelle Fiandre per trasferirsi, nel 1583, in Olanda, ove pubblica nel 1604 il Libro della Pittura. La sua riflessione teorica, unita alla produzione artistica di Hendrick Goltzius, Cornelis van Haarlem e Cornelis Ketel, si pone come uno dei massimi traguardi del Manierismo transalpino.” 

[4] Si riporta il testo della recensione all’opera, a firma Marco Carminati, apparsa sul Domenicale del Sole 24 Ore il 10.6.2001 (l’articolo è tratto da Biblioteca Multimediale del Sole 24 Ore – Cd Rom Domenica 1983-2003 Vent’anni di idee).

DOMENICA – Fonti
Maestri immortalati dal Vasari del Nord
La prima edizione delle “Vite degli illustri pittori fiamminghi, olandesi e tedeschi” di Karel van Mander
di Marco Carminati


Karel van Mander, La continenza di Scipione, 1600 (Rijksmuseum, Amsterdam)

Het Schilder-Boeck waerin Voor eerst de Leerlustige-Jeught den Grondt der Edele Vrye Schilderkonst in verscheyden Deelen wort voor-gedrangen. Daer na in drij deelen t’ leven der Vermaerde Doorluchtighe Schilders des Ouden ende Nieuwen Tydts

Per chi mastica un po’ di fiammingo arcaico non dovrebbe essere un problema capire speditamente la frase riportata nel capoverso precedente. Temo però che molta parte dell’umanità venga subito esclusa dalla gioia della comprensione, ed è un peccato perché il passo citato appartiene al più importante testo a noi pervenuto sulla civiltà figurativa rinascimentale e manierista nel Nord Europa, paragonabile a quel che sono le Vite di Giorgio Vasari per la storia della pittura italiana. 

Si parla del Libro di pittura di Karel van Mander, pubblicato per la prima volta in Olanda nel 1604 presso l’editore Passchier van Westbusch di Haarlem e contenente, tra altro, le biografie di tutti i più significativi maestri di Fiandra (van Eyck, Rogier van der Weyden, Hugo van der Goes, ecc.), e dei più grandi maestri del rinascimento tedesco, Dürer e Holbein, tanto per intenderci. L’opera venne scritta con intenzioni prettamente pedagogiche, ad uso dei giovani apprendisti di bottega, perché arrivassero a possedere non solo un quadro completo dei pittori operanti in Europa dal Quattrocento allo scadere del Cinquecento, ma giungessero a padroneggiare idee, concetti e teorie estetiche di solito appannaggio dei teorici più dotti.

Il Libro di pittura è un organismo articolato, diviso in più parti. Lo apre un lungo poema didascalico in versi, in cui l’autore espone “i fondamenti teorici della nobile e liberale arte della pittura” in chiave marcatamente manierista. Al poema seguono tre libri storici: il primo tratta della storia dell’arte antica e rappresenta un eloquente esempio di ricezione della tradizione di Plinio nell’Europa del Nord; il secondo tratta dei pittori italiani sulla falsa riga delle Vite di Vasari ma con notevoli aggiunte di notizie, soprattutto sui pittori che van Mander aveva conosciuto personalmente a Roma attorno al 1575. Il terzo libro [n.d.r in realtà la Parte quarta, contando anche il poema didascalico iniziale], assai importante, vera gloria e merito di van Mander, contiene la trattazione delle vite dei pittori fiamminghi, olandesi e tedeschi, partendo da van Eyck fino ai maestri del suo tempo. Completano l’opera un’esposizione della “bibbia dei pittori”, cioè le Metamorfosi di Ovidio (fonte inesauribile per tutte le storie profane dei quadri), e un sommario di arte antica e di mitologia. 

Come Vasari, Karel van Mander alternava l’attività di artista a quella di teorico. Nato nelle Fiandre nel 1548, aveva avuto la fortuna di una formazione poliedrica, aveva studiato filosofia e letteratura, conosceva il latino a menadito e pare fosse molto apprezzato come attore. A vent’anni pensò di dedicarsi alla pittura entrando dapprima nella bottega di Luca de Heere a Gand, e poi in quella di Pieter Vlerick a Tournai. Assunse presto una qualche notorietà come autore di piccoli quadretti a carattere religioso. Stimolato però dai suoi stessi maestri, nel 1573 ruppe il cordone e intraprese un viaggio di studio in Italia, al seguito di un convoglio di nobili fiamminghi. Fu un viaggio operoso: durante il soggiorno italiano, realizzò nel Palazzo Spada di Terni un ciclo d’affreschi in puro stile vasariano, ammirò stupefatto le opere di Vasari nel Duomo di Firenze e trascorse a Roma l’anno del Giubileo (1575), legandosi strettamente alla cerchia di Bartholomeus Sprangher e dei pittori romanisti nordici. Grazie a Sprangher, nel 1577, ebbe l’onore di essere invitato a Vienna presso l’imperatore Rodolfo II d’Asburgo. 

Nel 1578 rientrò nelle Fiandre, ma di lì a poco, per motivi religiosi, andò a riparare in Olanda. Iniziò qui una lunga carriera intellettuale, traducendo e mandando alle stampe i classici latini, componendo opere teoriche, partecipando a gare di retorica, recitando in spettacoli teatrali. A ciò affiancò una prolifica attività di pittore, pienamente ispirata ai modelli italiani e segnata dal vezzo di firmare le tele alla latina: “CV Mandere fecit”. Naturalmente ebbe anche il tempo di scrivere e veder pubblicato lo Schilder-Boeck (1604), il suo capolavoro.

Sembra paradossale che un libro così importante, legato per tanti versi all’Italia e ai modelli storiografici italiani, e per di più ricco di notizie su artisti celeberrimi come van Eyck, Dürer e Holbein, non abbia mai conosciuto fino ad oggi una traduzione in italiano. E pare ulteriomente paradossale che a questa traduzione ci abbia pensato non una grande casa editrice ma una minuscola realtà editoriale come l’Apeiron di Sant’Oreste, in provincia di Roma. Paradosso per paradosso, diremo infine che il traduttore dell’ostico testo non è stato un italiano filofiammingo, né un fiammingo filoitaliano, bensì un giovane e promettente studioso del Brasile, Ricardo Mambro de Santos, che in barba alle barriere linguistiche è riuscito a riconvertire la terrorizzante lingua del van Mander in un italiano elegante e musicale. Per ora, Mambro de Santos ha affrontato la traduzione della parte più significativa del Libro di pittura, vale a dire quella dedicata alle vite dei pittori fiamminghi, olandesi e tedeschi. Il lettore italiano può così disporre, per la prima volta, dell’edizione integrale di una fonte davvero indispensabile per lo studio della cultura figurativa nordica, nonché per la comprensione degli sviluppi della pittura manierista in Europa. Seguendo Vasari, il van Mander traccia biografie-medaglione e divide la materia in pittori vivi e pittori morti. Farcisce la narrazione di gustosi aneddoti ma anche di concetti e acute osservazioni critiche, molte delle quali hanno bisogno di essere spiegate e contestualizzate per essere comprese a pieno. Assai utili, in questo senso, si rivelano gli apparati critici messi in campo da Mambro de Santos a introduzione del volume. E per l’anno prossimo, il curatore annuncia l’uscita della parte dedicata ai Pittori Antichi e Italiani. Il fiammingo arcaico non è più un problema [n.d.r. la promessa non è stata purtroppo mantenuta e, a tutt’oggi, siamo ancora in (impaziente) attesa del volume].

[5] Due anni prima l’uscita dell’opera, Ricardo de Mambro Santos aveva dedicato allo Schilder-Boeck un notevole saggio critico (La civil conversazione pittorica), edito sempre da Apeiron.

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