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mercoledì 21 maggio 2014

Giovanni Mazzaferro. Mary Philadelphia Merrifield: la Signora di Brighton che amava i colori


Giovanni Mazzaferro
Mary Philadelphia Merrifield: 
la Signora di Brighton che amava i colori

Mappa di Brighton (1850)
Copyright Brighton History Center

AVVERTENZA:

Questo post è stato pubblicato nel 2014. Dopo tale data sono state scoperte a Brighton le lettere che Mary Philadelphia Merrifield inviò a suo marito dall’Italia nel corso del viaggio che la ricercatrice condusse fra 1845 e 1846 alla ricerca di manoscritti che testimoniassero le tecniche artistiche degli antichi maestri italiani. Molte delle informazioni contenute nel presente post risultano essere pertanto superate, incomplete e, a volte, non corrette. Ho pubblicato le lettere nel 2018 in La donna che amava i colori. Mary P. Merrifield: Lettere dall’Italia (1845-1846), Milano, Officina Libraria, 2018, isbn 88-99765-70-5. Invito pertanto gli interessati a far riferimento alla consultazione di tale volume. Ho comunque deciso di mantenere visibili i vecchi post per dare un’idea di quelle che erano le informazioni disponibili prima della scoperta delle lettere e di come le ricerche su Mary P. Merrifield siano evolute negli ultimi anni.

* * *
Ricostruire le vicende e le opere di Mary Philadelphia Merrifield è un’impresa ardua, almeno per due motivi: innanzi tutto perché questa donna straordinaria, nata a Southwark nel 1804 e morta a Brighton nel 1889, ha coltivato tanti e tali interessi (fra cui, naturalmente, quello per l’arte) da essere difficilmente incasellabile (basti pensare che oggi è ricordata sia per avere pubblicato gli Original Treatises on the Art of Painting [1] sia per gli studi di botanica che occuparono gli ultimi trent’anni della sua vita, e grazie ai quali si vide dedicata il nome di un’alga marina); ma soprattutto perché ogni documentazione archivistica relativa alla sua figura, alle sue relazioni, alla sua biografia – almeno per quanto riguarda gli anni che dedicò all’arte - è totalmente sparita (usiamo volutamente il termine “sparita” e non “persa” perché il nostro sogno è che, prima o poi, riemerga dalla soffitta impolverata di qualche erede).

Eppure noi questo tentativo lo facciamo ugualmente, perché del tutto ingiustamente oggi la Merrifield viene ricordata “solo” per la sua attività di raccolta e di traduzione di trattati artistici, e non invece per quello che fu: una figura pionieristica e centrale nella storia dell’arte ed in particolare nella storia delle tecniche artistiche; una scienziata (o, se preferite, una “protoscienziata”) di pigmenti e colori; una donna di straordinaria perseveranza e caparbietà che si mosse in un mondo, quello vittoriano, che guardava sicuramente con grande sospetto a qualsiasi attività di carattere intellettuale non svolta da uomini.

Sto parlando al plurale perché questo è solo il primo di una serie di commenti volti a restituire un’immagine più veritiera della Merrifield, e in questo viaggio, idealmente, non sarò solo. Mi avvarrò dell’aiuto di Caroline Palmer, attualmente Print Room Assistant al Western Art Department of Prints and Drawings all’Ashmolean Museum di Oxford e a una serie di appunti manoscritti di mio padre, Luciano Mazzaferro, che studiò a lungo i singoli trattati raccolti dalla Merrifield nei suoi Original Treatises (naturalmente ognuno è responsabile per i rispettivi scritti).

A questo saggio introduttivo faranno quindi seguito i seguenti scritti:


Molta carne al fuoco, dunque. Cominciamo subito.


FINO AL 1844

Mary Philadelphia Watkins nasce nel 1804. E’ figlia di un avvocato (che muore quando lei ha solo quattro anni) e sposa nel 1827 un altro avvocato, John Merrifield [2], trasferendosi a Brighton. Fra il 1827 e il 1836 ha cinque figli: Charles (1827), Henry (1830), Frederick (1831), Edwin John (1835) ed Emily Katherine (1836). Mary e suo marito dovevano essere una famiglia agiata, posto che suo marito era classificato come ‘gentry’ in una sorta di censimento locale del 1840 [3].

Questo è tutto quello che sappiamo della sua vita. Di lei non abbiamo nemmeno un’immagine. In particolare non conosciamo nulla degli studi di Mary, di come imparò le lingue (almeno italiano, francese e spagnolo), se sia mai stata in Italia in quegli anni, di come si appassionò all’arte (è certo però che amava dipingere ritratti ad acquerello, posto che partecipò con due suoi dipinti ad una mostra nel 1851 [4]), di come sviluppò un interesse profondo per la scienza e per la chimica in particolare. [5]


LA TRADUZIONE DEL ‘LIBRO DELL’ARTE’ DI CENNINO CENNINI

La Merrifield si fa conoscere nel 1844, con la traduzione del Libro dell’Arte di Cennino Cennini [6] [7]. Nella sua prefazione, l’autrice ci racconta: “La traduzione dell’opera è inoltre raccomandata in una lettera che è apparsa sull’Art Union (Ottobre 1841), dove si suggerisce di procurarsi traduzioni di diversi lavori sulla pittura, al fine di ottenere informazioni pratiche sull’argomento in generale e di scoprire, in particolare, se possibile, l’intero procedimento osservato dai pittori del quattordicesimo e del quindicesimo secolo nel dipingere quei quadri, i cui colori e l’esecuzione dei quali suscitano ancora in noi sorpresa ed ammirazione anche dopo un lasso di tempo di quattro secoli” (pp. V-VI) [8]. Se quanto ci dice la Merrifield è vero (e non si vede perché non debba esserlo) non si può non sottolineare quanto fosse (fortunatamente) incosciente ed ambiziosa. Incosciente perché il suo doppio status di donna e di dilettante, priva di qualsiasi appoggio dell’establishment, l’avrebbe esposta potenzialmente al dileggio della stampa se il risultato dell’opera non fosse stato più che buono; ambiziosa perché, dando luogo all’impresa, si autorappresentava come ‘a person conversant with terms of Art and with Art itself’ [9], in grado di operare la traduzione ‘faithfully and judiciously’ [10].

Vale la pena aprire una piccola parentesi per spiegare il momento storico: nel 1834 è andato a fuoco Westminster. Ricostruito negli anni successivi, si pone il problema della decorazione del medesimo. Viene creata una Commission of Fine Arts per prendere decisioni in merito. Ne è Presidente il Principe Alberto, tedesco, consorte della Regina Vittoria ed appassionato d’arte; l’unico artista che ne fa parte è Charles Lock Eastlake (che ne è segretario) [11]. Il Principe fa pressione perché il nuovo Parlamento sia dipinto con la tecnica dell’affresco (sostanzialmente sconosciuta in Inghilterra) esattamente come hanno fatto i Nazareni (il primo movimento artistico volto alla riscoperta delle antiche tecniche) in Germania. Nel 1841 Peter Cornelius (uno dei principali esponenti dei Nazareni) è a Londra ufficialmente per dare suggerimenti, ma in pratica per esplorare la possibilità di accettare l’incarico. Tutta la comunità artistica inglese è, di fatto, contraria e preme perché ad eseguire i lavori siano artisti locali. Eastlake, che inizialmente era contrario alla decorazione a fresco, una volta presa la decisione ottiene che l’incarico sia affidato a mani inglesi. Si pone a questo punto l’enorme problema di ‘insegnare’ la tecnica dell’affresco agli artisti inglesi. In questo filone si incanala la traduzione della Merrifield così come (e soprattutto) il successivo The Art of Fresco Painting (1846) [12].

Parlare di traduzione è assolutamente riduttivo. Le note numerosissime apposte dalla Merrifield fanno emergere chiaramente almeno tre cose: l’autrice in qualche modo sa di cosa sta scrivendo; lo sa nel senso che non può non avere praticato l’arte; ha una formazione scientifica e un interesse smisurato per i pigmenti; conosce perfettamente la letteratura artistica precedente. Sono, per inciso, aspetti e materie che compaiono ampiamente leggendo molti saggi sull’Art Union (fondato nel 1839). Tant’è che viene spontaneo domandarsi se la Merrifield non sia autrice di qualcuno degli articoli apparsi anonimi sulla rivista. Se così non fosse, va comunque detto che la ‘donna’ Merrifield si dimostra perfettamente all’altezza dei colleghi maschi.


FRA 1844 E 1846

Ma la Merrifield non si limita a Cennino. Nell’autunno del 1844 (un fatto che non ci sembra sia stato messo in rilievo da nessuno), saputo che il conte Charles de l’Escalopier si è procurato una copia di un manoscritto contenente molte ricette artistiche (segnato Ms. 6741) conservato presso la Biblioteca Reale di Francia) [13], si reca a Parigi, incontra Jacques-Joseph Champollion-Figeac [14], fratello maggiore di quel Champollion a cui si deve la decrittazione dei geroglifici e a sua volta archeologo, nonché conservatore dei manoscritti presso la Biblioteca Reale dal 1828 al 1848, ed ottiene la promessa di ricevere una copia del manoscritto, che tuttavia riceverà con “some unavoidable delay” [15] e che pubblicherà all’interno degli Original Treatises. Ora, come questa donna, madre di cinque figli, autrice di una traduzione di Cennino, senza sostanziali appoggi, abbia trovato modo di andarsene in Francia e di farsi ricevere da Champollion è veramente un mistero. Avvalendosi di informazioni desunte da Caroline Palmer (le cui ricerche d’archivio sono preziosissime) qualcosa si può supporre: nell’ottobre del 1844 la Merrifield invia una copia della traduzione di Cennino alla Commission of Fine Arts e si fa ricevere da Robert Peel, Primo ministro inglese. E’ probabilmente tramite l’intervento suo e di Charles Eastlake che la Merrifield ottiene quanto meno delle credenziali per poter essere ricevuta in Francia. Ad ogni modo, l’indipendenza dimostrata da questa donna nell’intraprendere il viaggio (con la famiglia?) è incredibile.


THE ART OF FRESCO PAINTING

Nel dicembre del 1845 la Merrifield licenzia l’introduzione al suo The Art of Fresco Painting in the Middle Ages and the Renaissaince. Attenendoci ancora una volta a quanto dice l’autrice nell’introduzione, proviamo a spiegare come andarono le cose. Le esigenze determinate dal problema della decorazione di Westminster avevano spinto la Commission of Fine Arts ad assegnare a un ‘fine gentleman fully competent to the task” [16] il compito di indagare i metodi seguiti dagli antichi maestri per realizzare i loro affreschi. Senonché il risultato finale (pubblicato in occasione del Terzo Rapporto della Commissione alla Regina nel luglio 1844) aveva evidenziato che restavano ancora dei dubbi: “the problems yet to be solved are, the speedier preparation of lime, adapted for fresco painting, and the preparation of durable colours of the more florid kind such as lake and crimson.” [17] Da qui parte la ricerca della Merrifield, che nella sostanza si divide in tre parti: la prima, costituita da un’introduzione di oltre cinquanta pagine, vede l’autrice impegnata in un esame serrato di tutti i pigmenti citati nei trattati presi in considerazione nella parte successiva e nel fare riferimento alle risultanze chimiche conosciute sugli stessi. Per dirla in due parole, posto che i trattati sono scritti in lingue diverse e risalgono a periodi diversi non esiste uniformità e certezza innanzi tutto sul nome dei pigmenti; la Merrifield parte dalle fonti e si rifà ad evidenze scientifiche per fare ordine in materia. La sezione successiva (che in realtà è indicata come prima parte) riporta in ampi estratti le prescrizioni in materia di affreschi di Vitruvio (nell’edizione allestita da Felipe de Guevara e pubblicata da Mengs nel 1788), Teofilo, Leon Battista Alberti, Cennino Cennini, Vasari (nella sezione delle Vite dedicata alle tecniche artistiche), Borghini, Armenini, Andrea Pozzo, Pacheco, Palomino e John Martin. La terza sezione (la Parte seconda del libro) presenta ulteriori brevi estratti da tutta una serie di autori della letteratura artistica: Alessandro da Morrona (Pisa Illustrata), Vasari (questa volta dalle biografie delle Vite), Lanzi, Bottari-Ticozzi, Malvasia, Baldinucci, Ridolfi, Giovanni Gaye, Mengs, Bellori [18].

Ancora una volta, parlare semplicemente di traduzione è del tutto riduttivo. Ma, con riferimento proprio alle traduzioni, bisognerà ricordare che nell’introduzione la Merrifield segnala come le prime bozze delle medesime siano state eseguite (e poi da lei riviste) dai figli Charles e Frederick: a tradurre dall’italiano è stato Charles; dallo spagnolo Frederick. E – permettetemi – si rimane strabiliati al pensiero che, essendo la traduzione stata operata nel 1845, Charles risultava avere 18 anni e Frederick 14! Sia Charles sia Frederick, peraltro, saranno, da grandi eminenti scienziati: Charles sarà un famoso matematico e Frederick diverrà presidente della Royal Entomological Society. Se si pensa che loro padre era avvocato, è ancor più strabiliante notare come, in ultima analisi, a influenzare le loro scelte professionali siano stati gli interessi scientifici della madre: un altro fatto straordinario nell’Inghilterra vittoriana.


GLI ANNI DELLA CONSACRAZIONE

Il successo di The Art of Fresco Painting è notevole, e il nome della Merrifield, evidentemente, viene tenuto in considerazione dagli esperti del settore esattamente come se avessero a che fare con un uomo. Nell’autunno del 1845 (prima quindi che esca il lavoro sull’affresco) la Merrifield è incaricata dal Governo inglese (quindi da Robert Peel) di andare nell’Italia del Nord e di cercare di rintracciare manoscritti che testimonino questa volta le tecniche seguite dai maestri italiani in merito alla pittura ad olio [19]. Ancora una volta Mary parte, questa volta appunto su incarico ufficiale del governo inglese. Grazie alle sue credenziali, le si spalancano le porte delle biblioteche più importanti e di quelle più piccole. Ma, naturalmente, noi del viaggio della Merrifield non sappiamo nulla. Non sappiamo che tragitto seguì, non sappiamo con chi lo fece, anche se in almeno due situazioni viene citata la presenza di un figlio (che presumiamo sia Charles, che si era occupato di tradurre dall’italiano anche gli scritti in The Art of Fresco Painting), non sappiamo quando viaggiò. Nell’assoluta (e dolorosa) mancanza di qualsiasi documentazione, noi però qualche cosa siamo in grado di dirla. L’opera che derivò dall’esperienza italiana, ovvero The Original Treatises, è in realtà disseminata di tante briciole di pane che permettono, come nella favola di Pollicino, di ricreare un itinerario, sia pur molto parziale. E’ quello che abbiamo fatto e che proporremo alla vostra attenzione in un prossimo commento.

E’ estremamente probabile che il viaggio della Merrifield si sia svolto nel 1846. Alla notazione iniziale che l’incarico le era stato dato nell’autunno del 1845 segue quella che “comunicai i punti più importanti riferiti alla ricerca a Sir Robert Peel nell’ottobre del 1846”. Tenuto conto, poi, che normalmente d’inverno non si viaggiava, appare logico circoscrivere la visita italiana della scrittrice di Brighton al periodo compreso fra la primavera e l’autunno del 1846.

Al di là dei risultati pratici della ricerca della Merrifield (che la lasciano parzialmente insoddisfatta in particolare con riferimento alla reticenza degli interlocutori veneziani – una donna incontentabile: l’opera è meravigliosa ed è tuttora citata come una pietra miliare della disciplina della storia delle tecniche artistiche -) il soggiorno italiano porta alla Merrifield un riconoscimento personale che la riempie di soddisfazione. Il 21 febbraio 1847, quando l’autrice è probabilmente già tornata in Inghilterra, la Merrifield è proclamata membro onorario dell’Accademia di Belle Arti di Bologna. Mary sarà talmente orgogliosa dell’onorificenza attribuitale che lo farà scrivere, ad esempio, sul frontespizio degli Original Treatises [20].

La pubblicazione di questi ultimi, avvenuta nei primi mesi del 1849 (ma la prefazione è datata 6 novembre 1848) segna la definitiva consacrazione della Merrifield e dimostra come la scrittrice di Brighton abbia raggiunto la piena maturità. Rispetto al compito originale (quello di raccogliere e tradurre fonti relative alla pittura ad olio) l’autrice si è spinta assai più in là, come dimostra il titolo completo dell’opera. Il suo lavoro si estende anche alle tecniche miniatorie, ai mosaici e alla pittura su vetro; alle dorature, alle tinture, alla preparazione dei colori e a quella di gemme artificiali. I trattati presentati (più o meno lunghi, quasi sempre in edizione integrale con testo originale e traduzione a fronte) sono una dozzina. Fin qui stiamo parlando di cose note; ciò che stupisce è che ben poco si parli dell’introduzione, che supera le 300 pagine (!) e in cui la Merrifield distilla tutto il suo sapere. Una prima parte è dedicata all’esame storico delle singole tecniche artistiche (esclusa la pittura ad olio); la seconda – che riguarda invece i risultati ottenuti in merito alla pittura ad olio – si divide a sua volta in quattro aree: a) la trascrizione delle testimonianze fornite da artisti e restauratori italiani nel corso del viaggio della Merrifield nella nostra penisola; b) la spiegazione di quali siano i pigmenti utilizzati in pittura (naturali e artificiali), delle loro proprietà chimiche, e dei diversi modi con cui spesso sono stati chiamati; c) la descrizione dei modi con cui si creano olii e vernici; d) ed infine il resoconto delle procedure usate nel dipingere. [21]

Una copia degli Original Treatises con la firma di Frederick Merrifield (uno dei figli di Mary)
Per gentile concessione di Alexandra Loske


Parleremo diffusamente dei singoli trattati; evidenzieremo altri aspetti legati al gusto estetico e all’approccio scientifico dell’autrice. Qui ci preme far notare come la bibliografia citata dalla Merrifield sia letteralmente sterminata. Posto che sono così poche le tracce lasciate da Mary credo davvero che sarebbe il caso di sfruttarle al massimo: è auspicabile che prima o poi venga redatta una lista completa dei testi citati nell’opera per capire la molteplicità degli influssi e la pluralità degli interessi della scrittrice di Brighton.


LE ARTI APPLICATE E LA MODA

Non c’è alcuna contraddizione se negli anni successivi la Merrifield, oltre a manuali pratici contenenti consigli per chi vuol dipingere ad acquerello, scriva prima un saggio in occasione dell’Esposizione Universale di Londra del 1851 in cui si occupa della maniera sbagliata in cui i produttori inglesi hanno allestito i loro campionari di tessuti [22] e poi un libro sulla moda [23], pubblicato qualche mese dopo anche in edizione americana. Caroline Palmer lo dimostrerà nel secondo dei suoi interventi. In entrambi i casi la Merrifield pone l’accento sul fatto che l’abbinamento dei colori non è una questione innata di gusto, ma una disciplina scientifica, che chiunque può studiare e che è retta da leggi ben precise. E’ evidente l’influenza esercitata sulla Merrifield da un lato dalla Teoria dei colori di Goethe, tradotta in inglese da Charles Lock Eastlake nel 1840 [24], dall’altro dai principi sul contrasto armonico dei colori del chimico francese Michel Eugène Chevreul [25]. L’esemplificazione delle leggi del colore tramite pitture e sculture che rientrano nel campo delle Belle Arti può permettere a chiunque di cogliere il senso delle regole da seguire. La Merrifield, insomma, fa divulgazione scientifica, esattamente come nel caso dei trattati di tecniche artistiche.


LE SCIENZE E LA BOTANICA

Nel 1857 il governo inglese assegna alla Merrifield una pensione come riconoscimento per i servizi forniti a favore dello sviluppo dell’arte nel Paese. E, tuttavia, la Merrifield non scriverà più d’arte. Rivolgerà invece altrove i suoi interessi scientifici. Sembrerebbe peraltro che l’attenzione di Mary si sia rivolta innanzi tutto alla descrizione di quella Brighton a cui la scrittrice era evidentemente profondamente legata. E se un primo titolo, uscito proprio nel 1857 (Brighton, Past and Present: A Handbook for Visitors and Residents [26]), fa pensare a una vera e propria guida per il forestiero che visita la cittadina, un secondo, del 1860, svela che il vero interesse è per il patrimonio naturalistico di Brighton e per la classificazione di flora e fauna: A Sketch of the Natural History of Brighton and Its Vicinity [27]. Da questo momento in poi l’attenzione della Merrifield si sposta decisamente sulla botanica. Può sembrare un passaggio brusco, e probabilmente lo è, ma lo appare molto meno se si pensa che anche l’arte, per la scrittrice di Brighton, era in ultima analisi, scienza. Sugli ultimi trent’anni di vita, e sui suoi studi botanici non mi soffermerò, salvo far presente alcune cose (desunte soprattutto dal lavoro della Palmer a cui si rinvia): a) l’Oxford Dictionary of National Biography la cita come “art writer and algologist”; b) Mary pubblica sino alla morte su giornali scientifici come Nature; c) nel corso dei suoi studi le viene dedicato il nome di un’alga che si trova negli oceani dell’Australia Occidentale [28]; d) Mary collaborò alla creazione del Brighton Museum & Art Gallery; i materiali da lei forniti sono stati ricollocati presso il Booth Museum [29]; e) dopo il 1877 (ovvero dopo la morte del marito) Mary si trasferì a Cambridge, a casa della figlia, Emily Katherine, maritata con Charles Daw, e qui rimase fino alla morte. Presso la Plant Sciences Library di Cambridge è presente sua corrispondenza relativa però solo agli interessi botanici. Alla morte, l’erbario della Merrifield fu trasferito alla British Library e da qui presso il Natural History Museum di Londra, dove tuttora si trova [30].

Scheda tecnica della Nanopera merrifildiae
(http://www.flora.sa.gov.au/efsa/Marine_Benthic_Flora_SA/Part_IIID/Nanopera_merrifieldiae.shtml)


IL METODO SCIENTIFICO DI MARY PHILADELPHIA MERRIFIELD

Credo che, negli Original Treatises, esista un passaggio ben preciso che aiuti a capire in che modo la Merrifield intendesse la scienza, questa branca del sapere che abbiamo visto essere il filo conduttore di tutta la sua vita. Parlando di artisti che avevano storicamente posseduto capacità matematiche fuori dal comune, l’autrice dice (a p. LXV della sua introduzione):

“I nomi dei pittori che hanno posseduto grandi capacità matematiche sono molti. Ma l’uomo più importante fra i moderni fu senza dubbio Leonardo da Vinci, che fu contemporaneamente pittore, poeta, musicista, matematico e filosofo della natura e – come dicono alcuni – anche architetto e scultore; la sua sagacia anticipò Bacon nel dichiarare che gli esperimenti devono precedere la teoria”.

Il riferimento a Francis Bacon (1561-1626), filosofo empirista della rivoluzione scientifica non poteva essere più calzante. Non vi è dubbio che la cultura della Merrifield sia impregnata dell’empirismo baconiano, volto a rappresentare la natura tramite la sua attenta osservazione e a tentare di capirne i fenomeni in via sperimentale per fornire applicazioni utili al genere umano. Nel caso di specie non siamo di fronte alla semplice riproposizione di scoperte od osservazioni altrui (che pure vi sono in abbondanza), ma proprio ad iniziative che si possono perfettamente calare nel metodo scientifico e che sono frutto dell’iniziativa della Merrifield stessa. Palmer, nel suo “Mary Philadelphia Merrifield and the alliance with science” cita un esempio assai calzante con riferimento a The Art of Fresco Painting [31]:

“Feci in modo di polverizzare un campione di ematite cristallizzata e, dopo aver lavato la polvere e spazzato via le particelle più leggere, trovai una parte di ferro che si era depositata sul fondo. Dopo averla rimossa il colore sembrava essere più puro. Inoltre ho calcinato un’altra parte del minerale e l’ho trovata divisa in piccole scaglie, nella maniera descritta."

Ma di esempi di esperimenti scientifici condotti dalla Merrifield, all’interno degli Original Treatises, se ne possono trovare decine: a titolo di esempio citerò le pp. CCXXXIV (stiamo parlando di rendere puri gli olii da adoperare per dipingere) in cui si legge: “Some time since I tried this recipe, and found that in proportion as the oil lost its colour, the spirit of wine acquired it, and the mucilage separating, was carried to the bottom of the bottle with the lavender flowers”. E poco più in là: “This method of purifying linseed-oil I have also tried, and found it is very successful in removing the mucilage”. E a pag. CCXXXV:

“It may, hovewer, be interesting to state, that I have bleached and clarified linseed-oil by the following process… A bottle was filled, about one third with oil, another third with water; it was then corked and shaken, until the water and oil were mixed like an emulsion, when the cork was removed, and a piece of muslin tied over the bottle, which was placed on the boiler of a kitchen-range, and kept in a moderate heat day and night. The oil was shaken every day (the muslin being first removed and the cork inserted in the bottle) for a few days, and then suffered to clear. In about a week the oil was removed from the water into another bottle, and the process was repeated for several weeks until the water below the oil ceased to appear milky, and the oil itself was clear and colourless. During this experiment I observed that the mucilage was thrown down sooner if warm water was added to the oil instead of cold, and that the oil separated more rapidly from the water when the bottle was exposed to a gentle and regular heat, although in a dark situation, than when it was placed in the variable warmth of a sunny day. The addition of salt or sand accelerates the clarification of the oil”.

Chiedo scusa se sono stato lungo. L’ho fatto perché una domanda sorge spontanea: dopo aver letto tutto ciò, si può definire la Merrifield col termine riduttivo di “traduttrice”? Assolutamente no. La Merrifield è una scienziata a tutti gli effetti. E se proprio ad altri esempi di traduttori ci si deve rifare – naturalmente con pieno beneficio d’inventario – la figura a cui mi vien fatto di accostarla è quella di Daniel V. Thompson, curatore nel 1933 della terza (e ancora per poco ultima) edizione in inglese del Libro dell’Arte di Cennino Cennini che dichiara:  “il compito del traduttore di tecniche artistiche non è solo quello di risparmiare al lettore la seccatura di consultare un dizionario ma assai di più di scoprire e rappresentare il significato e le intenzioni dietro alle parole del testo” [32].


L’ESTETICA DELLA MERRIFIELD

Alla fine della sua lunga introduzione negli Original Treatises, la Merrifield si scusa per non aver parlato del piacere da lei provato nell’ammirare i capolavori dei Maestri italiani nel corso del suo viaggio nella nostra penisola; non era questa – ci dice - l’occasione per farlo.

La domanda sorge spontanea: quali erano i gusti di questa donna, che aveva reperito manoscritti che andavano dall’VIII secolo fino ai suoi giorni? La risposta, ancora una volta, si trova nei testi, ed in particolare – questa volta – nell’introduzione al Libro dell’Arte, pubblicato nel 1844 (a pag. VII).

“In the pictures of the period of which we are now speaking, we meet with none of the beautiful demi-tints and broken colours observable in pictures of a later period; every colour is distinct and forcible, and the figures appear as if inlaid upon the ground. There is no harmonising, or lowering, or reflecting of one colour upon another; no optical arrangement or balancing of the colours, and a glimmering only of the light of perspective and chiaro-scuro. The pictures can scarcely be said to consist of a whole, but of various parts; and we find, accordingly, that they can be, and have been, cut down into smaller pictures without suffering material injury” [33].

Togliamoci dalla testa, dunque, che alla Merrifield piaccia la pittura dei primitivi italiani o che ne voglia recuperare la purezza e la spiritualità (anzi: si è scusata poco prima per il forte sentimento religioso di cui sono intrisi, che agli occhi degli anglicani potrebbe sembrare blasfemia). Non siamo di fronte a una Pre-Raffaellita precoce, insomma (la Confraternita dei Pre-Raffaelliti viene fondata nel 1848). Il lavoro della Merrifield ha fini meramente pratici: capire come mai i colori dei quadri dei primitivi italiani si sia conservato così bene e (vale di più per The Art of Fresco Painting) insegnare agli artisti inglesi la tecnica dell’affresco. In questo senso la Merrifield si inserisce perfettamente e in maniera del tutto allineata con una serie di iniziative promosse direttamente dal governo inglese per il miglioramento della scuola pittorica inglese e che, sul fronte dei trattati di tecniche artistiche, comprendono quanto meno anche la traduzione del trattato di Teofilo da parte di Robert Hendrie [34] e il primo volume della celebre opera sulla pittura ad olio di Charles Lock Eastlake [35].

La Merrifield, dunque, è su posizioni accademiche (le stesse di Eastlake). Ama i quadri di Reynolds, di Rubens, e, naturalmente, fra gli italiani il colorismo veneziano.


L’AMORE PER I COLORI 

Se c’è una cosa che emerge nettissima leggendo le opere della Merrifield è il suo amore sconfinato per i colori; un amore che sta, di fatto, alla base delle sue ricerche, che la induce ad indagare le proprietà dei pigmenti e la loro storia, che la spinge a viaggiare, a visitare le biblioteche e gli archivi del Nord Italia e in particolare di quella Venezia che è la patria del colore, che le impone di recarsi al capezzale di un “professore” parmense che ha studiato a lungo la pittura ad olio e che si trova gravemente malato (probabilmente morente) pur di scoprire qualcosa sul colorito di Correggio [36]; che la vede a Venezia (raggiunta da un dispaccio secondo cui Pietro Edwards [37] avrebbe scoperto il metodo di dipingere ad olio degli antichi maestri veneziani e l’avrebbe venduto al governo di Venezia) cercare di penetrare (a volta anche in maniera un po’ furtiva) il muro di silenzio e la “gelosia” locale (p. 848) per mettere le mani su un manoscritto di tale importanza.

La Merrifield non ci relaziona sui quadri che ha visto; nelle (poche) occasioni in cui lo fa, non parla di dipinti. Parla di colori. L’esempio più eclatante è riferito a un quadro non finito all’epoca attribuito a Leonardo e conservato alla Pinacoteca di Brera, una “Madonna col Bambino e l’agnello” [38]. Leggiamo come la descrive la Merrifield:

“This very interesting picture has been mentioned by Mr. Eastlake (‘Materials’, p. 392), but as I have alluded to it several times, I shall give a description of it from my own memoranda [n.d.r. prova certa, se mai ce ne fosse stato bisogno, che la Merrifield teneva dei taccuini e che purtroppo al momento sono smarriti]: - The picture represents the Virgin and Child with the Lamb. It is painted on a white ground, which has a yellowish tint, apparently from being covered with varnish. The ground is full of small hair-like cracks. The subject is drawn with a black pencil. The sky and distance are finished with blue and white, with a slight greenish tint. There is a rock behind the figures, the colour of which, with the earth around, is of a very dark brown, probably formed of black and majorica and a little lake. A space between the distance and rocky ground is left quite blank, the white ground appearing. The face of the Virgin is more finished than the rest of the picture; it was apparently began in chiaroscuro with the usual brown – the gray shades incline to black, the lights on the face to lake. The face of the Infant is nearly finished. The hands are just sketched in lightly with the same water colours. The same may be observed with respect to the toes: the black pencil-marks are visible on the nails. The drapery, which is scarlet, appears to be formed of earthy reds, with vermilion on the lights. The outer drapery is red also, and is lined with a yellowish green, or perhaps this was to be a changeable drapery, since the shades are red and the lights green. These were Lionardo’s favourite colours for drapery. The sleeves of the Virgin, part of the mantle, indeed all that part covering her knees, part of the Infant’s drapery, and the whole of the Lamb are left quit blank, excepting that the outline of her knee is marked in pencil. This shows that Lionardo sometimes finished portions of his pictures, leaving the rest untouched, instead of beginning on all parts equally, or even of painting the subject in chiaroscuro. The darks are raised higher than the lights, and the foliage is minutely worked on the dark background. My impression is that this picture was begun upon a non-absorbent white ground, and that the yellowish tint is owing to the varnish with which it has been covered”. [39]

Ancora una volta la stessa domanda sorge spontanea: si può definire la Merrifield solo una traduttrice? Sicuramente no. Qui l’autrice di Brighton dà il massimo di sé, si eleva al rango di conoscitrice e ci rende ben consapevoli di quanto sarebbe importante riuscire a recuperare i suoi taccuini.


LA MERRIFIELD E I PRE-RAFFAELLITI

L’accostamento viene naturale: la traduzione del Libro dell’Arte è del 1844, il trattato sulle tecniche per l’affresco è del 1846; d’altro canto la Confraternita dei Pre-Raffaelliti, con la loro rivalutazione di un’arte più spirituale e semplice, la fascinazione per le tecniche antiche ed i temi medievali, viene fondata nel 1848. I Pre-Raffaellitti vengono influenzati dalla Merrifield?

Non ho una risposta netta. Mi stupirei se i Pre-Raffaelliti non avessero letto i trattati della Merrifield, che – lo si ricordi – non sono gli unici in quegli anni ad indagare le antiche tecniche; mi stupirei anche se non vi avessero attentamente riflettuto sopra e non ne fossero stati in qualche modo influenzati. D’altro canto è pur sempre vero che l’opera della Merrifield si inquadra perfettamente nell’azione del governo inglese, sostenuta dalla Royal Academy, volta a migliorare il livello di una pittura sostanzialmente accademica tramite la riscoperta degli Antichi Maestri. I Pre-Raffaelliti sono invece ideologicamente contrari agli insegnamenti dell’Accademia.

Che io sappia ci sono stati almeno due tentativi di stabilire un legame diretto (da un punto di vista tecnico) fra Merrifield e Pre-Raffaelliti. Il primo è testimoniato dalla biografia della studiosa inglese scritta da Adele Ernstrom nel Dictionary of Art dell’editore Grove [40]. Qui la Ernstrom dice che il lavoro dell’autrice di Brighton ebbe “effect practise, especially among the Pre-Raphaelites: her emphasis on the historical and aesthetic value of white grounds to colour purity was probably strategic for their rejection of tonal painting and adoption of the wet ground technique” [41]. Non vi è dubbio che la riscoperta dei fondi bianchi sia di quegli anni, ma va detto, peraltro, che era un’acquisizione proposta anche da Eastlake.  Un secondo legame viene proposto da Alison Smith nel volume Pre-Raphaelites. Victorian Avant-Gard (Londra, Tate Publishing, 2012). Il saggio è stato poi tradotto in italiano e pubblicato nel 2014 in occasione sulla mostra dei Pre-Raffaelliti tenutasi a Palazzo Chiablese a Torino [42]. Scrive la Smith: “Più in generale, l’interesse per le tecniche utilizzate dai pittori del primo Rinascimento fu alimentato da varie pubblicazioni quali, nel 1844, la traduzione di Mary Philadelphia Merrifield del volume trecentesco di Cennino Cennini Il libro dell’arte, seguita nel 1849 dal suo Original Treatises… on the Arts of Painting. Qui l’autrice raccomandava per purezza e stabilità i pigmenti prodotti dallo studioso e fabbricante di colori George Field, dichiarandoli l’approssimazione più vicina a quelli usati dai primi pittori italiani; questo appunto ebbe molto effetto sui Preraffaelliti, che impiegarono regolarmente i pigmenti di Field”. Ora, io davvero chiedo scusa, ma non ho trovato in entrambe le opere citate un invito ad utilizzare i pigmenti di Field. Ho trovato, invero, grande attenzione per Field e la sua opera principale, la Cromatografia [43], i cui pigmenti vengono messi a confronto con quelli esposti nell’opera di Cennino [44]. Fra l’altro, non si può nemmeno dire che Field fosse sconosciuto agli ambienti artistici inglese: già nel 1835 era considerato il principale fornitore di colori per i pittori professionisti inglesi [45]. Non ci sembra cioè che fosse necessaria la Merrifield perché a lui si rivolgessero i Pre-Raffaelliti.

In conclusione: che una qualche influenza della Merrifield e di quel tipo di letteratura artistica ci sia stata sui Pre-Raffaelliti è fuori di dubbio; quanto detto fino ad oggi non mi pare abbia individuato tuttavia un legame specifico e, comunque, questo legame deve essere limitato ad aspetti meramente tecnici, posto che l’impostazione filo-accademica degli studi della scrittrice di Brighton si pone in rotta di collisione con il movimento fondato nel 1848.


LA MERRIFIELD OGGI

Spero di aver dato sufficiente prova che la statura della Merrifield non è stata secondaria. I contributi che verranno pubblicati di qui a breve esamineranno singoli aspetti dei suoi interessi. Certo, Mary, come si diceva all’inizio, è una figura difficilmente inquadrabile, se ad esempio non si tengono a mente i suoi interessi scientifici. E tuttavia, ci sembra che, con gli anni, questi interessi siano stati in qualche modo dimenticati a favore dell’opera filologica e di traduzione dei testi che, per prima, portò all’attenzione della comunità degli studiosi di storia delle tecniche artistiche. E’ un fenomeno comprensibilissimo. Purché non si pensi di giudicare la Merrifield per qualche errore di trascrizione o qualche incompletezza degli stessi testi. E la si torni a valutare così come fu: una donna speciale, che seppe imporsi all’attenzione degli specialisti nell’Inghilterra di età vittoriana; e, soprattutto, una donna che amava i colori.




NOTE

[1] Mary Philadelphia Merrifield, Original Treatises, dating from the XIIth to XVIIIth centuries on the Arts of Painting, in oil, miniature, mosaic, and on glass; of gilding, dyeing, and the preparation of colours and artificial gems; preceded by a general introduction; with translations, prefaces, and notes. Due volumi. Londra, John Murray, 1849.

[2] Non entriamo nei particolari del sistema giudiziario inglese: va comunque detto che il padre di Mary era un avvocato ‘di livello superiore’ rispetto al marito (ma sarebbe sbagliato pensare alla differenza che esiste in Italia fra avvocati cassazionisti e non cassazionisti).

[3] Pigot & Co’s, Directory for Sussex, 1840. Per la definizione di ‘Gentry’ si veda http://en.wikipedia.org/wiki/Gentry

[4] Si veda Caroline Palmer, Mary Philadelphia Merrifield and the alliance with science.

[5] Julie Sheldon scrive (con riferimento a Elizabeth Rigby, futura Lady Eastlake) che nell’Inghilterra vittoriana uno dei modi più virtuosi con cui una donna poteva pensare di contribuire al reddito familiare era quello di occuparsi di traduzioni (si veda Susanna Avery-Quash e Julie Sheldon. Art for the Nation. The Eastlakes and the Victorian Art World, Londra, The National Gallery, 2011, p. 58). Appare ragionevole (ma del tutto ipotetico) pensare che Mary avesse studiato le lingue e cominciato un’attività di traduzione anonima o sotto falso nome per dare una mano alle sorti economiche della famiglia d’origine (ricordo che il padre era morto quando lei aveva quattro anni). Ad ogni modo se problemi economici vi furono, riguardarono la famiglia di provenienza, e non quella che Mary mise in piedi con John Merrifield. 

[6] A Treatise on Painting written by Cennino Cennini in the year 1437; and first published in Italian in 1821, with an introduction and notes, by Signor Tambroni: containing practical directions for painting in Fresco, Secco, Oil and Distemper, with the Art of Gilding and Illuminating Manuscripts adopted by the Old Italian Masters. Translated by Mrs. Merrifield with an Introductory preface, copious notes, and illustrations in outline from celebrated pictures. Londra: Edward Lumley, 1844.

[7] Per quanto riguarda la fortuna del trattato cenniniano e le sue traduzioni a partire dalla princeps di Tambroni (1821) mi permetto di rimandare a Giovanni Mazzaferro, Cennino Cennini e il “Libro dell’Arte”: censimento delle edizioni a stampa, pubblicato online sul blog 
L’indirizzo corretto è

[8] La lettera compare effettivamente a pag. 172 (seconda colonna in basso) del numero di ottobre 1841 dell’Art Union, sotto la sezione CORRESPONDANCE e con il titolo WORKS ON ART. E’ siglata “H.”. Posto che non ci sembra che nessuno l’abbia fatto riportiamo quanto meno la parte iniziale:

Sir, - The subject of Vehicles having been brought before the public by your talented correspondent, J.E., in the two last numbers of your excellent periodical, allow me to suggest that the following authorities, quoted by Lanzi [n.d.r. l’abate Luigi Lanzi nella sua Storia Pittorica dell’Italia] be forthwith sought for and translated.
1st. The MS of Andrea Cennini, bearing date 1437, upon Painting. It is preserved in the library of S. Lorenzo, at Florence.
2nd The Treatise of Theophilus…

La lettera prosegue proponendo le traduzioni del Malvasia, di Palomino, della Carta del navegar pitoresco di Boschini, di Zanetti, del Lomazzo e di Armenini. 

The above works, faithfully and judiciously translated by a person conversant with terms of Art and with Art itself, would confer an immense advantage at the present time upon the profession in all its branches. I say faithfully and judiciously; faithfully, as being substantially correct; judiciously, as to the omission of all matter which does not strictly refer to Art.
Should it be necessary, in order to carry into effect the plan I have proposed, to raise a subscription for the purchase of the works referred to, I shall be most happy to contribute the sum of one guinea”.

Il numero di ottobre dell’Art Union può essere letto qui:

[9] Si veda nota 8.

[10] Per una visione “di genere” dell’attività della Merrifield, così come per un esame delle reazioni allo scritto si rimanda senz’altro agli scritti di Caroline Palmer.

[11] Si veda la mia recensione a Susanna Avery Quash e Julie Sheldon: Art for the Nation… (cit), pubblicata online all’indirizzo http://letteraturaartistica.blogspot.it/2014/03/susanna-avery-quash-julie-sheldon-art.html

[12] Mary Philadelphia Merrifield. The Art of Fresco Painting, as practised by the old Italian and Spanish masters. Londra, C. Gilpin, 1846.

[13] E’ la stessa Merrifield a raccontarcelo, a p. 1 n. 2 dei suoi Original Treatises.

[14] Si vedano ancora una volta gli Original Treatises, p. X della prefazione.

[15] Original Treatises, cit. p. 1 n. 2.

[16] The Art of Fresco Painting…, cit., p. V.

[17] Art of Fresco Painting…, cit, p. XII.

[18] A titolo di curiosità, ma anche a testimonianza della sensibilità della Merrifield, bisognerà segnalare che l’estratto dal Carteggio inedito di artisti di Giovanni Gaye riguarda le pagine del celeberrimo Diario di Pontormo pubblicate (postume) nel III volume dell’opera (1840), ma all’epoca sostanzialmente sconosciute in Inghilterra.

[19] Original Treatises,… cit., p. VII.

[20] Ho recuperato l’informazione presso l’Archivio Storico dell’Accademia di Belle Arti di Bologna. Si veda in particolare: Atti della Pontificia Accademia di Belle Arti, Processi verbali del Segretario Cesare Prof. Masini dal 1845 al 1855, Sessione della Domenica 21 Febbraio 1847 che così recitano: “Sono proposti, ed acclamati accademici d’onore: la celebre Signora Mary Philadelphia Merrifield di Brighton traduttrice del Trattato di Cennino Cennini, e lo Scultore romano Alessandro Massimiliano Laboureur Cavaliere”.

[21] Original Treatises, p. CXVII.

[22] Mary Philadelphi Merrifield, The Harmony of Colours as exemplified in the Exhibition in Crystal Palace Exhibition Illustrated Catalogue, Londra, 1851.

[23] Mary Philadelphia Merrifield, Dress as a Fine Art, Londra, Arthur Hall, Virtue and Co., 1854.

[24] Johann Wolfgang Goethe, Theory of Colours, Londra, John Murray, 1840. Traduzione in inglese di Charles Lock Eastlake.

[25] Michel-Eugène Chevreul, De la loi du contraste simultané des couleurs (Parigi, 1839). L’opera fu tradotta in inglese solo nel 1854; la Merrifield, che la cita già nel saggio sui tessuti, la conosceva quindi in francese. Non vi è dubbio che la Merrifield sia la divulgatrice del pensiero di Chevreul in Inghilterra. Chevreul era, fra le altre cose, il direttore della celeberrima manifattura tessile di Gobelins. Tutti i suoi studi sui colori partono dalle lamentele che aveva ricevuto in merito alla scarsa efficacia nell’accostamento dei colori in alcuni prodotti manifatturieri di Gobelins. Come si vede, l’intento di Chevreul è chiaramente identico a quello della Merrifield in Inghilterra una dozzina d’anni dopo. Peraltro, l’impressione è che il pensiero di Chevreul abbia profondamente permeato tutta la famiglia Merrifield. Chevreul, fra le altre cose, era un nemico accanito dello ‘spiritualismo’, ovvero di quella passione per il paranormale che si era diffusa un po’ in tutta Europa in quegli anni e che vedeva il proliferare di presunti medium in grado di colloquiare coi defunti nel corso di sedute spiritiche. Nel 1855 Frederick Merrifield, il povero terzogenito che la mamma faceva tradurre dallo spagnolo a 14 anni, partecipa a Londra a una seduta spiritica e denuncia il medium Daniel Dunglas Home come ciarlatano. E’ impossibile che Frederick non conoscesse le tesi di Chevreul. Si veda http://en.wikipedia.org/wiki/Frederick_Merrifield.

[26] Mary Philadelphia Merrifield, Brighton, Past and Present: A Handbook for Visitors and Residents, 1857. Ristampato nel 2011 dalla British Library, Historical Print Editions. Non ho avuto modo di consultarlo.

[27] Mary Philadelphia Merrifield, A Sketch of the Natural History of Brighton and its Vicinity, Brighton, 1860 (ma la prefazione è del giugno 1859). L’opera è consultabile online a questo indirizzo: http://books.google.it/books?id=DzIIAQAAIAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false

[28] L’alga è la Rytiphlaea merrifildiae o Nanopera merrifieldiae. Qui la sua scheda tecnica: http://www.flora.sa.gov.au/efsa/Marine_Benthic_Flora_SA/Part_IIID/Nanopera_merrifieldiae.shtml
Questo episodio naturalmente mi incuriosisce molto. Anche se non ho operato alcuna ricerca in merito, il sospetto è che la cosa possa avere qualcosa a che fare con la permanenza in Australia del quarto figlio, Edwin John, che lì muore nel 1887. Cosa sia successo non lo so: che il figlio spedisse le alghe alla madre o che fosse lui a cercarle, preso anch’egli dall’interesse per la scienza che era un vizio materno, questo davvero non lo so. Ad essere sinceri, non mi stupirei nemmeno se un giorno venissi a sapere che Mrs. Merrifield fece un viaggio in Australia.
Edwin John Merrifield è sepolto in un piccolo cimitero australiano


[30] Si veda il secondo saggio di Caroline Palmer.

[31] The Art of Fresco Painting… cit., p. XXVIII.

[32] Si veda Mark Clarke, Pentimenti: riflessioni di D.V. Thompson sulla sua traduzione di Cennini, pubblicato online sul blog ‘Letteratura artistica’ all’indirizzo
Più in generale, è evidente che esiste una netta demarcazione fra tutte e tre le traduzioni inglesi del Libro dell’Arte (Merrifield, Herringham – con la rivalutazione della pittura a tempera – e Thompson) rispetto a quelle italiane, francesi o tedesche (si veda il mio censimento sulle edizioni a stampa citato alla nota 7). La differenza sta nella scientificità della ricerca, a spese (forse) della correttezza filologica del testo. E sarà così, molto probabilmente, anche per l’ormai imminente quarta edizione, a cura di Lara Broecke, restauratrice, famosa per aver realizzato un grande crocifisso per un luogo di culto a Cambridge seguendo esattamente le istruzioni fornite da Cennino. Tutte le informazioni sono reperibili qui:

[33] Sta alludendo allo smembramento dei polittici medievali, una cosa impensabile – continua un po’ più in là – per i grandi dipinti della scuola veneziana moderna.

[34] An Essay Upon Various Arts in Three Books by Robert Hendrie, called also Rugerus, Priest and Monk, Forming an Encyclopaedia of Christian Art of the Eleventh Century, translated with notes by Robert Hendrie, Londra, John Murray, 1847.

[35] Charles Lock Eastlake, Materials for a History of Oil Painting. Vol. I, Londra, Brown, Green and Longmans, 1847.

[36] Original Treatises… cit. pp. CXLVII-CXLVIII.

[37] Artista e restauratore veneziano. Si veda Luciano Mazzaferro. Gli Original Treatises di Mary Philadelphia Merrifield. Parte III I manoscritti facenti capo alla famiglia Edwards.

[38] Nei suoi Materials del 1847 Eastlake ne parla con certezza come di “unfinished Leonardo”. Senonché, nei suoi Taccuini del 1854 calibra il tiro e scrive che sicuramente il Bambino non è di mano di Leonardo (cfr. The Travel Notebooks of Sir Charles Eastlake, a cura di Susanna Avery-Quash, The Walpole Society, 2011. Taccuino 6 foglio 18v.) Oggi Brera parla genericamente di “seguace di Leonardo”.

[39] Original Treatises… cit, pp. CCXCVIII-CCXCIX n. 2.

[40] Dictionary of Art, Grove Publishers, 1996, vol. 21 p. 165.


[42] Alison Smith, Tecniche e metodi della pittura preraffaellita in Preraffaelliti. L’utopia della bellezza. Milano. 24ORE Cultura, 2014, p. 31.

[43] George Field, Chromatography; or, Treatise on Colours and Pigments as Used by Artists, Londra, Thomas W. Salter, 1835.

[44] A Treatise On Painting… Cit., p XI: “On comparing these pigments with the tables of colours in Mr’s Field’s Chromatography, it will be observed that all except amatito (which is not known as a modern pigment), giallorino, and azzurro della magna, will be found in table iv., that is, among these pigments not affected by light, oxygen, pure air, or the opposite influences of shade, sulphurreted hydrogen, damp and impure air, the action of lead and of iron […]. Cennino also differs from Mr. Field in regard to the permanence of vermilion, which was found to lose its colour under certain circumstances.”

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