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venerdì 18 aprile 2014

Giulio Cesare Gigli. La Pittura trionfante. I Quaderni del Battello Ebbro, 1996

Il frontespizio dell'opera
English Version

Giulio Cesare Gigli
La Pittura trionfante


Introduzione di Silvia Ginzburg; 
note a cura di Barbara Agosti

I Quaderni del Battello Ebbro, 1996

Nota di lettura di Luciano Mazzaferro

[Nota di Giovanni e Francesco Mazzaferro: questo testo è la trascrizione e la traduzione fedele della “nota di lettura” manoscritta dell’opera scritta da nostro padre, Luciano Mazzaferro, attorno al 2000 (in testa al manoscritto compare appunto la dicitura “nota di lettura”). Le note al testo sono invece redazionali e compilate nel 2014.]

Viene integralmente ristampata l’operetta che il letterato bresciano Giulio Cesare Gigli pubblicò nel 1615 a Venezia, presso Giovanni Alberti [1]. Lo scritto compare sia sul catalogo della Libreria del Bossi (p. 93) [2] sia in quello del Cicognara, che lo inserì nella sezione dei poemetti didascalici (vol 1°, p, 179) [3] accompagnandolo, com’era suo costume, con brevi riferimenti bibliografici. Sebbene solitamente assai preciso nelle sue informazioni, lo Schlosser (p. 623) [4] considera questo libretto in versi come una glorificazione di A[ndrea] Schiavone che, per la verità, è soltanto il primo dei tanti pittori ricordati dal Gigli, e non certo l’artista a cui siano stati rivolti gli elogi più convinti e le attenzioni maggiori. Con parole rispettose e garbate la Ginzburg dà più rilievo al fatto che lo Schlosser abbia citato il libricino nel suo celeberrimo manuale sulle fonti artistiche che al giudizio frettoloso e distorcente sullo scritto del Gigli: “…La Pittura Trionfante” – si legge nella prima pagina dell’introduzione – “non sfuggì alla magistrale ricognizione di Schlosser, il quale, però, conoscendolo solo indirettamente, non poté riservarle che un accenno rapido e di fatto depistante”.

Il Gigli aveva l’intendimento di redigere un’opera di più ampie proporzioni, alla quale voleva attribuire il titolo di “Gareggio pittorico”. Il piano non giunse a buon porto e ciò che rimase fu questo smilzo volumetto che, secondo i propositi dell’autore, avrebbe dovuto essere una semplice anticipazione, quasi uno schema del lavoro più impegnativo da lui desiderato. Nelle pagine stampate a Venezia “l’autore immagina di veder sfilare al seguito della Pittura in trionfo un corteo di pittori che nomina via via, fornendo un breve commento – spesso soltanto un aggettivo – sulle caratteristiche di stile di ciascuno” (pag. 5). L’Agosti fa notare (pag. 65) che la personificazione della Pittura cui i vari artisti rendono omaggio “è tratta dalla voce dell’Iconologia di Cesare Ripa” pubblicata nel 1593, divenuta subito famosa e più volte ristampata tra il 1602 e il 1613.

Il lavoro del Gigli, pur nella sua brevità, presenta diversi aspetti o motivi d’interesse. Ne ricordo tre e tralascio gli altri che mi sembrano di minor peso.

Una pagina della 'Nota di lettura' manoscritta di Luciano Mazzaferro


Primo punto: i numerosi pittori che sfilano davanti a noi o, per lo meno, la maggior parte di essi, non si presentano in ordine casuale, né vengono disposti dell’autore tenendo conto dei vari temi o generi preferiti nelle loro opere, ma sono raggruppati secondo le scuole locali di appartenenza. Il corteo si apre con sedici pittori veneziani; seguono sei artisti vicentini, undici veronesi, quattro mantovani, sette cremonesi, tredici bresciani (concittadini del Gigli), cinque bergamaschi, otto milanesi, cinque genovesi, undici bolognesi, tre senesi, sette fiorentini e quattro romani. A questi cento personaggi se ne aggiungono altri ventitré “di diverse patrie”, come Ferrara, Modena, Pavia, Parma o Urbino. Il criterio seguito è insomma di tipo geografico e tende a valorizzare la pluralità delle scuole pittoriche dell’Italia centro-settentrionale, in aperta polemica con l’impostazione vasariana che, com’è risaputo, privilegiava il centro fiorentino a detrimento delle altre aree. “L’aspetto più significativo di questo poemetto” – leggo nella bandella – “consiste nella precoce adozione del concetto di scuola pittorica”. Reazioni al punto di vista vasariano ve ne erano già state, mosse per lo più in difesa delle risorse rappresentative del colore e dei pittori veneziani, ancorati a questo mezzo espressivo. Ma ora il contrasto si allarga, esce dall’ambito di singoli territori per investire zone dimenticate o, quanto meno, trascurate. Scorgiamo una larghezza di interessi e un’apertura mentale che consentono di anticipare alcuni tratti essenziali della ricerca storica, come si andò delineando – naturalmente con più precisione e sistematicità di posizioni – nell’opera del Lanzi [5], attento a seguire, nella loro ricca articolazione di gusti e e di orientamenti locali, le manifestazioni artistiche del nostro Paese. Scrive la Ginzburg a p. 10: “L’elenco dei pittori citati da Gigli contiene già la griglia di una storiografia delle scuole regionali italiane che, per quanto riguarda il settentrione e, in parte, il centro non è molto meno articolata di quella del Lanzi… La Pittura trionfante è il primo esempio a me noto in cui compaia un tentativo così completo di descrivere la geografia artistica dell’Italia tra Cinque e Seicento; da questo punto di vista costituisce un documento estremamente prezioso dello stato della coscienza regionale a quella data.”

Ed ecco un altro motivo d’interesse, il secondo. Il Gigli si dimostra avverso non solo agli orientamenti del Vasari, ma anche alle teorie dello Zuccari [6]. “Se la linea cara al Gigli è quella dei pittori della realtà” – scrive a p. 80 Barbara Agosti – “… poco doveva riuscirgli gradita l’impostazione, nel primo decennio del secolo, delle astratte posizioni zuccaresche” esposte nell’Idea di pittori, scultori e architetti. Né è di scarso rilievo che tale scritto sia uscito soltanto nel 1607, appena otto anni prima dell’edizione della Pittura trionfante: ciò sta a dimostrare come il Gigli seguisse accuratamente i fatti che maturavano negli ambienti artistici e prendesse posizione manifestando, dove gli appariva necessario, il proprio dissenso.

Terzo punto. E’, con ogni probabilità, quello a cui si è dato il maggior rilievo da parte della critica moderna. In data precocissima, ad appena cinque anni dalla morte dell’artista lombardo, il Gigli dimostra nei confronti del Caravaggio “un’ammirazione che non dedicherà a nessun altro dei pittori citati nel testo. Bastano a provarlo questi pochi versi” (pp. 53-54):

Quest’è il gran Michelangel Caravaggio,
il gran protopittore,
meraviglia dell’arte,
stupor della natura,
sebben versaglio [sic] poi di rea fortuna

Un giudizio così entusiasta e, nei versi immediatamente precedenti, un vivace ritratto del pittore hanno indotto a trascurare altri meriti e caratteristiche dell’operetta del Gigli e a considerarla, in modo pressoché esclusivo, come un prezioso punto di riferimento per la valutazione delle vicende artistiche caravaggesche. [7] Non è certo per un caso fortuito che il nome del Gigli, dopo un lungo periodo di dimenticanza, riappaia nel 1951 nell’antologia caravaggesca curata da Roberto Longhi [8]. La testimonianza e il parere del Gigli sono stati, d’allora in poi, più volte utilizzati dagli studiosi del Caravaggio. Non ho alcuna pretesa di completezza: cito, tuttavia, il lavoro con cui Sergio Samek Ludovici descrisse la Vita del Caravaggio [9], la monografia di Angela Ottino della Chiesa stampata da Rizzoli [10] e il recentissimo studio di Marco Bona Castellotti [11].


NOTE

[1] Sul poema di Gigli si veda anche Maddalena Spagnolo, Appunti per Giulio Cesare Gigli: pittori e poeti nel primo Seicento in Ricerche di Storia dell’Arte, 1996, n. 59, pp. 56-74, consultabile online all’indirizzo https://www.academia.edu/996072/_Appunti_per_Giulio_Cesare_Gigli_pittori_e_poeti_nel_primo_Seicento_in_Ricerche_di_Storia_dellarte_1996_N._59_pp._56-74
Non crediamo che nostro padre conoscesse il contributo di Maddalena Spagnolo.

[2] Catalogo della libreria del fu cavaliere Giuseppe Bossi. Nota critica di Paola Barocchi, S.P.E.S. Studi per Edizioni Scelte, s.d. (reprint edizione 1817).

[3] Leopoldo Cicognara, Catalogo ragionato dei libri d’arte e d’antichità posseduti dal Conte Cicognara, Arnaldo Forni editore, 1998 (reprint edizione 1821).

[4] Julius Schlosser Magnino, La letteratura artistica, 3° edizione. La Nuova Italia, 1967.

[5] Luigi Lanzi, Storia pittorica della Italia, a cura di Martino Capucci. 3 volumi, Sansoni, Firenze, 1968-1974.

[6] Federico Zuccari, Idea de’ pittori, scultori ed architetti, Torino, 1607.

[7] Per una bibliografia completa degli scritti su Caravaggio nelle fonti si veda oggi Stefania Macioce, Michelangelo Merisi da Caravaggio. Fonti e documenti 1532-1724. Roma, Ugo Bozzi editore, 2003.

[8] Roberto Longhi, Critica caravaggesca rara in Paragone, 1951

[9] Sergio Samek Ludovici, Vita del Caravaggio dalla testimonianze del suo tempo. Milano, Edizioni del Milione, 1956.

[10] L’opera completa del Caravaggio. A cura di Angela Ottino dalla Chiesa, presentazione di Renato Guttuso. Milano, Rizzoli, 1967.

[11] Marco Bona Castellotti, Il paradosso del Caravaggio. 2° ed, 1998. Milano, RCS Libri


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