Il frontespizio dell'opera |
Giulio Cesare Gigli
La Pittura trionfante
Introduzione di Silvia Ginzburg;
note a cura di Barbara Agosti
I Quaderni del Battello Ebbro, 1996
Nota di lettura di Luciano Mazzaferro
I Quaderni del Battello Ebbro, 1996
Nota di lettura di Luciano Mazzaferro
[Nota
di Giovanni e Francesco Mazzaferro: questo testo è la trascrizione e la
traduzione fedele della “nota di lettura” manoscritta dell’opera scritta da
nostro padre, Luciano Mazzaferro, attorno al 2000 (in testa al manoscritto
compare appunto la dicitura “nota di lettura”). Le note al testo sono invece
redazionali e compilate nel 2014.]
Viene integralmente ristampata l’operetta che il
letterato bresciano Giulio Cesare Gigli pubblicò nel 1615 a Venezia, presso
Giovanni Alberti [1]. Lo scritto compare sia sul catalogo della Libreria del
Bossi (p. 93) [2] sia in quello del Cicognara, che lo inserì nella sezione dei
poemetti didascalici (vol 1°, p, 179) [3] accompagnandolo, com’era suo costume, con
brevi riferimenti bibliografici. Sebbene solitamente assai preciso nelle sue
informazioni, lo Schlosser (p. 623) [4] considera questo libretto in versi come
una glorificazione di A[ndrea] Schiavone che, per la verità, è soltanto il
primo dei tanti pittori ricordati dal Gigli, e non certo l’artista a cui siano
stati rivolti gli elogi più convinti e le attenzioni maggiori. Con parole
rispettose e garbate la Ginzburg dà più rilievo al fatto che lo Schlosser abbia
citato il libricino nel suo celeberrimo manuale sulle fonti artistiche che al
giudizio frettoloso e distorcente sullo scritto del Gigli: “…La Pittura
Trionfante” – si legge nella prima pagina dell’introduzione – “non sfuggì alla
magistrale ricognizione di Schlosser, il quale, però, conoscendolo solo
indirettamente, non poté riservarle che un accenno rapido e di fatto
depistante”.
Il Gigli aveva l’intendimento di redigere un’opera
di più ampie proporzioni, alla quale voleva attribuire il titolo di “Gareggio
pittorico”. Il piano non giunse a buon porto e ciò che rimase fu questo smilzo
volumetto che, secondo i propositi dell’autore, avrebbe dovuto essere una
semplice anticipazione, quasi uno schema del lavoro più impegnativo da lui
desiderato. Nelle pagine stampate a Venezia “l’autore immagina di veder sfilare
al seguito della Pittura in trionfo un corteo di pittori che nomina via via,
fornendo un breve commento – spesso soltanto un aggettivo – sulle
caratteristiche di stile di ciascuno” (pag. 5). L’Agosti fa notare (pag. 65)
che la personificazione della Pittura cui i vari artisti rendono omaggio “è
tratta dalla voce dell’Iconologia di Cesare Ripa” pubblicata nel 1593, divenuta
subito famosa e più volte ristampata tra il 1602 e il 1613.
Il lavoro del Gigli, pur nella sua brevità,
presenta diversi aspetti o motivi d’interesse. Ne ricordo tre e tralascio gli
altri che mi sembrano di minor peso.
Una pagina della 'Nota di lettura' manoscritta di Luciano Mazzaferro |
Primo punto: i numerosi pittori che sfilano davanti
a noi o, per lo meno, la maggior parte di essi, non si presentano in ordine
casuale, né vengono disposti dell’autore tenendo conto dei vari temi o generi
preferiti nelle loro opere, ma sono raggruppati secondo le scuole locali di
appartenenza. Il corteo si apre con sedici pittori veneziani; seguono sei
artisti vicentini, undici veronesi, quattro mantovani, sette cremonesi, tredici
bresciani (concittadini del Gigli), cinque bergamaschi, otto milanesi, cinque
genovesi, undici bolognesi, tre senesi, sette fiorentini e quattro romani. A
questi cento personaggi se ne aggiungono altri ventitré “di diverse patrie”,
come Ferrara, Modena, Pavia, Parma o Urbino. Il criterio seguito è insomma di
tipo geografico e tende a valorizzare la pluralità delle scuole pittoriche
dell’Italia centro-settentrionale, in aperta polemica con l’impostazione
vasariana che, com’è risaputo, privilegiava il centro fiorentino a detrimento
delle altre aree. “L’aspetto più significativo di questo poemetto” – leggo
nella bandella – “consiste nella precoce adozione del concetto di scuola
pittorica”. Reazioni al punto di vista vasariano ve ne erano già state, mosse
per lo più in difesa delle risorse rappresentative del colore e dei pittori
veneziani, ancorati a questo mezzo espressivo. Ma ora il contrasto si allarga,
esce dall’ambito di singoli territori per investire zone dimenticate o, quanto
meno, trascurate. Scorgiamo una larghezza di interessi e un’apertura mentale
che consentono di anticipare alcuni tratti essenziali della ricerca storica,
come si andò delineando – naturalmente con più precisione e sistematicità di
posizioni – nell’opera del Lanzi [5], attento a seguire, nella loro ricca
articolazione di gusti e e di orientamenti locali, le manifestazioni artistiche
del nostro Paese. Scrive la Ginzburg a p. 10: “L’elenco dei pittori citati da
Gigli contiene già la griglia di una storiografia delle scuole regionali
italiane che, per quanto riguarda il settentrione e, in parte, il centro non è
molto meno articolata di quella del Lanzi… La Pittura trionfante è il
primo esempio a me noto in cui compaia un tentativo così completo di descrivere
la geografia artistica dell’Italia tra Cinque e Seicento; da questo punto di
vista costituisce un documento estremamente prezioso dello stato della coscienza
regionale a quella data.”
Ed ecco un altro motivo d’interesse, il secondo. Il
Gigli si dimostra avverso non solo agli orientamenti del Vasari, ma anche alle
teorie dello Zuccari [6]. “Se la linea cara al Gigli è quella dei pittori della
realtà” – scrive a p. 80 Barbara Agosti – “… poco doveva riuscirgli gradita
l’impostazione, nel primo decennio del secolo, delle astratte posizioni
zuccaresche” esposte nell’Idea di pittori, scultori e architetti. Né è
di scarso rilievo che tale scritto sia uscito soltanto nel 1607, appena otto
anni prima dell’edizione della Pittura trionfante: ciò sta a dimostrare
come il Gigli seguisse accuratamente i fatti che maturavano negli ambienti
artistici e prendesse posizione manifestando, dove gli appariva necessario, il proprio
dissenso.
Terzo punto. E’, con ogni probabilità, quello a cui
si è dato il maggior rilievo da parte della critica moderna. In data
precocissima, ad appena cinque anni dalla morte dell’artista lombardo, il Gigli
dimostra nei confronti del Caravaggio “un’ammirazione che non dedicherà a
nessun altro dei pittori citati nel testo. Bastano a provarlo questi pochi
versi” (pp. 53-54):
Quest’è il gran Michelangel Caravaggio,
il gran protopittore,
meraviglia dell’arte,
stupor della natura,
sebben versaglio [sic] poi di rea fortuna
Un giudizio così entusiasta e, nei versi
immediatamente precedenti, un vivace ritratto del pittore hanno indotto a
trascurare altri meriti e caratteristiche dell’operetta del Gigli e a
considerarla, in modo pressoché esclusivo, come un prezioso punto di
riferimento per la valutazione delle vicende artistiche caravaggesche. [7] Non
è certo per un caso fortuito che il nome del Gigli, dopo un lungo periodo di
dimenticanza, riappaia nel 1951 nell’antologia caravaggesca curata da Roberto Longhi [8].
La testimonianza e il parere del Gigli sono stati, d’allora in poi, più volte
utilizzati dagli studiosi del Caravaggio. Non ho alcuna pretesa di completezza:
cito, tuttavia, il lavoro con cui Sergio Samek Ludovici descrisse la Vita
del Caravaggio [9], la monografia di Angela Ottino della Chiesa stampata da
Rizzoli [10] e il recentissimo studio di Marco Bona Castellotti [11].
NOTE
[1] Sul poema di Gigli si veda anche Maddalena
Spagnolo, Appunti per Giulio Cesare Gigli: pittori e poeti nel primo Seicento
in Ricerche di Storia dell’Arte, 1996, n. 59, pp. 56-74, consultabile
online all’indirizzo https://www.academia.edu/996072/_Appunti_per_Giulio_Cesare_Gigli_pittori_e_poeti_nel_primo_Seicento_in_Ricerche_di_Storia_dellarte_1996_N._59_pp._56-74
Non crediamo che nostro padre conoscesse il
contributo di Maddalena Spagnolo.
[2] Catalogo della libreria del fu cavaliere
Giuseppe Bossi. Nota critica di Paola Barocchi, S.P.E.S. Studi per Edizioni
Scelte, s.d. (reprint edizione 1817).
[3] Leopoldo Cicognara, Catalogo ragionato dei
libri d’arte e d’antichità posseduti dal Conte Cicognara, Arnaldo Forni
editore, 1998 (reprint edizione 1821).
[4] Julius Schlosser Magnino, La letteratura
artistica, 3° edizione. La Nuova Italia, 1967.
[5] Luigi Lanzi, Storia pittorica della Italia,
a cura di Martino Capucci. 3 volumi, Sansoni, Firenze, 1968-1974.
[6] Federico Zuccari, Idea de’ pittori, scultori
ed architetti, Torino, 1607.
[7] Per una bibliografia completa degli scritti su
Caravaggio nelle fonti si veda oggi Stefania Macioce, Michelangelo Merisi da
Caravaggio. Fonti e documenti 1532-1724. Roma, Ugo Bozzi editore, 2003.
[8] Roberto Longhi, Critica caravaggesca rara in Paragone, 1951
[9] Sergio Samek Ludovici, Vita del Caravaggio dalla testimonianze del suo tempo. Milano, Edizioni del Milione, 1956.
[9] Sergio Samek Ludovici, Vita del Caravaggio dalla testimonianze del suo tempo. Milano, Edizioni del Milione, 1956.
[10] L’opera completa del Caravaggio. A cura
di Angela Ottino dalla Chiesa, presentazione di Renato Guttuso. Milano, Rizzoli,
1967.
[11] Marco Bona Castellotti, Il paradosso del
Caravaggio. 2° ed, 1998. Milano, RCS Libri
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