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venerdì 4 aprile 2014

Fray Lorenzo de San Nicolas. Arte y Uso de Architectura. Edición anotada. A cura di Félix Díaz Moreno


English Version

Fray Lorenzo de San Nicolas
Arte y Uso de Architectura 
Edición anotada
A cura di Félix Díaz Moreno

Instituto de Estudios Madrileños. Consejo Superior de Investigaciones Científicas, 2008
Isbn 978-84-935195-5-1

Due pagine del trattato, dagli esemplari conservati nella Biblioteca dell'Università Complutense di Madrid

[1] Abbiamo visto molte edizioni di trattati qualificate come “annotate”, ma qui stiamo parlando di una definizione del tutto riduttiva: siamo di fronte a 2199 note, in cui il curatore dimostra una preparazione e una padronanza della materia del tutto fuori dal comune. Insistiamo sulle note, perché normalmente l’edizione commentata di un trattato presenta un ricco e lungo saggio iniziale in cui il curatore passa in rassegna i motivi salienti dell’opera e in cui l’apparato a piè di pagina si limita a chiarimenti testuali; qui è tutto il contrario. Vi sono sì una cinquantina di pagine introduttive in cui Díaz Moreno si preoccupa soprattutto di fornire nuovi elementi su alcuni aspetti della biografia di questo frate agostiniano nato nel 1593 (la data è ora fissata in maniera incontrovertibile) e morto nel 1679, di puntualizzare aspetti legati all’edizione dell’opera e alla sua figura critica; vi sono quattro pagine finali che enucleano a mo’ di conclusione gli aspetti più importanti del trattato; ma tutta la ricchezza del commento sta nelle note, e se non se ne avesse coscienza si correrebbe il rischio di rimanere delusi da un’operazione editoriale che invece a noi sembra davvero fuori dal comune.

[2] Arte y Uso de Architectura fu pubblicato da Fray Lorenzo de San Nicolás (al secolo Lorenzo Martínez) in due volumi a distanza di decenni l’uno dell’altro. Già la data di pubblicazione dei due tomi è stata oggetto di indicazioni spesso fra loro discordanti. Il curatore dimostra in maniera convincente che il primo volume fu pubblicato nel 1639 ed il secondo nel 1665 (si veda da p. XLVII in poi). Si era spesso ritenuto che tali date fossero antecedenti (rispettivamente 1633 e 1664), facendo riferimento agli anni che compaiono nelle licenze e nelle varie approvazioni alla stampa premesse al trattato vero e proprio; tuttavia Díaz Moreno si chiede quando effettivamente i due volumi furono posti in vendita. All’epoca, perché un’opera potesse essere diffusa al pubblico, erano necessarie due condizioni ineludibili: la presenza dell’errata corrige, realizzata dal “correttore generale del regno” e l’indicazione della “tasación” del libro. Quando si parla di “tasación” è naturale pensare ad un sistema che prevede la presenza di un prezzo imposto: nella sostanza un perito esamina l’oggetto libro e, valutandone le caratteristiche fisiche, ne fissa un prezzo, che sarà quello di vendita. Nel caso del primo volume, errata corrige e “tasación” recano l’indicazione dell’anno 1639; il che vuol dire che l’opera doveva essere pressoché terminata nel 1633, ma che fino al 1639 non vide la luce; nel caso del secondo, l’anno di edizione è il 1665 (e non il 1664 come i più ritenevano). La princeps del primo volume è rarissima; tanto per intenderci: presso la Biblioteca Nacional di Madrid non c’è. La copia su cui è condotta questa edizione annotata è conservata presso la Biblioteca Histórica Marqués de Valdecilla de la Universidad Complutense di Madrid con segnatura FLL.26.623. Sempre dalla stessa biblioteca è tratto l’esemplare della prima edizione del secondo volume (segnatura FOA 2464). Le illustrazioni pubblicate sono tratte appunto dalle incisioni presenti nei due esemplari. In entrambi i casi, poi, non compare indicazione dello stampatore, del luogo di stampa e dell’anno della stessa (da qui la confusione di cui prima si è detto). Del 1667, poi, è una “reedición” o, meglio, una “segunda impresión” del primo volume, pubblicata a Madrid. Vi compaiono importanti modifiche con correzioni apportate dall’autore e l’inserimento nel testo della traduzione in spagnolo del primo libro di Euclide (che dunque non compariva nella princeps e che, in ogni caso, non sembra essere di mano del frate-architetto). L’opera di Fray Lorenzo ebbe in realtà un buon successo per motivi che esamineremo oltre. Ne sono testimonianza due edizioni successive. La seconda edizione (della prima e della seconda parte insieme) è del 1736. Questa seconda edizione è in realtà quella più facilmente reperibile nelle biblioteche spagnole, tanto che ragionando su di essa si sono molto spesso espressi giudizi e critiche (e quando nel 1989 si è prodotto la ristampa anastatica dell’opera – a cura di Luis Cervera Vera - si è utilizzato proprio un esemplare del 1736). Bisogna allora ricordare che la seconda edizione del 1736 non riproduce - per quanto riguarda il primo volume – la princeps del 1639, ma la “segunda impresión” del 1667; solo così si spiega, ad esempio, come nel testo riprodotto in facsimile nel 1989 siano presenti riferimenti ad opere di architettura che ovviamente nel 1639 non erano state ancora realizzate; e naturalmente si spiega la presenza del primo libro di Euclide, in origine assente. La terza edizione dell’opera di Fray Lorenzo è, infine, del 1796. 

[3] La fortuna critica dell’opera (pp. LIX-LXV) la vede spesso citata con parole di apprezzamento nel corso del XVII e del XVIII secolo (e del resto le due edizioni settecentesche ne sono la testimonianza più tangibile). Capita poi quanto, del tutto analogamente, era accaduto alla valutazione relativa ai grandi trattati di pittura del Secolo dell’Oro (si veda Francisco Calvo Serraller, Teoría de la Pintura del Siglo de Oro); ovvero che nel XIX secolo subentri una critica più ostile nei confronti degli scritti di età barocca, spesso applicando categorie di valutazione che non tengono conto della realtà in cui ci si muoveva in quegli anni; che accusano gli scrittori di aver compilato opere prive di originalità, se non addirittura di aver commesso dei veri e propri plagi; di essere incorsi in errori del tutto grossolani (e nel caso di Fray Lorenzo la pietra dello scandalo è assai vistosa, quando l’autore parla di Vitruvio come architetto greco); a dire il vero, comunque, nel caso dell’Arte y Uso de Architectura continuano a salvarsi quelle pagine in cui il frate agostiniano si sofferma (o si dilunga, secondo i detrattori) nella descrizione delle pratiche costruttive applicate nei propri lavori. Il trattato di San Nicolas viene dunque sempre più citato con riferimento ad aspetti tecnici, mentre tutti gli aspetti teorici finiscono per essere sistematicamente sottovalutati. 

Due pagine del trattato (copyright http://www.margaritadedios.es)

[4] Non sappiamo moltissimo della biografia di Fray Lorenzo. Esercitò la professione di architetto per diversi decenni, grazie alla sua longevità; fu senza dubbio avviato alla professione dal padre, Juan Martínez, che lo avviò anche alla vita religiosa (non senza una iniziale ritrosia da parte di Lorenzo) quando decise, in seguito ad una serie di disgrazie familiari (la perdita della moglie e di tutti gli altri figli) di prendere i voti come agostiniano (col nome di Fray Juan de Nuestra Señora de la O) assieme al figlio allora appena adolescente. La carriera professionale di Lorenzo sembra essere stata ricca di soddisfazioni, ma sempre condotta al servizio del suo ordine religioso, declinando offerte di maggiori responsabilità nell’establishment della monarchia spagnola. Non stupisce quindi che gran parte delle realizzazioni a noi note siano costituite da edifici religiosi (cappelle, chiese e conventi), ma non dobbiamo trascurare altri aspetti della sua attività, come le architetture civili, la redazione di memorie e pareri volti alla risoluzione di controversie tecniche e, soprattutto, la sua attività di “tasador”, condotta anch’essa alacremente per decenni. Abbiamo già parlato di “tasaciones” con riferimento alle prime edizioni del trattato di Lorenzo; qui ci troviamo in un altro contesto (quello appunto architettonico-edificativo), ma con una meccanica molto simile: “Cuando una construcción había finalizado, o estaba en su fase intermedia, se nombraban dos maestros peritos para medir y tasar aquellos materiales o trabajos realizados durante el levantamiento de las estructuras. Tras su estudio, se comparaba con las condiciones y precios que aparecían en los contratos y se elevaba o minusvaloraba la cantidad a pagar” (p. XXXIX). Chiaro che per esercitare la professione di “tasador” bisognava (oltre a godere di fama di uomo imparziale) avere una conoscenza perfetta delle tecniche di costruzione e dei materiali utilizzati nei cantieri (aspetto questo che avrà un riflesso diretto nel trattato di Fray Lorenzo). 

Due pagine del trattato (copyright http://www.margaritadedios.es)


[5] Si è detto che il primo volume di Arte y Uso de Architectura, completato nel 1633, esce nel 1639. Lo scopo di Lorenzo de San Nicolás è evidente sin dall’acrostico che risulta dal titolo dell’opera (A.Y.U.D.A.): redarre un testo di carattere fondamentalmente didascalico per contribuire alla crescita professionale delle nuove leve, in un momento – a suo dire – di profonda crisi della professione. Ciò detto, definire il trattato di Fray Lorenzo esclusivamente come un manuale professionale è decisamente riduttivo; ci troviamo di fronte a uno dei pochi trattati architettonici spagnoli del XVII secolo che restituiscano un momento di riflessione anche teorica in materia, in cui viene offerta al lettore un “excelente síntesis, caracterizada por un elevado grado de reflexión teórica” (p. 1019). Naturalmente, non si tratta qui di negare i limiti dell’opera (prima fra tutti un’organizzazione quanto meno discutibile dei due volumi); ma vale la pena, ad esempio, apprezzare la capacità di Lorenzo di attingere da fonti diverse e di riproporre all’attenzione dei lettori i contributi di trattatisti vissuti nei secoli e negli anni precedenti. È evidente che la fonte principale di Fray Lorenzo è costituita da Vitruvio (circa la già segnalata citazione di Vitruvio come architetto greco si veda la nota 1241 a p. 534, che non nega ovviamente l’evidenza, ma cerca di spiegare come Fray Lorenzo abbia potuto commettere l’errore, pur conoscendo la traduzione di Vitruvio in spagnolo da parte di Miguel de Urrea (1582) e la traduzione italiana di Vitruvio da parte di Daniele Barbaro); ma, ad esempio, appare evidente come Fray Lorenzo (pur senza citarlo spesso) abbia letto Leon Battista Alberti e il suo De re aedificatoria. Il secondo volume, poi, propone esplicitamente una serie di capitoli in cui si ripropongono ad uso e consumo del lettore le misure degli ordini proposte da una serie di trattatisti; e se in molti casi non sono da registrarsi sorprese (vengono presi in esame Sebastiano Serlio - ma si veda in particolare la nota 371), Palladio, Vignola, Scamozzi, e in ambito spagnolo Diego de Sagredo o Juan Arfe y Villafañe; in altri compaiono nomi non del tutto scontati come Pietro Cataneo, Giuseppe Viola Zanini e Giovanni Antonio Rusconi.

Due pagine del trattato (copyright http://www.margaritadedios.es)


[6] Non vi è dubbio che la lettura dell’opera da parte del commentatore sia particolarmente rivolta all’individuazione delle fonti ed una riconsiderazione complessiva della portata teorica del trattato. Larga parte della critica sino ad oggi ha invece preferito – come già accennato – sottolineare due diversi aspetti (che pure sono presenti nell’analisi di Díaz Moreno): l’organizzazione pratica dei cantieri, la conoscenza e l’utilizzo corretto dei materiali, le soluzioni per abbattere i costi dell’opera a parità di risultato estetico (tutte situazioni che sono diretta conseguenza dell’esperienza decennale di Fray Lorenzo); e la fissazione dei canoni nella decorazione delle facciate e degli interni delle chiese alla luce della controriforma. Si leggano a questo proposito le pagine di Barbara Borngässer Klein in Teoria dell’architettura. 117 trattati dal Rinascimento ad oggi (Taschen Editore)

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