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mercoledì 19 marzo 2014

Susanna Avery-Quash, Julie Sheldon. 'Art for the Nation. The Eastlakes and the Victorian Art World. The National Gallery, 2011

Charles Lock Eastlake
English Version

Susanna Avery-Quash, Julie Sheldon
Art for the Nation
The Eastlakes and the Victorian Art World

The National Gallery, 2011

Recensione di Giovanni Mazzaferro






Charles Lock Eastlake

Fra luglio ed ottobre del 2011 la National Gallery ha dedicato una mostra a Sir Charles Lock Eastlake, primo direttore della National Gallery [1] (una prima cosa da tenere subito presente: la National Gallery nasce nel 1824. Eastlake ne diventa direttore nel 1855; prima di quella data non esisteva la figura del Direttore. C’erano dei Conservatori (Keepers) e dei membri amministratori (Trustees). Quando viene istituita la Direzione, viene nominato Eastlake, che rimarrà in carica sino alla morte, sopraggiunta nel 1865). Naturalmente sarebbe facile parlare di un libro fatto da un'istituzione per autocelebrarsi. Qui però la verità è che stiamo parlando di un personaggio di livello assoluto nella connoisseurship europea, ma anche nella storia delle tecniche artistiche e per la storia della museologia. Quando Eastlake prese in mano la National Gallery, il museo possedeva 265 quadri, contro i 1200 degli Uffizi, i 1400 del Louvre e i 1833 del Prado (p. 134). Nei 10 anni della sua gestione, il Direttore ne acquistò altri 171, che si andò (letteralmente) a scegliere uno ad uno in tutta Europa; e soprattutto trasformò il Museo inglese da struttura organizzata amatorialmente in una galleria efficiente e modernamente organizzata.

In occasione della mostra sono usciti due volumi. Art for the Nations. The Eastlakes and the Victorian Art World è quello che stiamo recensendo; contemporaneamente la Walpole Society ha pubblicato in un’edizione a dir poco splendida i Taccuini di viaggio di Eastlake (una miniera di informazioni preziosissime). In entrambi i casi c’è lo zampino di Susanna Avery-Quash (nel primo volume a quattro mani con Julie Sheldon). Ed è curato anche dalla Avery Quash il video di presentazione della mostra, che proponiamo qui sotto (per chi sa l’inglese).


 
In questo testo tralasceremo volutamente tutto quello che riguarda direttamente i viaggi di Eastlake e i suoi taccuini, che sono trattati in Susanna Avery-Quash, The Travel Notebooks of Sir Charles Lock Eastlake, The Walpole Society, 2011.


La prima vita

Charles Lock Eastlake (da non confondere col nipote praticamente omonimo se non fosse per una ‘e’ in Locke: Charles Locke Eastlake) nasce pittore accademico. È un particolare da non trascurare, perché i primi incarichi pubblici (che lo porteranno a ricoprire contemporaneamente i ruoli di Presidente della Royal Academy e di direttore della National Gallery) risalgono al 1843, quando Charles, nato nel 1793, ha cinquant’anni. Si può dire dunque, in un certo senso, che Eastlake viva due vite (che si sovrappongono solo per un numero di anni limitato): la prima da artista, la seconda da personaggio pubblico e uomo delle istituzioni vittoriane. Non si può capire la seconda senza tener conto della prima. 

Qui non possiamo raccontarle dettagliatamente. Il libro è talmente stimolante e pieno di spunti che dovremmo scriverne un altro. Proviamo allora ad enucleare dei concetti, sforzandoci di essere chiari.

Gli anni della formazione vengono trascorsi in Italia. Qui Charles si trasferisce a ventitré anni, nel 1816 e resta per i successivi quattordici. Sono, ovviamente, anni dedicati a studio e pittura. La carriera artistica di Charles, fra quadri di soggetto biblico e storico (quelli ritenuti all’epoca, e da Eastlake stesso, di livello più alto), quadri di genere, economicamente più gratificanti (le illustrazioni agiografiche dei ‘banditti’ (i briganti) delle campagne romane fanno molto colpo sui gentlemen inglesi) e dipinti di paesaggio (il genere di Eastlake che oggi viene più apprezzato) prosegue tutto sommato bene. Ma sono questi anni che permettono al pittore inglese di maturare solide competenze sotto altri punti di vista. Molte di queste competenze si devono peraltro al fertile contatto, in terra italiana, con la cultura di lingua tedesca.

Charles Lock Eastlake, Il Colosseo dall'Esquilino (1822)
Tate Gallery, Londra


Il mondo di lingua tedesca

Può essere considerata una provocazione, ma in realtà si può dire che se Eastlake riuscirà ad arrivare alla National Gallery lo dovrà grazie alle sue conoscenze del mondo tedesco. Grazie all’amicizia personale con l’ambasciatore prussiano presso la Santa Sede il pittore inglese frequenta artisti, letterati, filosofi tedeschi. Fra gli artisti, conosce i Nazareni con la loro attenzione al ritorno alla pittura degli Antichi Maestri e alle tecniche dell’affresco. Dalla Germania mutua moltissimo in termini di filosofia dell’arte, museologia, storia dell’arte.

Per quanto riguarda la filosofia dell’arte: “Although he refrained from embracing the transcendental idealism that underlay much of Germans aesthetics, including Kant’s metaphysics, Eastlake certainly contended with the highly significant theme of distinctness and individuality of character, then prevalent with these German thinkers. Such a notion was a first given expression in Germany by, among others, the Prussian reformer Wilhelm von Humboldt. It was subsequently taken up first in the Weimar circle of Goethe and Friedrich Schiller and later by their Romantic successors, notably Friedrich von Schlegel” (p. 28). 

A Roma Eastlake conosce Johann David Passavant, cui sarà legato da lunga amicizia. Pittore, ma soprattutto storico dell’arte, Passavant scriverà un Tour of a German artist in England (1833), che curiosamente sarà tradotto in inglese da Elizabeth Rigby (futura moglie di Eastlake); sarà poi curatore dello Städel Museum a Francoforte; i due si terranno in contatto per tutta la vita (con visite reciproche). Sempre a Roma è probabile una conoscenza con Karl Friedrich von Ruhmour, il più famoso storico dell’arte tedesco dell’epoca. Nel 1828, Eastlake è in Germania e in Olanda, per un tour dedicato alla visione degli Antichi Maestri tedeschi e fiamminghi (sua moglie riferisce: “His route was determined by Sir Joshua’s [n.d.r. Reynolds] tour through Flanders and Holland, and he made it a point to follow in his steps and verify as far as possible his descriptions” [2]). Visita le grandi e moderne raccolte d’arte tedesche: Berlino, Postdam, Dresda e Düsseldorf. Incontra per la prima volta Gustav Waagen, altro amico di una vita, in futuro anch’egli, come Passavant, direttore dei musei di Berlino prima e San Pietroburgo poi. 



I suoi interessi

Gli interessi che Eastlake sviluppa a Roma si possono così enucleare:

1) Tecniche artistiche: non sappiamo quale sia stata la causa scatenante, se una curiosità professionale, se l’influenza dei Nazareni, se il dibattito che in quegli anni si svolge proprio in Italia, fra Roma e Firenze in seguito alla pubblicazione nel 1821 del Libro dell’Arte di Cennino Cennini (e relative polemiche puntualmente pubblicate sull’Antologia Viesseux [3]), col rinnovato interesse per le vicende della ‘scoperta’ (secondo Vasari) della pittura ad olio, se l’attenzione per i primitivi italiani, ma anche fiamminghi, ma lo studio delle tecniche risulterà il leit-motiv di tutta la vita di Eastlake; e – se posso dirlo – ne resta un retaggio anche oggi; se entrate alla National Gallery e prendete un’audioguida, non vi sarà quadro di cui non verrà descritta la tecnica di esecuzione (un tipo di approccio molto meno comune in Italia).

2) Colore: profondamente legato alle tecniche artistiche è lo studio del colore; della stesura dello stesso, ma anche degli abbinamenti cromatici. Eastlake studia Goethe (ancora il mondo tedesco) e nel 1840 tradurrà la sua Teoria dei colori. Ispirandosi alla Teoria dei colori Sir Charles (Sor Carlo, in Italia) Eastlake deciderà persino le tonalità di colore delle pareti della National Gallery, una volta divenuto direttore.

3) Primitivi: ad essere precisi, per Eastlake quelli che noi oggi chiamiamo Primitivi sono gli Old Masters, i pittori prima di Raffaello; bisognerà spiegare: Eastlake è uomo del suo tempo, è un pittore ad olio, non è un Nazareno e quando ci sarà da decidere come ridipingere Westminster (cfr. sotto) inizialmente sarà contrario alla tecnica dell’affresco; la sua pittura “alta” si vorrebbe collocare fra Raffaello e il colorismo di Tiziano e Rubens. Scordatevi entusiasmi eccessivi per gli Antichi Maestri. Ma Eastlake ha anche mutuato dal mondo tedesco, da Ruhmour, Passavant, Waagen (e naturalmente prima dal nostro Lanzi) il concetto di scuole artistiche e la storicizzazione dell’arte, che lo porta (anche per gli interessi tecnici di cui parlavamo prima) a studiare sistematicamente gli Antichi Maestri.


Charles Lock Eastlake, Hagar e Ismaele (1830)
Royal Academy of Arts, Londra

Di nuovo in patria

Per tutti questi motivi, quando nel 1830, nominato membro della Royal Academie, Eastlake torna in Inghilterra è ancora pittore, ma soprattutto è una figura unica nel mondo dell’arte inglese: “Since Eastlake’s experiences in continental Europe had made him a rare authority in England, he was perhaps the only person capable of interpreting foreign thinking for an English-speaking audience” (p. 35).


Segretario della Fine Art Commission

Gli anni successivi vedono Eastlake consolidare in patria la propria carriera artistica, ma anche la propria fama di esperto di cose d’arte. C’è un episodio del tutto fortuito, però, che, nel suo piccolo, gli cambia la vita, così come cambierà per molti versi le sorti della storia dell’arte: l’incendio di Westminster. Il vecchio Parlamento va totalmente in fiamme. Ne viene costruito uno nuovo (a partire dal 1836), in stile Neo-Gotico: è il trionfo del Gothic Revival, non solo in Inghilterra; sono innumerevoli gli esempi di nuovi parlamenti ed edifici pubblici sedi di consigli o altri organi rappresentativi costruiti (dopo il caso inglese) in Neo-Gotico [4]. Contemporaneamente alla ricostruzione dell’edificio si pone il problema della decorazione del medesimo. Né la ricostruzione di Westminster, né la questione della decorazione interna del palazzo sono meramente questioni di stili: qui c’è una nuova potenza mondiale che si deve autorappresentare visualmente. Il punto è se operare chiamando artisti stranieri o dimostrare che gli artisti inglesi sono in grado di fare da sé. Nel 1841 il Parlamento nomina un Comitato Ristretto il cui scopo è quello di ‘to take into consideration the Promotion of the Fine Arts of this country in connection with the rebuilding of the Houses of Parliament. This significant enterprise represented the first effort of a British government to promote the British School of painting since before the Reformation’ (p. 39). Il Comitato a sua volta elegge una Fine Art Commission che di questo si occupi. La Commissione è composta d 29 membri; né è Presidente il Principe Alberto (ovvero il consorte della Regina Vittoria); il segretario è Charles Eastlake (che, peraltro, è l’unico artista facente parte della Commissione). Le prime decisioni sono nette: Westminster sarebbe stato decorato nuovamente con affreschi, e il soggetto degli affreschi sarebbe stato relativo alla storia inglese. 


John Partridge, The Fine Arts Commissioners, 1846
National Portrait Gallery, Londra

Ora, vista la sua frequentazione coi Nazareni, si potrebbe pensare che Eastlake avesse promosso la tecnica dell’affresco. Non è affatto così. Non dimentichiamo che Eastlake era un pittore ad olio: temeva fortemente che la tecnica a fresco non fosse adatta al clima inglese e che, soprattutto, non vi fossero artisti in grado di eseguirla in maniera soddisfacente. La decisione è, quindi, politica; ovviamente, fra i principali ispiratori vi era il Principe Alberto. Ciò detto, una volta presa la decisione, il pericolo è uno solo. Alberto è tedesco, conosce benissimo i Nazareni, e suggerisce che ad eseguire gli affreschi siano pittori tedeschi. Per i parlamentari inglesi è inaccettabile: serve qualcuno che conosca i Nazareni, che non solo conosca ma che faccia conoscere le tecniche agli artisti inglesi contemporanei e che sia espressione del mondo anglosassone: Eastlake è perfetto. È incredibile, conoscendo le riserve che aveva espresso all’inizio, leggere quanto il neo-Segretario scrive in Appendice al primo Report to the Select Committee on Fine Arts, in un saggio intitolato On the Origin of the Modern German School of Fresco Painting:

“…Let us now consider how far we, as Englishmen, can share these feelings and aims. If the national ardour of the Germans is to be our example, we should dwell on the fact that the Arts in England under Henry the Third, in the 13th century, were as much advanced as in Italy itself; that our Architecture was even more characteristic and freer from classic influence […] Thus, in doing justice to the patriotism of the Germans, the first conviction that would press upon us would be, that our own country and our own English feelings are sufficient to produce and foster a characteristic style of art; that although we might share much of the spirit of the Germanic nations, this spirit would be modified by our peculiar habits; above all, we should entirely agree with the Germans in concluding that we are as little in want of foreign artists to represent our history and express our feelings, as of foreign soldiers to defend our liberties. Even the question of ability […] is unimportant. […] Ability, if wanting, would of necessity follow. In the Arts, as in arms, discipline, practice, and opportunity, are necessary to the acquisitions of skill and confidence: in both want of experience may occasion failure at first: but nothing could lead to failure more effectually than the absence of sympathy and moral support on the part of the country” [5]

Questo libro si intitola Art for the Nation. Non credo che ci possa essere espressione che riassuma meglio il senso di quanto scritto sopra. Eastlake è un artista vittoriano, orgoglioso di essere inglese, e pienamente consapevole di stare lavorando per l’immagine della patria. È un soldato che usa la penna e (sempre meno) il pennello. Ora, non è qui il caso di stare a valutare stilisticamente il risultato della decorazione di Westminster; vale la pena piuttosto sottolineare la fioritura di opere dedicate alle tecniche artistiche negli anni centrali dell’800 inglese, proprio come risultato degli sforzi della Commission. Questi testi – si badi bene - hanno avuto un’enorme importanza nella storia dell’arte (e delle tecniche artistiche) non solo inglese, ma di tutto il mondo. 

Cennino Cennini. A Treatise on Painting (1844; prima traduzione in lingua inglese del Libro dell’Arte di Cennino Cennini, pubblicato a Roma nel 1821 – a cura di Mary P. Merrifield).

Mary P. Merrifield. The Art of Fresco Painting (1846).

Charles Lock Eastlake. Materials for a History of Oil Painting (1847). Volume 1°. Il secondo volume sarà pubblicato postumo nel 1869 a cura della moglie di Eastlake, Elizabeth Rigby.

Mary P. Merrifield. Original Treatises on the Arts of Painting (1849). 

Il grafico che vedete qui sotto è ricavato da Google Ngram Viewer ed esprime la ricorrenza dei termini “Old Masters”, uno dietro l’altro, nel corpus della letteratura in lingua inglese di Google. Potremmo discuterne lungamente, ma un dato è certo: la curva si impenna a partire dalla fine degli anni ’30 del XIX secolo. Tutto ciò ha a che fare con la politica di promozione delle arti del governo inglese (non possiamo dimenticare il ruolo di Sir Robert Peel, allora Primo Ministro), è causato dal dibattito relativo alle decorazioni di Westminster, ma soprattutto è merito di Charles Lock Eastlake. L’uomo giusto al momento giusto.



Nel 1843, in mezzo a questo dibattito, Eastlake è nominato Keeper (Conservatore) della National Gallery, istituita 19 anni prima. Non è un’esperienza felice; peraltro la struttura organizzativa della National Gallery è ancora molto farraginosa ed Eastlake diventa il puntuale bersaglio della penna di molti giornalisti. Si dimette nel 1847. Si dimette, non s’arrende. Mi torna in mente una frase che abbiamo letto poco fa:

“In the Arts, as in arms, discipline, practice, and opportunity, are necessary to the acquisitions of skill and confidence: in both want of experience may occasion failure at first: but nothing could lead to failure more effectually than the absence of sympathy and moral support on the part of the country”. 

Per Charles non è una frase di circostanza.


Elizabeth

Nel 1849, a 56 anni, Eastlake sposa Elizabeth Rigby (che ne ha 40). Ora, la storia di Elizabeth meriterebbe di essere raccontata esattamente come quella di Charles, ma noi dobbiamo per forza di cosa essere brevi. E l’unica cosa che possiamo dire è che, pur funestato sul piano umano dalla perdita della loro bambina, il loro fu un matrimonio felice. Elizabeth è una donna colta ed intelligente, dell’alta borghesia caduta in disgrazia, pittrice mancata, traduttrice provetta, sempre pronta ad intervenire pubblicamente e privatamente in difesa del marito. I due sono inseparabili. Alle Memorie di Elizabeth (scritte con un tono comprensibilmente elogiativo) dobbiamo peraltro molti particolari sulla vita e sull’attività di Charles [6]. È fuori di dubbio, comunque, che la vicinanza della moglie permetta ad Eastlake di acquisire ancora maggior sicurezza nella vita lavorativa. Un matrimonio fortunato


La Royal Academy (1850) e la National Gallery (1855)

Nel 1850 Eastlake viene nominato Presidente della Royal Academy. Nelle sue mani vi è l’educazione dei futuri artisti inglesi. A parte una ritrovata efficienza dell’organizzazione, non sembra peraltro che i metodi di insegnamento ne risultino stravolti o che vi siano clamorose aperture a nuove tendenze stilistiche che non siano quelle tipiche appunto dell’Accademia. Non pare, ad esempio, che il gradimento per i Pre-Raffaelliti sia stato particolare (pp. 111-115), anche se un terreno di confronto ci sarebbe potuto essere: questi ultimi si richiamavano infatti agli Antichi Maestri che Eastlake conosceva più di ogni altro. Ma i Pre-Raffaelliti contestavano i sistemi dell’insegnamento accademico ed Eastlake era innanzi tutto uomo di istituzioni. 


Charles Lock Eastlake in una pagina del settimanale The Illustrated London News


Nel 1855, alla fine di un lungo dibattito (anche parlamentare) su come gestire l’istituzione, Charles è nominato primo Direttore della National Gallery. Non si può dire che ad Eastlake venga data propriamente carta bianca, nel senso che egli deve sempre relazionare almeno annualmente sul suo operato ai Trustees della Gallery (un compito che assolve sempre con grandissima solerzia), ma sicuramente la creazione di una Direzione fa sì che molti dei limiti con cui il nostro ex-pittore (gli ultimissimi quadri sono degli anno ’40) aveva dovuto confrontarsi nella precedente esperienza siano superati. La presidenza contemporanea di Royal Academy e National Gallery era un fatto inedito in Gran Bretagna; non un problema per Charles. “To Eastlake, the Academy and the Gallery were not in competition but were rather equal and co-dependant part of a larger scheme by which the nation’s artistic life would be enhanced. He saw there was dual roles, that of the Academy being to create a national school, and that of the Gallery to form a national collection” (p. 98). Richiesto di accettare l’incarico, Eastlake tratta da posizioni di forza: “His requests were for personal executive power, the guarantee of a specified sum of money [n.d.r per la National Gallery, da usare per l’acquisto dei quadri] and assistants of his own choosing. He made a condition of his appointment that two particular men be appointed at the same time: Ralph Nicholson Wornum as Keeper and Otto Mündler as Travelling Agent” (p. 135). Ancora una volta gira la voce che, se non ci fossero candidature convincenti, il tedesco Principe Alberto possa chiamare il tedesco Waagen (lo abbiamo visto prima: amico d’antica data di Eastlake) come Direttore. Ancora una volta serve un inglese con conoscenze del mondo europeo. Ancora una volta Eastlake è l’uomo giusto al momento giusto.


'Largo al factotum della città' (Rossini, Il Barbiere di Siviglia) 

In dieci anni (quando diventa direttore ne ha 62) Eastlake trasforma completamente la National Gallery. Si occupa di tutto, direttamente o per interposta persona: 

la disposizione dei quadri, che vengono ora suddivisi per scuole pittoriche e non per dimensioni. Viene cancellato il vecchio concetto di “quadreria” e si passa alla moderna pinacoteca;

le cornici dei quadri (vengono utilizzati tipi di cornici diversi a seconda delle scuole di appartenenza delle opere, in base a considerazioni sull’appropriatezza dell’abbinamento);

l’illuminazione delle sale; viene preferita la più moderna illuminazione laterale a quella proveniente dall’alto;

le tinte da utilizzare sulle pareti delle sale; nel deciderle Eastlake segue peraltro alcune indicazioni tratte dallo studio della Teoria dei colori di Goethe (da lui tradotta in inglese nel 1840, come già menzionato);

anche se ufficialmente sono opera di Wornum, Eastlake inaugura una nuova tipologia di cataloghi (si ricordano in particolare varie edizioni del National Gallery’s Foreign Schools Catalogue, in cui la stringatezza delle informazioni delle versioni precedenti (autore, data di nascita e di morte, titolo) lascia il passo a un inquadramento storico e stilistico di autore ed opera, senza mai dimenticare le informazioni sulle tecniche di realizzazione dell’opera);

compaiono nella Gallery le diciture dei quadri (spesso sulle cornici). La pratica è di derivazione tedesca, come altre di quelle che abbiamo sopra indicato. Il pubblico ha così la possibilità di avere direttamente a parete quelle informazioni che prima otteneva solo acquistando il catalogo (vecchio stile).


Connoisseurship e acquisti per la National Gallery

Naturalmente la lista potrebbe essere molto più lunga; ma la verità è che il nome di Eastlake è legato indissolubilmente allo straordinario numero di capolavori che egli acquistò per la National Gallery in dieci anni di direzione. L’obiettivo di Eastlake (e quello dell’Impero vittoriano) era molto semplice: creare un museo in cui fosse rappresentata l’evoluzione delle scuole in tutti i paesi europei e naturalmente anche in Inghilterra. Bisogna tenerlo sempre presente, perché la circostanza aiuta a capire perché l’acquisto di alcuni quadri (giudicati magari qualitativamente inferiori rispetto ad altri, ma più significativi perché colmavano lacune nella collezione) e non quello di altri. Ciò detto, la strategia di Eastlake è semplicissima. Si serve del suo Travelling Agent, Otto Mündler (ovviamente un tedesco) per monitorare il mercato (Mündler è un conoscitore di livello assoluto). Poi tutti gli anni, due mesi all’anno, in estate, gira l’Europa assieme alla moglie e visita soprattutto la sua amata Italia, e se li va a vedere. A volte anche più di una volta a distanza di tempo per ricalibrare il suo giudizio. Eastlake va dovunque. 


Il passaporto di Charles Lock Eastlake


Nel decidere si avvale delle sue straordinarie doti di conoscitore. Le autrici citano un passo di Eastlake stesso dalla seconda edizione di una raccolta di suoi scritti (Contributions to the Literature of the Fine Arts), pubblicata a cura della vedova nel 1870 (p. 152):

“…[Connoisseurship] comprehends a familiarity with the characteristics of epochs, schools, and individual masters, together with a nicer discrimination which detects imitations from original works… The studies of the connoisseur may, however, take a wider range, and be directed… in addition to a practical and habitual acquaintance with specimens, and a discrimination of their relative claims, to penetrate the causes of the world’s admiration. On the whole, therefore, he may be said to combine the views of the philosophical artist with an erudition to which the artist seldom aspires” 

Tutta la storia personale di Eastlake, gli anni della formazione romana, l’attenzione per le tecniche, le frequentazioni (specie) tedesche, la visione in prima persona di decine di migliaia di opere e quant’altro spiegano le doti di connoisseur dello stesso. Va detto peraltro che l’uomo deve molto – e lo ammette in più occasioni – al metodo scientifico di Giovanni Morelli, che conosce personalmente, ammira come il più grande conoscitore al mondo e a cui non esita a chiedere pareri in caso di dubbio [7].

L’attività di conoscitore di Eastlake e i viaggi come direttore della National Gallery (e, a dire il vero, anche alcuni anni precedenti) sono testimoniati dai suoi taccuini, oggi conservati negli Archivi dell’istituzione di cui fu direttore. Ce ne sono pervenuti 36. Non sono tutti (ne mancano quattro o cinque), ma il loro contenuto è una miniera di una ricchezza inimmaginabile. Susanna Avery Quash, come abbiamo detto all’inizio, ne ha curato una splendida edizione critica, patrocinata dalla Walpole Society, di cui parleremo prossimamente.


L’ultimo viaggio

Sembra quasi naturale, a questo punto, che Eastlake muoia in Italia. Charles continua tutti gli anni ad effettuare i suoi viaggi, e così fa anche nell’estate del 1865, a 72 anni (!). Ma questa volta si ammala quasi subito, ed è costretto a fermarsi a Milano (dove, naturalmente, continua a visionare quadri che vengono portati alla sua attenzione dai maggiori antiquari italiani). Si va avanti fra alti e bassi per vari mesi, finché la situazione precipita. Nel tentativo di mitigare i rigori dell’inverno, Eastlake viene portato dalla moglie a Pisa, dove muore, la vigilia di Natale dello stesso anno. 

Parlando della morte del marito, Elizabeth Rigby scrive alcune righe che, naturalmente, lasciano trasparire dolore, rimpianto, e forse rimorso: “No fatigues or discomforts deterred him from visiting the remotest parts of Italy: wherever the prospect was held out of securing (and in most cases rescuing) a work of interest, he patiently made his way… These foreign duties eventually entailed circumstances… which shortened his precious life” (p. 179). Può sembrare che Elizabeth non volesse che il marito viaggiasse, vista l’età, e sicuramente avrà avuto degli scrupoli, ma se c’è una cosa di cui non si può dubitare è che il viaggio era un elemento che teneva unita la coppia, come la vedova fa capire in un’altra occasione: “The fortunate necessity of travelling in quest of pictures was the best restorative for mind and body, after the fatigues of a London official life”.

E in fondo, l’immagine che ci piace tenere in mente, salutando, per ora, i coniugi Eastlake, è quella di una coppia felice, che avrebbe potuto tranquillamente restare in patria, onorata e rispettata, ma che si spinge in un qualsiasi sperduto paesino dell’Italia appena unita per amore dell’arte, ma soprattutto per far grande l’Inghilterra vittoriana. Charles ed Elizabeth furono capaci di ripagare sino in fondo la fiducia che era stata data loro. 


NOTE

[1] Art for the Nation. Sir Charles Eastlake at the National Gallery. 27 luglio- 30 ottobre 2011
 http://www.nationalgallery.org.uk/eastlake

[2] "The very idea of keeping a notebook was inspired by the example of Sir Joshua Reynolds, whom Eastlake venerated, not only as a father of the English School of painting but as a writer and thinker of distinction; also, like Eastlake, he came from Devon. Eastlake's tour of northern European galleries made in 1828 followed in the footsteps of Reynolds, whose notes of a journey made in 1781 had been published in 1797 as The Journal of a Tour through Flanders and Holland": citazione da Susanna Avery-Quash, The Travel Notebooks of Sir Charles Eastlake, The Walpole Society, 2011, p. 12.

[3] Gli scritti d'arte della Antologia di G.P. Viesseux 1821-1833, 6 volumi, a cura di Paola Barocchi, S.P.E.S. edizioni, 1975-1979

[4] Si rimanda sull'argomento a Francesco Mazzaferro. Come tenere insieme l'Impero Austro-Ungarico: le dispute architettoniche sullo 'Stile nazionale' e il ruolo di Albert Ilg, pubblicato in questo blog

[5] Citazione da una raccolta antologica di scritti di Eastlake, pubblicata nel 1848 con il titolo Contributions to the Literature of the Fine Arts. In questa biblioteca è presente una ristampa digitale di Kessinger Publishing.

[6] Le Memorie sono pubblicate come introduzione alla seconda edizione (ampliata) dei Contributions to the Literature of the Fine Arts, curata dalla vedova e pubblicati nel 1870.

[7] Nel 1891 Elizabeth Rigby (che morirà nel 1893) pubblica il necrologio di Giovanni Morelli sul Quarterly Review (vol 173, pp. 235-52) e, in maniera significativa, spiega cosa sia la connoisseurship esattamente con le stesse parole usate dal marito nel 1870. 

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