Pagine

mercoledì 12 marzo 2014

Francesco Mazzaferro. Come tenere insieme l'Impero Austro-Ungarico: le dispute architettoniche sullo 'Stile nazionale' e il ruolo di Albert Ilg

English Version

Francesco Mazzaferro

Come tenere insieme l'Impero Austro-Ungarico:
le dispute architettoniche 
sullo 'Stile nazionale' e il ruolo di Albert Ilg


Fig.1) Vienna, Votivkirche, costruita da Heinrich Ferstel fra 1856 e 1879 (Neo-Gotico)

Varieta’ di stili come identita’ di un Impero multinazionale



Fig.2) Miklós Barabás (1810-1898)
L'Imperatore Francesco Giuseppe (1853)
Il 18 febbraio 1853 il giovane Imperatore Francesco Giuseppe (aveva 23 anni) scampò a un attacco terroristico; in segno di sollievo e di riconoscenza per il pericolo evitato la Casa imperiale decise di costruire una nuova chiesa, che sarebbe stata finanziata con donazioni su base volontaria provenienti da tutte le regioni dell’Impero e che sarebbe dovuta essere un simbolo dell’unità dell’Impero stesso. Sul luogo dell’attentato,a Vienna fu costruita, fra il 1856 e il 1879, la Votivkirche (fig.1). Era in stile neo-gotico.



Potrebbe sembrare che costruire una chiesa in neogotico come simbolo dell’unità dell’Impero fosse, nel 1856, una scelta con lo sguardo rivolto al passato. Non era così: l’architetto, Heinrich Festel, era un coetaneo dell’Imperatore (aveva 26 anni). Solo pochi anni prima, John Ruskin aveva scritto (1851-1853) Le pietre di Venezia, un lavoro sulla teoria dell’architettura gotica. Esattamente in quegli anni, inoltre, la corte prussiana stava finanziando i lavori di completamento della (gotica) Cattedrale di Colonia (Fig,3), come simbolo dell’identità culturale del paese in una Germania politicamente ancora non unificata.



Fig. 3) Colonia, 1856. La costruzione della Cattedrale (Neo-Gotico)
Nel 1857 Francesco Giuseppe decise di demolire le mura difensive di Vienna e di rimpiazzarle con una strada a forma di anello, la Ringstraße, che sarebbe servita da circonvallazione storica, ospitando sia i simboli del potere asburgico sia le infrastrutture amministrative della città rinnovata. Si trattava, in termini simbolici, di un passo importante: le mura che, ai loro tempi, avevano difeso due volte Vienna dagli Ottomani venivano ora rimpiazzate per permettere una radicale modernizzazione della capitale dell’Impero. 



L’editto “Es ist Mein Wille”, del 25 dicembre 1857 conteneva la lista di tutti i futuri palazzi, giardini, piazze e del loro posizionamento. L’editto contemplava “la creazione di palazzi ufficiali – fra cui il nuovo quartier generale dell’esercito, la guarnigione della città, l’Opera, l’Archivio imperiale, il Palazzo Comunale… e gli edifici necessari per musei e gallerie…”. Fra questi edifici troviamo oggi, fra gli altri, il Parlamento, il Palazzo Comunale, il Museo di Storia dell’Arte (Fig. 4), il Museo di Scienze Naturali, l’Università, il Teatro di Corte (Fig. 5) e l’Opera di Vienna.


Fig. 4) Vienna, Kunsthistorisches Museum costruito da Carl von Hasenauer e Gottfried Semper tra 1871 e 1891
(Neo-Rinascimento)




Fig. 5) Vienna, Burgtheater costruito da Gottfried Semper and Karl von Hasenauer fra 1874 e 1888 (Neo-Barocco)


L’editto, inoltre, indiceva una competizione architettonica e chiedeva espressamente di preparare un progetto complessivo. Veniva messa particolare enfasi sul fatto che era lasciata agli architetti libertà di scelta (freier Spielraum). “È indetta una competizione per arrivare a un progetto complessivo; la competizione riguarda anche la stesura di un programma urbanistico in linea con i principi generali qui descritti. Per il resto, tuttavia, i concorrenti saranno liberi nella preparazione dei loro progetti, per far sì che proposte appropriate non debbano essere escluse.”



Il risultato finale del concorso fu una combinazione di importanti edifici concepiti in differenti stili architettonici, in linea con l’approccio eclettico dello Storicismo. La differenza negli stili fu anche il risultato di una concezione – tipica di quella scuola architettonica – che abbinava un determinato stile a una data categoria di edifici. Per esempio, tutta una serie di Parlamenti e di palazzi comunali fu costruita in gotico in quegli anni, in tutto il mondo (il Palazzo Comunale di Monaco, la cui costruzione cominciò nel 1867, o il Parlamento Canadese ad Ottawa, nel 1878), secondo il modello di Westminster (la cui ricostruzione era partita nel 1840) e seguendo l’idea di Ruskin secondo cui il gotico Palazzo Ducale di Venezia era il modello ideale per un edificio pubblico. Usare il neogotico era in linea anche con l’idea che i palazzi comunali dovessero essere il simbolo di una borghesia prosperosa ed attiva, come sarebbe stata quella del Medio Evo. Non fu quindi una sorpresa se il palazzo comunale di Vienna, lungo la Ringstraße fu costruito nello stile del Gothic revival (Fig. 6). “Il palazzo comunale adottò lo stile gotico, individuato come quello dei tempi passati dell’autonomia della borghesia urbana; il Parlamento [n.d.r. di Vienna], con le sue forme neo-attiche resuscitò il mondo paradigmatico della democrazia greca, e l’Opera (Fig. 7) fu fatta risplendere con lo stile neorinascimentale, nobile e internazionalmente ben apprezzato” (Eva-Maria Landwehr). Va da sé che quello che accadeva a Vienna ebbe importanti implicazioni in tutto l’Impero, innanzi tutto a Budapest (Haas).


Fig. 6) Vienna. Palazzo Comunale, costruito da Friedrich von Schmidt fra 1872 e 1883 (Neo-Gotico)




Fig. 7) Teatro dell'Opera costruito da August Sicard von Sicardsburg  e Eduard van der Nüll
tra 1861 e 1869 (Neo-Rinascimento)

Pianificare una capitale rinnovata coi simboli di tutti i principali stili architettonici del passato era inoltre coerente con la logica di un impero multinazionale che si estendeva ben al di là dell’Austria, da Cracovia a Praga, da Leopoli a Černivci, da Dubrovnik a Trieste, da Venezia a Milano. 



Far proprie idee differenti, conferendo libertà di mandato agli architetti e selezionando da stili di regioni ed epoche diverse era – ancora – un segno di una politica implicitamente liberale. Nel 1861 a Vienna fu introdotta una carta costituzionale; nel 1867 il Compromesso (Ausgleich) tra Austria ed Ungheria faceva di Budapest la co-capitale dell’Impero. 



La stabilità dell’Impero, insomma, era saldamente ancorata alla sua stessa diversità. Gli Asburgo erano riusciti a preservare i confini che gli erano stati dati sin dal tempo del Congresso di Vienna, avevano ottenuto un nuovo equilibrio costituzionale creando un sistema duale fra Austria e Ungheria, e si aspettavano di prolungare in futuro il loro potere centenario su una larga porzione dell’Europa.

Riassumendo: Vienna stava sperimentando un’importante trasformazione architettonica, ispirata a una serie di riferimenti eclettici a una molteplicità di stili antichi, in linea con le tendenze più moderne in Europa (si pensi alla parallela riforma urbanistica di Parigi sotto il Barone Haussmann).


La prima generazione della scuola di storia dell’arte di Vienna a supporto dell’eclettismo architettonico

Innovazione, liberalismo ed eclettismo erano davvero avvertiti nello spirito collettivo dell’élite culturale della città. La prima generazione della Scuola di Storia dell’Arte di Vienna e i suoi leader liberali, come il suo fondatore, Rudolf Eitelberger von Edelberg, supportarono convintamente il nuovo tentativo di legittimare il potere su una società multinazionale attraverso il ricorso a differenti stili artistici. Il progetto della Ringstraße era basato sia su un legame simbolico con il passato (Antichità, Medio Evo e Rinascimento) sia sull’uso funzionale delle nuove tecniche ingegneristiche; si trattava della stessa combinazione tra “arte come filologia” e tecniche artistiche che la Scuola di Vienna, sotto Eitelberger, aveva posto a base della propria attività.
Eitelberger era desideroso di far sì che la Scuola di Vienna lavorasse sui monumenti artistici all’interno di tutto l’Impero, apprezzandone pienamente le somiglianze e le diversità tra loro. A testimonianza di ciò, fra le altre cose, basti ricordare la decisione di pubblicare (fra 1858 e 1860) il corpus in due volumi dei Mittelalterliche Kunstdenkmäler des österreichischen Kaiserstaates  (Monumenti medievali dell’Impero Austriaco). Il volume I includeva sezioni dedicate non solo all’Austria e all’Ungheria, ma anche a Praga e alla Boemia, all’Istria, al Friuli e a Trento. Il volume II aveva ampie sezioni sul Lombardo-Veneto e sulla Moravia.
Anche la stessa, amplissima, produzione letteraria di Eitelberger in merito all’arte testimoniava il suo interesse a diffondere la conoscenza del patrimonio artistico di tutto l’Impero; vi comparivano monografie ed articoli su tutte le regioni. Le citiamo qui in ordine cronologico:
-          La scuola veneziana e Raffaello (1854)
-          Cividale del Friuli e i suoi monumenti (1857)
-          Il Palazzo di Diocleziano a Spalato (1859)
-          Contributi alla storia dell’arte nel Regno di Lombardia e Venezia (1859)
-          I monumenti artistici medievali ad Arbe, Zara, Traù, Spalato e Ragusa (1861).
Tornando indietro ai monumenti che furono costruiti lungo la Ringstraße, Matthew Rampley scrive: “Le preferenze artistiche di Eitelberger non erano governate da una visione estetica coerente; lodò le strutture neogotiche, come il Municipio di Friedrich Schmidt e la Votivkirche di Heinrich von Ferstel, ma scrisse anche un’ampia difesa del Teatro dell'Opera, costruito da van der Nüll e von Sicardsburg in uno stile neorinascimentale molto criticato. Inoltre, con tutta l’efficacia che la sua leadership nella cultura di lingua tedesca gli assicurava, non esitò a omaggiare i risultati ottenuti da altri (non di lingua tedesca), come gli architetti cechi Josef Hlávka – che ebbe un ruolo di supervisore nella costruzione della Vienna Opera House – e Josef Zitek, architetto del Teatro Nazionale di Praga


La fine dell’eclettismo e la disputa sugli stili nazionali in Austria-Ungheria

L’equilibrio su cui liberalismo ed eclettismo si basavano era tuttavia estremamente precario. Altrove (specie in Francia) lo sviluppo dello storicismo si era andato legando in maniera inestricabile con politiche nazionalistiche sin dalla metà del XIX secolo (Mihail). A cambiare il contesto complessivo per l’Austria-Ungheria intervennero poi due sviluppi storici; a causa di essi, mentre fino a quel momento, la scelta degli stili artistici sulla Ringstraße puntava semplicemente alla coesistenza di una varietà di gusti estetici, si aprì una nuova fase in cui i sostenitori dei differenti stili architettonici cominciarono a scambiarsi accuse pesanti, difendendo diversi orientamenti in termini di identità e di stile. 

Innanzi tutto, due concorrenti politici e culturali dell’Austria-Ungheria, ovvero l’Italia e la Germania, ottennero la loro riunificazione politica, rispettivamente nel 1861 e nel 1871, in entrambi casi a spese dell’influenza di Vienna in Europa. Le due nuove nazioni fecero del Rinascimento (Italia) e del Neo-Rinascimento (Germania) un elemento di identità culturale. Ciò trasformò la percezione di Rinascimento e Neo-Rinascimento in Europa, da stili universali a espressione intenzionale di un’architettura che cercava la legittimazione del proprio retaggio nazionale. Simbolicamente, l’Italia (che si era unita attraverso una serie di guerre contro gli Asburgo) trasferì la sua capitale dalla Barocca città di Torino, capitale dinastica dei Savoia, alle due capitali del Rinascimento: Firenze prima (tra il 1865 e il 1871) e Roma dal 1871. Per la prima volta nella storia dell’Italia, il Rinascimento era tangibilmente identificato come stile nazionale. Imitando il modello francese, nella Germania nuovamente unita il Neo-Rinascimento divenne lo stile architettonico “semi-ufficiale” degli edifici pubblici, come il Parlamento (il Reichstag a Berlino (Fig.8), costruito fra il 1884 e il 1894), i municipi (il più famoso dei quali, ad Amburgo, edificato fra 1884 e 1897), tribunali, scuole, università, sedi di banche ed assicurazioni, palazzi dell’Opera (l’Alte Oper a Francoforte, fra il 1877 e il 1880) e anche stazioni ferroviarie, come, ancora, quella di Francoforte (1883-1885).

Fig. 8) Berlino. Il Reichstag costruito da Paul Wallot tra 1884 e 1894 (Neo-Rinascimento)


Fig. 9) Francoforte sul Meno. Alte Oper, costruita da Richard Lucae, Albrecht Becker e Edgar Giesenburg
tra 1873 e 1880 (Neo-Rinascimento)


In secondo luogo, per una serie di combinazioni, i movimenti artistici (assieme a quelli musicali) si posero all’avanguardia nella ricerca di un’identità nazionale. Rampley mostra come – con grande sorpresa degli storici della Scuola viennese – i loro colleghi non di lingua tedesca diedero vita a Scuole di storia dell’arte separate in tutto l’Impero, aprendo una nuova dinamica fra “centro” e “periferia” nelle discussioni sulla storia dell’arte: vennero fondati nuovi centri a Budapest (1872), Praga (1874), Zagabria (1878), Cracovia (1882), Leopoli (1893). Ognuna di queste scuole sosteneva la (ri)scoperta di uno stile nazionale, fondato sull’analisi e l’interpretazione dei legami diretti con il Rinascimento italiano (e quindi scavalcando Vienna). In questo senso furono passi importanti – ad esempio – l’invenzione di uno stile Neo-Rinascimentale Ceco (Vybíral); l’affermarsi del Neo-Rinascimento come stile comune per le nazioni slave meridionali, a partire dalla costruzione della prima Accademia di Arti e Scienze a Zagabria, finita nel 1880 (Conley and Makaš); l’organizzazione di una mostra di “Antichi Maestri” a Cracovia (1882), mostra che evidenziava la connessione diretta tra Italia e pittori polacchi attraverso i secoli (Ramsley);

Fig. 10) Zagabria. La prima Accademia di Arti e Scienze degli Slavi del Sud,
costruito da Hermann Bollé fra 1877 e 1880 (Neo-Rinascimento)

Questi due avvenimenti crearono dunque un nuovo contesto per i dibattiti sugli stili nazionali, dibattiti che si tenevano contemporaneamente a un duplice livello: nell’impero austroungarico nel suo complesso, dove lo storicismo (nelle sue diverse forme) divenne fonte di legittimazione contro le regole imposte da Vienna e da Budapest; a Vienna, dove la discussione sugli stili diventò una disputa sull’identità propria dell’Austria. Guardiamo come tutto questo influenzò la percezione dei vari stili.

Neo-Gotico: importato in Europa dalla Gran Bretagna liberale, ai suoi tempi lo stile con cui fu iniziata nel 1853 la chiesa che doveva essere il simbolo dell’unità dell’Impero (la Votivkirche), il Neo-Gotico venne percepito sempre più come il simbolo del potere espansionistico del Kaiser Guglielmo II, e sotto un certo aspetto come la rappresentazione visuale del pan-germanesimo (e quindi una minaccia per l’autonoma identità dell’Austria). Era comunque lo ‘stile nazionale’ preferito di coloro che desideravano l’integrazione dell’Austria in un più vasto mondo tedesco;

Neo-Rinascimento: mentre il Rinascimento era stato percepito una volta come simbolo di uno stile universale (si pensi al neoclassicismo), il Neo-Rinascimento divenne la lingua del nazionalismo politico in due aspetti fra loro antitetici: da un lato divenne lo stile dei cosiddetti Deutsch-nationalen (coloro che desideravano mantenere una forte presenza della lingua tedesca nell’Impero Austroungarico e – in ultima analisi – uscire dall’Impero per creare un’Austria autonoma di lingua tedesca, separata dalla Germania); d’altro canto fu lo stile delle nazioni e dei movimenti artistici non tedeschi, entrambi desiderosi di una più forte identità (l’uso delle lingue nazionali nelle università) e di maggiore autonomia politica se non di una possibile uscita dall’Impero.

Neo-Barocco: il Barocco era associato – in tutta Europa – alla controriforma e alla fortuna dei poteri dinastici (si pensi all’importanza del Barocco per i palazzi reali in Europa). In Austria-Ungheria, dunque, fu visto (si veda sotto) come lo ‘stile nazionale’ degli Asburgo, lo ‘stile nazionale’ di coloro che avevano una visione dell’Austria-Ungheria su base dinastica.

Per un Impero multinazionale e plurilingue (e per il suo nucleo di lingua tedesca attorno a Vienna) la disputa sugli stili nel XIX secolo ebbe dunque la stessa importanza per la propria identità collettiva che – per esempio – ebbe in Italia il ritorno della Questione della lingua (la disputa su quale tipo di Italiano dovesse essere usato nel Regno di Italia appena creato) subito dopo l’unificazione del Paese. Non si trattò (solo) di storia dell’arte, ma del futuro di una struttura politica chiamata Austria-Ungheria.

Il ruolo di Albert Ilg
Citando Dirk de Meyer, Rampley ricorda che “la moderna storia dell’arte e il nazionalismo divennero adulti insieme. Il senso di una comune identità nazionale poteva essere reso visibile, ad esempio, da tradizioni artistiche selezionate da riferimenti a monumenti artistici del passato. Questa visualizzazione dell'identità nazionale fu resa inoltre evidente dalla divisione dell’arte in scuole ‘nazionali’, una pratica che fu fissata ben presto nella storia della disciplina e per cui l’arte era letta come espressione visibile della specificità nazionale”.
Fino agli anni ’60, la Scuola di Vienna era stata un’eccezione. Fu con Albert Ilg che l’interesse della Scuola di Vienna si spostò sulla ricerca di uno ‘stile nazionale’. Ilg, tuttavia, si mosse per codificare un comune linguaggio della storia dell’arte per la dinastia asburgica e per l’Austria-Ungheria intesa nella sua interezza. Si oppose dunque ad ogni forma di separatismo, sia degli austriaci di lingua tedesca sia di quelli non di lingua tedesca. Ilg fu il campione del Barocco e del Neo-Barocco, contro il revival gotico e soprattutto contro l’odiato Neo-Rinascimento.
Albert Ilg si definì come un “Fachmann und Patriot” (un professionista e un patriota). È certo che proclamò frequentemente il suo supporto incondizionato alla famiglia degli Asburgo. Un tema ricorrente del suo lavoro fu l’attenzione sull’arte dell’Austria-Ungheria (Ilg, 1893) e la necessità di identificare uno stile nazionale artistico in Austria. In termini politici Ilg era estremamente conservatore (scrisse che “cannoni e baionette sono il nostro ultimo riparo contro la bestia del Socialismo” – si veda Ilg, 1889) e fu ancora più duro – spesso un intollerante – nei suoi attacchi polemici personalistici contro i colleghi. Anche l’autore del suo necrologio (normalmente chiunque parla bene di qualcuno che è appena defunto) non si astenne dal criticare la violenza delle polemiche di Ilg contro gli avversari (Boheim).

Fig.11) Haus der Industrie
Neo-Rinascimento
Nel 1880 Ilg pubblicò un pamphlet sotto lo pseudonimo “Bernini il giovane” (jüngere Bernini), con il titolo “Die Zukunft des Barockstils: eine Kunstepistel” (Il futuro dello stile barocco: una lettera sull’arte). In esso propose il neo-barocco come stile architettonico popolare per l’Austria-Ungheria, difendendo la tesi che un ritorno sarebbe dovuto essere il futuro dell’architettura austriaca. “Come scrive nel 1880 lo storico dell’arte Albert Ilg sotto lo pseudonimo di Bernini il giovane “Questo indirizzamento incipiente verso il Neo-barocco proviene dal basso. Gli indizi di ciò, quanto meno a Vienna, sono evidenti. La richiesta del Neo-barocco proviene direttamente dal popolo”. Alla domanda su quali fossero i motivi per un simile orientamento egli risponde: “Come già successo in passato, lo stile barocco provvede a tutto ciò che ci è essenziale e che – pur necessario già da secoli – non poté essere offerto dagli stili più antichi: il teatro, i nostri vestiti ancora barocchi, la carrozza, il pianoforte, lo smoking, i servizi da thé e caffè, e migliaia di altre piccole cose; tutte cose di cui certo non ci priveremmo (anche a prezzo di rinunciare al più bello stile rinascimentale che ci possa essere) e che (nel caso del barocco) mantengono la loro coerenza intima con lo stile generale dell’arte, perché questo stile stesso si è sviluppato con tutte loro”. Che lo stile barocco fosse visto come stile popolare, come lo stile dell’uomo comune è provato dalla comparazione tra la “Haus der Industrie” e la “Haus der Kaufmannschaft” in Schwarzenbergplatz a Vienna. Nel secondo edificio viene recepito il barocco austriaco, nel primo piuttosto uno spirito neoclassico, con una più forte aspirazione a potere e rappresentazione del medesimo” (Haas, p. 160).
Fig.12) Haus der Kaufmannschaft,
Neo-Barocco

Ilg non condivideva affatto l’entusiasmo imperiale per i piani urbanistici della Ringstraße. Un’analisi molto ricca e stimolante delle critiche di Ilg è contenuta in un articolo di Peter Stachel intitolato "Vollkommen passende Gefäße" und " Gefäße fremder Form": die Kritik des Kunsthistorikers Albert Ilg (1847-1896) an der Architektur der Wiener Ringstrasse, ihr identitätspolitischer Hintergrund und ihre kunstpolitischen Auswirkungen“. (“Edifici pienamente appropriati” e “Edifici di forme fuori luogo”:  le critiche dello storico dell’arte Albert Ilg (1847-1896) all’architettura della Ringstraße viennese, le loro motivazioni in termini di identità politica e il loro impatto sulla politica artistica“).
Come detto nell’articolo su Ilg (pubblicato in “Deutsche Biographie”) lo storico dell’arte viennese manifestò un primo, molto generale atteggiamento critico nei confronti della nuova pianificazione urbanistica di Vienna per via dei suoi dubbi sull’opportunità di utilizzare spazi occupati da strutture altamente simboliche, come le vecchie mura difensive (che avevano protetto la città dai Turchi per ben due volte), distruggendo parte dell’essenza architettonica della vecchia Vienna per creare una strada ad anello che egli considerava forse esteticamente bellissimo, ma sostanzialmente privo di utilità, posto che ci si dimenticava del tessuto stradale circostante.
Una seconda e molto più importante argomentazione riguardava la generale avversione di Ilg all’eccessivo eclettismo dello stile degli edifici. Qui Ilg (parlando sotto lo pseudonimo di Bernini il Giovane) cita se stesso:
“Bei Betrachtung der Ringstrasse, so Ilg, gewinne man den Eindruck, sie sei mit der Absicht erbaut worden, den Studenten die Anschaffung historischer Bauatlanten zu ersparen, mit Ausnahme einer ägyptischen Pyramide sei die ganze Architekturschichaiming forte vertreten. „Mit echter deutscher Gründlichkeit“ habe die Wiener Kunst alle historischen Kunststyle „durchgeschwitzt“ und „selbst das classische Hellenenthum aus der Berliner Surrogatsfabrik wurde uns nicht erspart“; erst ganz zuletzt sei man auf „unsere heimische Barocke gekommen“. (jüngere Bernini)

"Guardando alla Ringstraße, come dice Ilg, nasce spontanea l’impressione che sia stata costruita con l’intenzione di rassicurare gli studenti che non dovranno spendere denaro per comprare un qualsiasi atlante di storia dell’architettura: con la sola eccezione delle piramidi egizie, vi è rappresentata l’intera storia dell’architettura.  . ‘Con zelo veramente tedesco’ l’arte Viennese ha ‘diluito’ ogni stile artistico della storia e ‘non ci è stato nemmeno risparmiato l’Ellenismo della classicità proveniente dalle fabbriche di surrogati berlinesi‘; solo davvero alla fine siamo ‚arrivati al nostro Barocco genuino‘. (jüngere Bernini, Bernini the younger)

Tredici anni dopo il giudizio sulla natura austriaca del Barocco venne raffinato in prospettiva stilistica (Ilg, 1893): 

Das Entstehen und Emporblühen jener Kunstrichtung, welche herkömmlicher Weise mit dem Namen des sogenannten Barockstiles bezeichnet wird, ist in Österreich eine Erscheinung welche mit großen geschichtlichen und politischen Ereignissen auf das innigste zusammenhängt. Jene merkwürdige Kunstart stellt sich ordentlich als die Illustration einer neuen geistigen und materiellen Gestaltung aller Dinge im Vaterland dar; sie ist gewissermaßen auf dem Gebiete des sinnlich Wahrnehmbaren das neue Cachet für das neu gewordene Österreich. Während nämlich im XVI. und noch ziemlich tief hinein ins XVII. Jahrhundert dieses Landes infolge seiner nachbarlichen Lage zu Italien seit dem Erlöschen alles mittelalterlichen Wesen die Formen der Renaissance aufgenommen und weitergeleitet hatte, ohne es dabei aber zu einem local-charachteristischen Typus zu bringen, zeigt sich beiläufig seit der Mitte des XVII.Jahrhunderts der Barockstil als eine Richtung, die zwar keineswegs auf österreichischer Erde entstanden ist, sondern wie die Renaissance auf dem Wege des alten Verkehres beider Länder über die Alpen gedrungen ist, aber wohl als ein Stil, bei dessen Pflege sich heimischer Geist nicht bloß als recipierender Schüler erwies, sondern in dessen Form derselbe vollkommen eigene, für sein Wesen charakteristische Ideen zu zeugen, verstand. Es gibt eine österreichische Barocke von ausgesprochenem Typus, wie es eine italienische und französische gibt; ja, man kann beinahe ebenso in Frankreich bei uns von einem Stil Ferdinands III., Leopolds I., Josefs I. und Karl VI. sprechen wie dort von Louis treize, quatorze und quinze, nur aber, dass darunter in beiden Ländern sehr verschiedene Dinge verstanden sind.
Dagegen hat es keine österreichische Renaissance gegeben. Es wurden zwar schon under Ferdinand I. zahlreiche italienische Architekten berufen, um die verfallenen Städte, welche dem Anprall der Türkenmacht entgegensahen, nach den neuen Principien der italienischen  Fortifikationskunst mit geeigneteren Schutzwehren zu versehen. […] Was durch diese mächtige südliche Befruchtung nach Österreich gelangt war, verband sich wohl alsbald mit den noch vorhandenen Residuen  des nordisch-gothischen Kunstsinnes und gestaltete sich allmählich zu jenem eigentümlichen Gepräge, welches wir als sogenannte deutsche Renaissance kennen, besonders nachdem auch Einheimische im neuen Geiste des Südens zu schaffen versuchten. Aber diese deutsche Renaissance ist, wenn auch am frühesten auf österreichischer Erde, doch gleichzeitig auch in der Schweiz und im übrigen Süddeutschland aus denselben Einflüssen und Bedingungen entstanden. (pp.259-260)
La nascita e la fioritura di quello stile artistico che convenzionalmente è designato con il nome di Barocco è un fenomeno strettamente legato, in Austria, ai più importanti eventi storici e politici. Quello specifico stile artistico evolve efficacemente ad illustrare visivamente il nuovo disegno spirituale e materiale di tutte le cose in patria; sotto un certo punto di vista – nell’ambito di ciò che è percepibile dai nostri sensi, si tratta del nuovo segno distintivo della nuova Austria. Sin dall’estinzione di ogni traccia di Medio Evo, questo paese ha ricevuto e trasmesso – nel XVI ed anche nel XVII secolo – le forme del Rinascimento, come risultato della sua vicinanza fisica all’Italia. Tutto ciò è successo senza che si sviluppasse un qualsiasi typus locale di stile rinascimentale.  Come il Rinascimento, anche il Barocco è stato condiviso sulle strade dell’antico legame fra i due Paesi al di qua e al di là delle Alpi, a partire dalla metà del 1600. Tuttavia lo stile barocco – anche se si mostra qui come uno stile senza dubbio non originato sul suolo austriaco – è sostenuto dallo spirito locale. Questo spirito locale non agisce solo al fine di riceverne i precetti, ma capisce anche come produrre specifiche idee per la propria essenza. Esiste un Barocco Austriaco con caratteristiche peculiari, esattamente come esistono un barocco italiano ed un barocco francese.  Sì, è possibile parlare con noi di uno stile Ferdinando III, Leopoldo I, Giuseppe I e Carlo VI, esattamente come in Francia si può parlare di un Barocco di Luigi XII, XIV e XV (anche se nei due paesi gli stessi termini possono essere compresi in maniera davvero differente).
Al contrario, non c’è stato un Rinascimento austriaco. A dire il vero, sotto Ferdinando I numerosi architetti italiani furono incaricati di mettere mano alle nostre città in rovina, che dovevano essere riparate dopo lo scontro contro il potere turco, per munirle coi nuovi principi dell’arte fortificatoria italiana e sistemi di difesa più appropriati. […]
Ciò che passava attraverso questa importante attività di fertilizzazione dal Sud verso l’Austria si coniugò molto in fretta con quanto residuava del senso dell’arte nel nord-gotico e diede vita a quello stile particolare che noi conosciamo come il cosiddetto Rinascimento Germanico, specialmente dopo che anche i tedeschi cercarono di agire artisticamente nel nuovo spirito del Sud. Ma questo Rinascimento germanico, anche se presente in un primissimo momento in Austria, fiorì contemporaneamente in Svizzera e altrove nella Germania del Sud, dalle stesse influenze e condizioni (pp. 259-260).


Citando Ilg, Stachel (2006) osserva che il nostro autore – sotto lo pseudonimo di Bernini il Giovane – non solo rese un omaggio complessivo al Barocco come cultura e stile che avevano lasciato un segno profondo nella cultura austriaca in senso lato, ma anche che ne dava una precisa lettura politica: il Barocco era ed è lo stile del dominio asburgico sull’Europa. Ilg scrive che “è un dato di fatto che solo uno specifico stile artistico può essere il più appropriato per un popolo, ed è quello stile che corrisponde e rappresenta quel popolo, se il suo fiorire corrisponde al fiorire di ulteriori fattori di prosperità. In Austria questo è stato solo il caso del Barocco”. Ilg cita la vittoria sui turchi invasori così come il successo della controriforma in tutti i paesi sotto il controllo austriaco, la sostituzione delle famiglie nobiliari protestanti con altre cattoliche, il ruolo degli ordini religiosi e molti altri fattori come tutti elementi che sono stati di supporto allo stile barocco.
Da ultimo, il Barocco è considerato lo stile nazionale anche in termini dell’intima correlazione di questo stile artistico con la natura del popolo austriaco. Ilg sviluppò due suoi lavori su questo argomento.

Wenn man die Parallele zieht zwischen den geistigen Eigenschaften jenes Stils und denen des österreichischen Volkes, so stört in solchem Vergleiche allerdings nicht die kleinste Dissonanz. Die zwei sind wahrlich für einander wie geschaffen, im Guten und Minder-Guten taugen sie zusammen wie Futteral und Inhalt. […] Das österreichische Wesen ist die leibhaftige Barockfaçade: lustig und frisch und immer lächelnd, nirgends langweilig, voller Capricen und guter Dinge, ein ganzes Nest an Ueberraschungen. Wo der ruhige Deutsche zweifelsohne die regelrechte Gerade einhalten würde, das springt dies warme Blut in zehn Brüchen und Winkelchen zurück, versteckt sich neckisch in Nischen, hüpft im verkröpften Gesimse hervor oder schwingt sich sorglos in tollem Volutenbogen über die ganze Geschichte hinweg. Doch du kannst ihm nicht böse sein darob […] der ist gerade so, wie man ihn allein lieb haben kann“ (jüngere Bernini, P. 42)
Die Geschichte hat Österreich-Ungarn mit seiner merkwürdigen und wichtigen Stellung zwischen Occident und Orient, zwischen dem heitern Italien und dem ernsten Deutschland, eine so bedeutsame großartige Rolle ertheilt, eine Mission von so hohen Werthe für die gesammte Welt, dass ein geistreicher Mann mit Recht sagen dürfte: wenn dieses Österreich nicht so bestände, so müsse man es schaffen. Naturgemäß  müssen in einem solchen Staatwesen die mannigfachen geistigen Elemente, welche hier inbegriffen sind, auf einander  wirken und kann dadurch nur ein Gesammtbild geistigen Lebens entstehen, welches von so verschiedenen Elementen berührt, die interessantesten Seiten darbietet. Wohl mag da zuweilen jene friedsame Ruhe der Entwicklung fehlen, wie sie unter anderen Umständen im Culturleben gedeihen kann; wohl mag hier von Störungen, Unterbrechungen, Kämpfen und unerreichten Zielen oftmals die Rede sein, aber gerade diese stete Gährung der verschiedensten geistigen Gewalten gibt dem heimatlichen Culturgemälde eben auch den ureigensten Reiz. (Ilg, 1983)
Se si traccia il parallelo tra le qualità spirituali di quello stile [n.d.r. il Barocco] e quelle del popolo austriaco, non si avverte la benché minima dissonanza nel confronto. I due sono fatti l’uno per l’altro, come un fodero e la sua spada […]. L’essenza austriaca è l’incarnazione della facciata barocca: divertente, e fresca, e sempre sorridente, mai noiosa, piena di capricci e di buone cose, un nido intero pieno di sorprese. Mentre il tedesco tranquillo si atterrebbe senz’altro alla pura linea retta, il sangue caldo scorre avanti e indietro in dieci fessure e piccoli angoli, si nasconde divertito nelle nicchie, salta fuori in cornici piegate ad angolo o si muove oscillando senza cura in grandi archi a volute. Ma non si può minacciare di essere cattivo con lui […]; è fatto in maniera tale che puoi solo amarlo” (Bernini il Giovane, p. 42).
La storia ha attribuito all’Austria-Ungheria un ruolo così grande, con relazioni specifiche ed importanti tra l’Occidente e l’Oriente, tra l’Italia, allegra, e la seria Germania, una missione di tale valore per il mondo intero che un uomo di spirito potrebbe giustamente dire: se l’Austria non esistesse, bisognerebbe inventarla. In natura, è proprio in una comunità politica di questo tipo che la varietà degli elementi spirituali inclusi qui [n.d.r. nel Barocco] possono interagire fra loro; in una situazione simile si può sviluppare solo una visione della vita spirituale che, influenzata da vari elementi, ne presenti i lati più importanti. Certo, a volte potrebbe mancare la tranquillità di uno sviluppo sereno, che potrebbe prosperare in altre circostanze della vita spirituale; probabilmente qui potrebbe essere frequenti i riferimenti a malfunzionamenti, interruzioni, lotte ed obiettivi non raggiunti, ma proprio questo continuo fermentare di varie potenzialità intellettuali dà al quadro complessivo della nostra cultura il suo proprio fascino (Ilg, 1883).

Ilg vuole differenziare lo sviluppo del Barocco nell’Austria-Ungheria – come autonomo stile regionale, comune a tutte le regioni dell’Impero multinazionale – dal Rinascimento e dal Barocco italiano. Sviluppa inoltre argomentazioni fortemente polemiche contro il neogotico e specialmente contro il Neo-rinascimento in Germania (dove Monaco, in particolare, diventa un esempio delle “Deutsch-Renaissance Allotrien” ovvero delle “futilità tedesco-rinascimentali”). Stachel (2006) spiega che la polemica contro l’influenza tedesca sullo stile significa anche il tentativo di contrastare le tendenze “deutschnationalen” nell’arte, ovvero l’opposizione alle tesi di quella parte della popolazione di lingua tedesca nell’Austria-Ungheria che vorrebbe la secessione dall’Impero asburgico, o per aderire a un’entità politica da “grande Germania” o per creare un’Austria come Stato separato di lingua tedesca (come alla fine avvenne dopo la Prima Guerra Mondiale). Ecco una citazione da Ilg sull’argomento (tratta dall’articolo di Bernini il Giovane):

Gerne lassen wir den geehrten Stammesgenossen ihre deutsche Renaissance, welche die Stilart ihrer Reformationszeit sein soll und ihnen das sicherste Präservativmittel gegen das Franzosenthum zu gewähren scheint. Mögen sie damit glücklich sein, denn die Kunst, in welcher nicht der Baukünstler und Maler und Bildhauer, sondern der Tischler die erste Violine spielt, passt völlig für ihre Natur. Sie thun ganz recht daran: es ist eine biedere, brave, solide, hausväterische und im Vergleich zu anderen auch ziemlich billige Kunstsorte. In jedem solchen Kasten muß man sich einen Pastorenrock hängen denken.
Noi siamo felici di lasciare ai nostri onorati compagni, gente che potrebbe vivere nelle tribù, il loro Rinascimento tedesco, che dovrebbe essere lo stile dell’epoca della Riforma e che sembra assicurar loro un mezzo per proteggersi con la massima sicurezza dalla cultura francese. Possano costoro essere felice con esso, perché un arte in cui non gli architetti, i pittori o gli scultori suonano il primo violino, ma i carpentieri, è tutto quello che fa al caso loro. Fate davvero bene a fare così: si tratta di un’arte valida, coraggiosa, solida, per i buoni padri di famiglia e, a confronto con altri posti, anche abbastanza a buon mercato. In ogni caso, preparatevi ad indossare una giacca da pastore.

Solo il Barocco, secondo Ilg, ha la capacità di unire tutte le individualità nazionali e, di fatto, si tratta di un mosaico con composizioni differenziate:  “Non il Neo-rinascimento, come spesso affermato dai suoi contemporanei, ma il Neo-barocco è per Ilg lo ‘stile sovranazionale’ per antonomasia e quindi l’‘antidoto’ appropriato contro gli stili edificativi espressamente nazionali e, al tempo stesso, lo stile costruttivo dinastico e sovranazionale di uno Stato austriaco sovranazionale” (Stachel, 2006).

A parte le discussioni animate e i pamphlet roventi, Ilg riuscì ad avere un impatto sulla direzione della storia dell’arte in Ungheria? Sì, ce la fece, convincendo gli Asburgo e l’amministrazione imperiale della necessità di preferire il Neo-barocco agli altri stili. Tuttavia, sotto la pressione dell’opinione pubblica, il Neo-rinascimento rimase di gran lunga il preferito tra il pubblico. Stachel cita due episodi nelle sue carte.
Primo: anche come conseguenza di violenti scambi di accuse sulla stampa, la costruzione di quello che simbolicamente doveva essere il palazzo più importante della Ringstraße fu continuamente ritardata: il Kaiserforum, dove la famiglia degli Asburgo avrebbe dovuto trasferire la sua residenza. Il più noto architetto dell’epoca, Gottfried Semper, preparò un gigantesco progetto in stile Neo-rinascimentale, che avrebbe rivaleggiato con i principali palazzo reali europei. Solo l’idea che la famiglia imperiale trasferisse la propria residenza da uno degli edifici imperiali costruiti dai suoi paladini, gli architetti Johann Bernard e Joseph Emanuel Fischer von Erlach, a un sontuoso palazzo barocco neo-rinascimentale fece diventare Ilg letteralmente pazzo.  Impedirlo divenne il principale obiettivo delle sue polemiche per anni. Lo sviluppo del progetto fu rimandato così a lungo che divenne proibitivamente costoso. La costruzione sarebbe dovuta cominciare nel 1913, ma la Prima Guerra Mondiale la rese impossibile.

Fig. 13) Progetto di Gottfried Semper per il Kaiserforum sulla Ringstraße (Neo-Rinascimento)


Secondo:  la famiglia imperiale finanziò direttamente la costruzione di palazzi dell’Opera in tutta l’Austria-Ungheria. Quasi tutti i progetti furono commissionati a un singolo studio di architetti, posseduto da Fellner & Helmer. Costoro costruirono quaranta palazzi dell’Opera, alcuni dei quali addirittura fuori dall’Impero. La città di Graz era una roccaforte dei deutsch-nationalen, anche a causa di un diffuso sentimento anti-slavo. Per questo motivo la città voleva assolutamente che il suo palazzo fosse in stile neo-rinascimentale, ma gli Asburgo imposero un edificio neo-barocco. Fu un altro caso di violento contrasto.


Fig.14) Graz. Teatro dell'Opera, costruito dallo studio Fellner & Helmer nel 1899 (Neo-Barocco)

Più in generale, fra il 1885 e il 1894, Ilg animò un gruppo di critici d’arte e musicali conservatore (chiamato ‘il circolo di Ilg’ - Ilg-Kreis) assolutamente contrario alle nuove tendenze estetiche viennesi, a favore della tradizione (‘ciò che è normale, saggio e semplice’) e contro tutto ciò che essi definivano ‘mostruoso’ ed ‘abnorme’ (Stachel, 2006). Il gruppo pubblicò un giornale, intitolato “Gegen den Strom - Flugschriften einer literarisch-künstlerischen Gesellschaft” (Controcorrente – Manifesti di una società artistico-letteraria). In quegli anni una polemica del tutto analoga opponeva a Vienna (e, da Vienna, tutto il panorama musicale europeo) i due partiti ‘a favore di Brahms’ e ‘a favore di Bruckner’. In termini di teoria della musica, il primo difendeva l’equilibrio classico viennese contro il Wagnerismo troppo magniloquente, e il secondo promuoveva un radicale post-romanticismo.  
Ilg morì nel 1896, apparentemente come conseguenza di una malattia nervosa improvvisa e pesantissima. Da quello che abbiamo letto, non doveva aver conosciuto molta calma nei suoi 49 anni di vita. Il suo progetto di fare del Barocco lo stile della futura Austria-Ungheria fallì. E tuttavia non fu solo la storia (la sconfitta dell’Austria-Ungheria nella Prima Guerra Mondiale e la cacciata degli Asburgo dall’Austria) a rendere irrilevanti molti dei suoi obiettivi: un anno dopo la sua morte veniva creato a Vienna il Gruppo della Secessione, e da quel momento tutte le discipline artistiche si indirizzarono a una radicale modernizzazione del gusto, al rifiuto dello storicismo fino ad allora prevalente e – semmai – accolsero solo qualche influenza dal Neo-gotico. L’effimera battaglia fra neo-rinascimento e neo-barocco era destinata ad essere dimenticata presto.

Julius von Schlosser contro Albert Ilg
Si è già detto che Ilg era solito alimentare violentissimi scambi polemici, cosa che inevitabilmente non suscitò grande simpatia nei suoi confronti. Venticinque anni dopo la sua morte, nel 1934, Julius von Schlosser scrisse un famoso articolo sulla storia della Scuola Viennese di Storia dell’Arte. Le sue parole su Albert Ilg (che era stato il curatore della seconda serie delle Quellenschriften in cui Schlosser aveva lavorato) furono assolutamente gelide e scarne. L’articolo viene citato qui sotto (la traduzione è dalla versione inglese di Karl Johns (von Schlosser, 1934)).
“Anzitutto, si deve comunque ricordare Albert Ilg (nato nel 1847, morto nel 1896, curatore della Collezione delle Ambre), un uomo davvero di talento ma anche un’intelligenza priva di disciplina. Fu alunno di Eitelberger, che lo impiegò anche nel suo Museo sin dal 1871 e che lo coinvolse specialmente nella curatela delle ‘Quellenschriften’. Già nel 1880 pubblicò un breve scritto polemico, dai toni sarcastici (The Future of the Baroque Style Vienna: Manz 1880), sotto lo pseudonimo di Bernini il Giovane. Qui, come in altre pubblicazioni, egli si schierò appassionatamente a favore dell’emergente Neo-Barocco, che, nella sua strana e a volte non immotivata convinzione di incarnare il prototipo del vero austriaco (‘Stockösterreicher’), descrisse come lo ‘stile nazionale’ austriaco. […] La sua raccolta di fonti sulla biografia di Johann Bernhard Fischer von Erlach (perché non si tratta d’altro) non fu pubblicata fino al 1895, poco prima della sua morte.”
A parte l’antipatia personale, Ilg e Schlosser appartenevano a due mondi diversi. In termini politici, chiaramente non la pensavano allo stesso modo. La principale preoccupazione di Ilg era di salvaguardare l’identità dinastica dell’Austria-Ungheria dall’assimilazione culturale di Germania ed Italia. A questo scopo, egli sviluppò un radicato sentimento anti-tedesco. L’articolo di Von Schlosser fu scritto vent’anni dopo che gli Asburgo erano stati costretti ad abbandonare Vienna. Schlosser stesso, ad ogni modo, nutriva simpatie politiche per i Deutsch-nationalen (Aurenhammer), e – proprio nell’ultimo anno della sua vita (il 1938) si espresse a favore dell’Anschluß , ovvero dell’incorporazione dell’Austria al Terzo Reich forzata da Hitler pochi mesi prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale (Lersch).
Più in generale, von Schlosser aveva fatto del perseguimento di contatti culturali con Italia e Germania una delle missioni della sua vita, come reso chiaro dalla sua amicizia pluridecennale con il filosofo italiano Benedetto Croce e col linguista e romanista tedesco Karl Vossler. Per lui l’identità culturale tedesca si preservava non differenziando l’arte (e la storia dell’arte) austriaca dai paesi vicini, ma, attraverso un’intensa integrazione culturale, mirando a una comprensione di tipo globale della cultura.
Bisogna dire che il contributo della Scuola di Vienna al dibattito sullo stile nazionale non finì con la morte di Ilg. Anche grazie a tutte le sue contraddizioni identitarie Vienna rimase un centro artistico vitale ed innovativo. Per un articolo sulla Scuola di Vienna e l’architettura moderna si veda Vybíral (2009).

Conclusioni
Vienna fu un laboratorio per lo sviluppo dell’architettura e dello stile, ma anche della storia dell’arte durante il periodo della Ringstraße. Gli sviluppi andarono avanti di pari passo con gli eventi geopolitici.
Fra il 1850 e il 1860, la prima generazione della Scuola di Storia dell’Arte Viennese fu caratterizzata, con Rudolf Eitelberger von Edelberg, da quattro elementi: (i) senso di appartenenza a un comune contesto artistico multinazionale e multiculturale, con radicazioni profonde in tutti i periodi storici e estese relazioni con i più importanti paesi europei; (ii) visione eclettica dello storicismo architettonico; (iii) identità culturale dell’Austria-Ungheria caratterizzata da liberalismo e pluralità di stimoli intellettuali, e (iv) senso di apertura verso le innovazioni urbanistiche a Vienna. All’epoca, l’Austria-Ungheria era ancora più potente di qualsiasi altro paese vicino, copriva lo stesso territorio che era stato messo sotto il suo controllo con il Congresso di Vienna nel 1815 ed era all’avanguardia in tutta una serie di aspetti (si pensi al lancio del progetto della Ringstraße).
Vent’anni dopo, dopo la pubblicazione (1880) del suo pamphlet sul futuro del Barocco, Albert Ilg diede vita a un’attività polemica come storico dell’arte e pubblicista che avrebbe modificato tutti e quattro questi elementi: Ilg individuava un solo stile nazionale per tutto l’Impero (Barocco per il passato, neo-barocco per il futuro), in opposizione alle influenze culturali provenienti dall’estero (dalla Germania, in particolare) e come elemento unificatore per un Impero esposto a tensioni nazionalistiche. L’eclettismo veniva rinnegato, e l’innovazione urbanistica secondo una pluralità di stili era vista come una manifestazione di mancanza di coerenza. La sua concezione dell’Austria era conservatrice e dinastica, il suo era un pensare difensivo. Odiava letteralmente l’influenza tedesca sulle arti e qualsiasi altra cosa che dalla Germania provenisse. Non è escluso che egli vedesse più chiaramente di molti altri i rischi a cui era esposta l’Austria-Ungheria, con le sfide esterne della riunificazione della Germania e dell’Italia e l’instabilità domestica causata dal nazionalismo confliggente di popolazioni di lingua tedesca e non. La sua identificazione del Neo-Rinascimento come il ‘negativo’ e del Barocco come del ‘positivo’ può essere vista come il segno di una radicalizzazione nei dibattiti sulla storia dell’arte, in un momento in cui i tempi dorati dell’ Austria Felix stavano ormai per finire.
Alla fine del nostro viaggio, abbiamo preso nota del netto rifiuto di Julius von Schlosser rispetto alle tesi di Ilg, nel 1934. L’Austria-Ungheria era scomparsa da quasi vent’anni, e i violenti toni anti-tedeschi erano stati sostituiti da una nuova prossimità con il potente vicino di casa. Una visione dell’identità artistica dell’Austria tutta difensiva era stata sostituita dall’individuazione di aree comuni di lavoro e reciproca influenza, con il Rinascimento come fonte comune di ispirazione per Austria, Germania ed Italia. Tuttavia, non possiamo non prendere atto di un falso senso di sicurezza: solo due anni dopo l’articolo scritto da Schlosser, con la guerra civile spagnola, un decennio di distruzione avrebbe cambiato l’Europa per sempre. Lo stesso anno in cui morì, nel 1938, Schlosser avrebbe visto le truppe di Hitler entrare a Vienna. Mentre i suoi amici Benedetto Croce e Karl Vossler si sarebbero schierati nettamente contro i rispettivi regimi totalitati in Italia e Germania, la posizione di von Schlosser sarebbe stata certamente più ambigua.

______________________________________________________________________________

Appendice 1) Esempi di architetture neogotiche, neorinascimentali e neo barocche nelle altre città dell'Impero

Fig. 15) Budapest. Il Parlamento costruito da Imre Steindl in stile Neogotico fra 1885 e 1904

Fig.16) Budapest. Basilica di S.Stefano, costruita in Stile Neo-Rinascimentale
da József Hild and Miklós Ybl fra 1851 e 1906

Fig. 17) Budapest. Burg Palace, costruito da Miklós Ybl and Alajos Hauszmann fra 1890 e 1903 in Stile Neo-barocco
Completamente distrutto durante la Seconda Guerra Medievale

Fig. 18) Praga. Palazzo Rudinolfum, costruito da Josef Zítek and Josef Schulz, fra 1876 e 1884

LIST OF SOURCES

Aurenhammer Hans H. - Zäsur oder Kontinuität?, Das Wiener Kunsthistorische Institut im Ständestaat und im Nationalsozialismus, in: Wiener Jahrbuch für Kunstgeschichte, 2004, S. 11-54.

Boheim Wendelin - Albert Ilg, in: Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen der Allerhöchsten Kaiserhauses, XIX Band, Tempksy, Vienna, Prague, Lipsia, 1989, pp. 353-359

Cennini, Cennino - Das Buch von der Kunst oder Tractat der Malerei des Cennino Cennini da Colle di Valdelsa, übersetzt, mit Einleitung, Noten und Register versehen von Albert Ilg, Neudruck der Ausgabe 1871, Wagener Edition, Melle, 2008

Cennini, Cennino - Das Buch von der Kunst oder Tractat der Malerei des Cennino Cennini da Colle di Valdelsa, übersetzt, mit Einleitung, Noten und Register versehen von Albert Ilg, Wilhelm Braunmüller. Wien, 1871
See:
http://books.google.com.au/books?id=MfoGAAAAQAAJ&printsec=frontcover&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q=cennino&f=false

Damljanobvić Conley, Tanja and Gunzburger Makaš, Emily – Shaping Central Europe and Southeastern European Capital Cities in the Age of Nationalism, in: Emily Gunzburger Makaš, Tanja Damljanobvić Conley, Capital Cities in the Aftermath of Empires: Planning in Central and Southeastern Eastern, Routledge, Oxfordshire, 2010, pp. 1-28

Dobslaw, Andreas – Die Wiener „Quellenschriften“ und ihr Herausgeber Rudolf Eitelberger von Edelberg, Deutscher Kunst Verlag, Berlin München, 2009

Es ist Mein Wille, Wiener Zeitung, 25 Dezember 1857, S. 1-2. See: http://de.wikisource.org/wiki/Die_Erweiterung_der_Stadt_Wien

Haas, Hanns / Stekl, Hannes (Hg.). Bürgerliche Selbstdarstellung. Städtebau, Architektur, Denkmäler. Bürgertum in der Habsburgermonarchie, Böhlau Verlag, Wien, Köln Weimar, 1995

Ilg, Albert – in Deutsche Biographie. See: http://www.deutsche-biographie.de/sfz36305.html

Ilg, Albert (Hrsg.), Kunstgeschichtliche Charakterbilder aus Österreich-Ungarn, unter Mitwirkung von Moriz Hoernes, Robert Ritter von Schneider, Josef Strzygowski, Josef Neuwirth, Heinrich Zimmermann, Alfred Nossig, Herausgegeben von Albert Ilg, Prag Wien, F. Tempsky, 1893

Ilg, Albert – Nur nicht Österreichisch!, Wien 1885 (Gegen den Strom 1).

Ilg, Albert – Das schwarze Kameel, Wien 1989 (Gegen den Strom 22)

(Der) jüngere Bernini [Albert Ilg] - Die Zukunft des Barockstils: eine Kunstepistel, 1880

Lachnit, Elvig – Die Wiener Schule der Kunstgeschichte und die Kunst ihrer Zeit. Zum Verhältnis von Methode und Forschungsgegenstand am Beginn der Moderne, Böhlau, Wien, Köln, Weimar, 2005

Landwehr, Eva-Maria - Die Kunst des Historismus, UTB, Böhlau Verlag, Köln Weimar Wien, 2012

Lersch Thomas – Schlossers Hakenkreuz. Eine Replik, in: Kritische Berichte, Ulmer Verlag, 4/90

Mihail, Benôit – Nationalism and Architecture in Nineteenth-Century France. The Example of the French Renaissance Revival, Linda Van Santvoort, Jan De Maeyer and Tom Verschffel, eds. Sources of Regionalism in the Century, Leuven University Press, 2008, pp. 59-69

Presbyter, Theophilus - Schedula Diversarum Artium, I. Band, Revidierter Text, Übersetzung und Appendix von Albert Ilg. Anonymus Bernensis, zum ersten Male herausgegeben und übersetzt von prof. Dr. Hermann Hagen, Neudruck der Ausgabe 1874, Otto Zeller Verlag, Osnabrück, 1970

Presbyter, Theophilus - Schedula Diversarum Artium, I. Band, Revidierter Text, Übersetzung und Appendix von Albert Ilg. Anonymus Bernensis, zum ersten Male herausgegeben und übersetzt von prof. Dr. Hermann Hagen, Wilhelm Braunmüller. Wien, 1874

Rampley, Matthew – The Vienna School of  Art History, Empire and the Policy of Scholarship, 1847-1918, Pennsylvania State University, 2013

Riesenfellner, Stefan (Hrg) – Steinernes Bewußtsein I. – Die öffentliche Repräsentation staatlicher und nationaler Identität Österreichs in seinen Denkmälern, Böhlau Verlag, Wien Köln Weimar, 1998

Stachel, Peter - "Vollkommen passende Gefäße" und " Gefäße fremder Form": die Kritik des Kunsthistorikers Albert Ilg (1847-1896) an der Architektur der Wiener Ringstrasse, ihr identitätspolitischer Hintergrund und ihre kunstpolitischen Auswirkungen, East Central Europe = L'Europe du Centre-Est, Vol. 33, Nº. 1-2, 2006  pag. 269-292

Stachel, Peter – Albert Ilg und die „Erfindung“ des Barocks als österreichischer „Nationalstil“, in Csáky, Moritz; Celestini, Federico; Tragatschnig, Ulrich (Hrg), Barock ald Ort des Gedächtinisses. Interpretament der Moderne/Postmoderne,  Böhlau, Wien, Köln, Weimar, 2007

von Schlosser, Julius - Die Kunstliteratur: ein Handbuch zur Quellenkunde der neueren Kunstgeschichte, Kunstverlag Anton Schroll & Co, Wien, 1924

Von Schlosser, Julius - Julius von Schlosser, The Vienna School of the History of Art - Review of a Century of Austrian Scholarship in German, in:  Journal of Art Historiography, no 1, December 2009,
Translation by Karl Johns of: Die Wiener Schule der Kunstgeschichte‘, Mitteilungen des österreichischen Institut für Geschichtsforschung Ergänzungs-Band 13, Heft 2, Innsbruck, Wagner 1934.

Vybíral, Jindrĭch - “… die Kunst muss aus nationalem Boden hervorgehen“. Die Erfindung des tschechischen Nationalstils, in: Matthias Krüger – Isabella Woldt (eds). Im Dienste der Nation. Identifikationsstiftungen und Identitätsbrüche in Werken der bildenden Kunst, Berlin 2011, pp. 77-94.
See:

Vybíral, Jindrĭch – National Identity and Style. Constructing National Identity on the Example of Czech Architecture of the 19th Century, in: Vendula Hnídková, National Style. Arts and Politics, Praha 2013, pp. 148-162.

Vybíral, Jindrĭch –The Vienna School of Art History and (Viennese) Modern Architecture, in Journal of Art Historiography, Number 1, December 2009


Nessun commento:

Posta un commento