Francesco Mazzaferro
Come tenere insieme l'Impero Austro-Ungarico:
le dispute architettoniche
le dispute architettoniche
sullo 'Stile nazionale' e il ruolo di Albert Ilg
Varieta’ di stili come identita’ di un Impero
multinazionale
Il 18 febbraio 1853 il giovane Imperatore Francesco Giuseppe (aveva 23 anni) scampò a un attacco terroristico; in segno di sollievo e di riconoscenza per il pericolo evitato la Casa imperiale decise di costruire una nuova chiesa, che sarebbe stata finanziata con donazioni su base volontaria provenienti da tutte le regioni dell’Impero e che sarebbe dovuta essere un simbolo dell’unità dell’Impero stesso. Sul luogo dell’attentato,a Vienna fu costruita, fra il 1856 e il 1879, la Votivkirche (fig.1). Era in stile neo-gotico.
Nel 1857 Francesco Giuseppe decise di demolire le mura difensive di Vienna e di rimpiazzarle con una strada a forma di anello, la Ringstraße, che sarebbe servita da circonvallazione storica, ospitando sia i simboli del potere asburgico sia le infrastrutture amministrative della città rinnovata. Si trattava, in termini simbolici, di un passo importante: le mura che, ai loro tempi, avevano difeso due volte Vienna dagli Ottomani venivano ora rimpiazzate per permettere una radicale modernizzazione della capitale dell’Impero.
Pianificare una capitale rinnovata coi simboli di tutti i principali stili architettonici del passato era inoltre coerente con la logica di un impero multinazionale che si estendeva ben al di là dell’Austria, da Cracovia a Praga, da Leopoli a Černivci, da Dubrovnik a Trieste, da Venezia a Milano.
Fig.2) Miklós Barabás (1810-1898)
L'Imperatore Francesco Giuseppe (1853)
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Potrebbe sembrare che costruire una chiesa in neogotico come simbolo dell’unità dell’Impero fosse, nel 1856, una scelta con lo sguardo rivolto al passato. Non era così: l’architetto, Heinrich Festel, era un coetaneo dell’Imperatore (aveva 26 anni). Solo pochi anni prima, John Ruskin aveva scritto (1851-1853) Le pietre di Venezia, un lavoro sulla teoria dell’architettura gotica. Esattamente in quegli anni, inoltre, la corte prussiana stava finanziando i lavori di completamento della (gotica) Cattedrale di Colonia (Fig,3), come simbolo dell’identità culturale del paese in una Germania politicamente ancora non unificata.
Fig. 3) Colonia, 1856. La costruzione della Cattedrale (Neo-Gotico) |
L’editto “Es ist Mein Wille”, del 25 dicembre 1857 conteneva la lista di tutti i futuri palazzi, giardini, piazze e del loro posizionamento. L’editto contemplava “la creazione di palazzi ufficiali – fra cui il nuovo quartier generale dell’esercito, la guarnigione della città, l’Opera, l’Archivio imperiale, il Palazzo Comunale… e gli edifici necessari per musei e gallerie…”. Fra questi edifici troviamo oggi, fra gli altri, il Parlamento, il Palazzo Comunale, il Museo di Storia dell’Arte (Fig. 4), il Museo di Scienze Naturali, l’Università, il Teatro di Corte (Fig. 5) e l’Opera di Vienna.
Fig. 4) Vienna, Kunsthistorisches Museum costruito da Carl von Hasenauer e Gottfried Semper tra 1871 e 1891 (Neo-Rinascimento) |
Fig. 5) Vienna, Burgtheater costruito da Gottfried Semper and Karl von Hasenauer fra 1874 e 1888 (Neo-Barocco) |
L’editto, inoltre, indiceva una competizione architettonica e chiedeva espressamente di preparare un progetto complessivo. Veniva messa particolare enfasi sul fatto che era lasciata agli architetti libertà di scelta (freier Spielraum). “È indetta una competizione per arrivare a un progetto complessivo; la competizione riguarda anche la stesura di un programma urbanistico in linea con i principi generali qui descritti. Per il resto, tuttavia, i concorrenti saranno liberi nella preparazione dei loro progetti, per far sì che proposte appropriate non debbano essere escluse.”
Il risultato finale del concorso fu una combinazione di importanti edifici concepiti in differenti stili architettonici, in linea con l’approccio eclettico dello Storicismo. La differenza negli stili fu anche il risultato di una concezione – tipica di quella scuola architettonica – che abbinava un determinato stile a una data categoria di edifici. Per esempio, tutta una serie di Parlamenti e di palazzi comunali fu costruita in gotico in quegli anni, in tutto il mondo (il Palazzo Comunale di Monaco, la cui costruzione cominciò nel 1867, o il Parlamento Canadese ad Ottawa, nel 1878), secondo il modello di Westminster (la cui ricostruzione era partita nel 1840) e seguendo l’idea di Ruskin secondo cui il gotico Palazzo Ducale di Venezia era il modello ideale per un edificio pubblico. Usare il neogotico era in linea anche con l’idea che i palazzi comunali dovessero essere il simbolo di una borghesia prosperosa ed attiva, come sarebbe stata quella del Medio Evo. Non fu quindi una sorpresa se il palazzo comunale di Vienna, lungo la Ringstraße fu costruito nello stile del Gothic revival (Fig. 6). “Il palazzo comunale adottò lo stile gotico, individuato come quello dei tempi passati dell’autonomia della borghesia urbana; il Parlamento [n.d.r. di Vienna], con le sue forme neo-attiche resuscitò il mondo paradigmatico della democrazia greca, e l’Opera (Fig. 7) fu fatta risplendere con lo stile neorinascimentale, nobile e internazionalmente ben apprezzato” (Eva-Maria Landwehr). Va da sé che quello che accadeva a Vienna ebbe importanti implicazioni in tutto l’Impero, innanzi tutto a Budapest (Haas).
Fig. 6) Vienna. Palazzo Comunale, costruito da Friedrich von Schmidt fra 1872 e 1883 (Neo-Gotico) |
Fig. 7) Teatro dell'Opera costruito da August Sicard von Sicardsburg e Eduard van der Nüll tra 1861 e 1869 (Neo-Rinascimento) |
Pianificare una capitale rinnovata coi simboli di tutti i principali stili architettonici del passato era inoltre coerente con la logica di un impero multinazionale che si estendeva ben al di là dell’Austria, da Cracovia a Praga, da Leopoli a Černivci, da Dubrovnik a Trieste, da Venezia a Milano.
Far proprie idee differenti, conferendo libertà di mandato agli architetti e selezionando da stili di regioni ed epoche diverse era – ancora – un segno di una politica implicitamente liberale. Nel 1861 a Vienna fu introdotta una carta costituzionale; nel 1867 il Compromesso (Ausgleich) tra Austria ed Ungheria faceva di Budapest la co-capitale dell’Impero.
La stabilità dell’Impero, insomma, era saldamente ancorata alla sua stessa diversità. Gli Asburgo erano riusciti a preservare i confini che gli erano stati dati sin dal tempo del Congresso di Vienna, avevano ottenuto un nuovo equilibrio costituzionale creando un sistema duale fra Austria e Ungheria, e si aspettavano di prolungare in futuro il loro potere centenario su una larga porzione dell’Europa.
Riassumendo: Vienna stava sperimentando un’importante trasformazione architettonica, ispirata a una serie di riferimenti eclettici a una molteplicità di stili antichi, in linea con le tendenze più moderne in Europa (si pensi alla parallela riforma urbanistica di Parigi sotto il Barone Haussmann).
La prima generazione della scuola di storia dell’arte di Vienna a supporto dell’eclettismo architettonico
Innovazione,
liberalismo ed eclettismo erano davvero avvertiti nello spirito collettivo dell’élite
culturale della città. La prima generazione della Scuola di Storia dell’Arte di
Vienna e i suoi leader liberali, come il suo fondatore, Rudolf Eitelberger von
Edelberg, supportarono convintamente il nuovo tentativo di legittimare il
potere su una società multinazionale attraverso il ricorso a differenti stili
artistici. Il progetto della Ringstraße era basato sia su un legame simbolico
con il passato (Antichità, Medio Evo e Rinascimento) sia sull’uso funzionale delle
nuove tecniche ingegneristiche; si trattava della stessa combinazione tra “arte
come filologia” e tecniche artistiche che la Scuola di Vienna, sotto
Eitelberger, aveva posto a base della propria attività.
Eitelberger
era desideroso di far sì che la Scuola di Vienna lavorasse sui monumenti
artistici all’interno di tutto l’Impero, apprezzandone pienamente le
somiglianze e le diversità tra loro. A testimonianza di ciò, fra le altre cose,
basti ricordare la decisione di pubblicare (fra 1858 e 1860) il corpus in due
volumi dei Mittelalterliche
Kunstdenkmäler des österreichischen Kaiserstaates (Monumenti medievali dell’Impero Austriaco).
Il volume I includeva sezioni dedicate non solo all’Austria e all’Ungheria, ma
anche a Praga e alla Boemia, all’Istria, al Friuli e a Trento. Il volume II
aveva ampie sezioni sul Lombardo-Veneto e sulla Moravia.
Anche la
stessa, amplissima, produzione letteraria di Eitelberger in merito all’arte
testimoniava il suo interesse a diffondere la conoscenza del patrimonio artistico
di tutto l’Impero; vi comparivano monografie ed articoli su tutte le regioni.
Le citiamo qui in ordine cronologico:
-
Cividale del
Friuli e i suoi monumenti (1857)
-
Il Palazzo di
Diocleziano a Spalato (1859)
-
Contributi
alla storia dell’arte nel Regno di Lombardia e Venezia (1859)
-
I monumenti
artistici medievali ad Arbe, Zara, Traù, Spalato e Ragusa (1861).
Tornando indietro ai monumenti che furono costruiti lungo la Ringstraße, Matthew Rampley scrive: “Le preferenze artistiche di Eitelberger non erano governate da una visione estetica coerente; lodò le strutture neogotiche, come il Municipio di Friedrich Schmidt e la Votivkirche di Heinrich von Ferstel, ma scrisse anche un’ampia difesa del Teatro dell'Opera, costruito da van der Nüll e von Sicardsburg in uno stile neorinascimentale molto criticato. Inoltre, con tutta l’efficacia che la sua leadership nella cultura di lingua tedesca gli assicurava, non esitò a omaggiare i risultati ottenuti da altri (non di lingua tedesca), come gli architetti cechi Josef Hlávka – che ebbe un ruolo di supervisore nella costruzione della Vienna Opera House – e Josef Zitek, architetto del Teatro Nazionale di Praga
La fine dell’eclettismo e la disputa sugli stili nazionali in Austria-Ungheria
La fine dell’eclettismo e la disputa sugli stili nazionali in Austria-Ungheria
L’equilibrio su cui liberalismo ed eclettismo si basavano era tuttavia estremamente precario. Altrove (specie in Francia) lo sviluppo dello storicismo si era andato legando in maniera inestricabile con politiche nazionalistiche sin dalla metà del XIX secolo (Mihail). A cambiare il contesto complessivo per l’Austria-Ungheria intervennero poi due sviluppi storici; a causa di essi, mentre fino a quel momento, la scelta degli stili artistici sulla Ringstraße puntava semplicemente alla coesistenza di una varietà di gusti estetici, si aprì una nuova fase in cui i sostenitori dei differenti stili architettonici cominciarono a scambiarsi accuse pesanti, difendendo diversi orientamenti in termini di identità e di stile.
Innanzi tutto, due concorrenti politici e culturali dell’Austria-Ungheria, ovvero l’Italia e la Germania, ottennero la loro riunificazione politica, rispettivamente nel 1861 e nel 1871, in entrambi casi a spese dell’influenza di Vienna in Europa. Le due nuove nazioni fecero del Rinascimento (Italia) e del Neo-Rinascimento (Germania) un elemento di identità culturale. Ciò trasformò la percezione di Rinascimento e Neo-Rinascimento in Europa, da stili universali a espressione intenzionale di un’architettura che cercava la legittimazione del proprio retaggio nazionale. Simbolicamente, l’Italia (che si era unita attraverso una serie di guerre contro gli Asburgo) trasferì la sua capitale dalla Barocca città di Torino, capitale dinastica dei Savoia, alle due capitali del Rinascimento: Firenze prima (tra il 1865 e il 1871) e Roma dal 1871. Per la prima volta nella storia dell’Italia, il Rinascimento era tangibilmente identificato come stile nazionale. Imitando il modello francese, nella Germania nuovamente unita il Neo-Rinascimento divenne lo stile architettonico “semi-ufficiale” degli edifici pubblici, come il Parlamento (il Reichstag a Berlino (Fig.8), costruito fra il 1884 e il 1894), i municipi (il più famoso dei quali, ad Amburgo, edificato fra 1884 e 1897), tribunali, scuole, università, sedi di banche ed assicurazioni, palazzi dell’Opera (l’Alte Oper a Francoforte, fra il 1877 e il 1880) e anche stazioni ferroviarie, come, ancora, quella di Francoforte (1883-1885).
Fig. 8) Berlino. Il Reichstag costruito da Paul Wallot tra 1884 e 1894 (Neo-Rinascimento) |
Fig. 9) Francoforte sul Meno. Alte Oper, costruita da Richard Lucae, Albrecht Becker e Edgar Giesenburg tra 1873 e 1880 (Neo-Rinascimento) |
In secondo luogo, per una serie di combinazioni, i movimenti artistici (assieme a quelli musicali) si posero all’avanguardia nella ricerca di un’identità nazionale. Rampley mostra come – con grande sorpresa degli storici della Scuola viennese – i loro colleghi non di lingua tedesca diedero vita a Scuole di storia dell’arte separate in tutto l’Impero, aprendo una nuova dinamica fra “centro” e “periferia” nelle discussioni sulla storia dell’arte: vennero fondati nuovi centri a Budapest (1872), Praga (1874), Zagabria (1878), Cracovia (1882), Leopoli (1893). Ognuna di queste scuole sosteneva la (ri)scoperta di uno stile nazionale, fondato sull’analisi e l’interpretazione dei legami diretti con il Rinascimento italiano (e quindi scavalcando Vienna). In questo senso furono passi importanti – ad esempio – l’invenzione di uno stile Neo-Rinascimentale Ceco (Vybíral); l’affermarsi del Neo-Rinascimento come stile comune per le nazioni slave meridionali, a partire dalla costruzione della prima Accademia di Arti e Scienze a Zagabria, finita nel 1880 (Conley and Makaš); l’organizzazione di una mostra di “Antichi Maestri” a Cracovia (1882), mostra che evidenziava la connessione diretta tra Italia e pittori polacchi attraverso i secoli (Ramsley);
Fig. 10) Zagabria. La prima Accademia di Arti e Scienze degli Slavi del Sud, costruito da Hermann Bollé fra 1877 e 1880 (Neo-Rinascimento) |
Questi due avvenimenti crearono dunque un nuovo contesto per i dibattiti sugli stili nazionali, dibattiti che si tenevano contemporaneamente a un duplice livello: nell’impero austroungarico nel suo complesso, dove lo storicismo (nelle sue diverse forme) divenne fonte di legittimazione contro le regole imposte da Vienna e da Budapest; a Vienna, dove la discussione sugli stili diventò una disputa sull’identità propria dell’Austria. Guardiamo come tutto questo influenzò la percezione dei vari stili.
Neo-Gotico: importato in Europa dalla Gran Bretagna liberale, ai suoi tempi lo stile con cui fu iniziata nel 1853 la chiesa che doveva essere il simbolo dell’unità dell’Impero (la Votivkirche), il Neo-Gotico venne percepito sempre più come il simbolo del potere espansionistico del Kaiser Guglielmo II, e sotto un certo aspetto come la rappresentazione visuale del pan-germanesimo (e quindi una minaccia per l’autonoma identità dell’Austria). Era comunque lo ‘stile nazionale’ preferito di coloro che desideravano l’integrazione dell’Austria in un più vasto mondo tedesco;
Neo-Rinascimento: mentre il Rinascimento era stato percepito una volta come simbolo di uno stile universale (si pensi al neoclassicismo), il Neo-Rinascimento divenne la lingua del nazionalismo politico in due aspetti fra loro antitetici: da un lato divenne lo stile dei cosiddetti Deutsch-nationalen (coloro che desideravano mantenere una forte presenza della lingua tedesca nell’Impero Austroungarico e – in ultima analisi – uscire dall’Impero per creare un’Austria autonoma di lingua tedesca, separata dalla Germania); d’altro canto fu lo stile delle nazioni e dei movimenti artistici non tedeschi, entrambi desiderosi di una più forte identità (l’uso delle lingue nazionali nelle università) e di maggiore autonomia politica se non di una possibile uscita dall’Impero.
Neo-Barocco: il Barocco era associato – in tutta Europa – alla controriforma e alla fortuna dei poteri dinastici (si pensi all’importanza del Barocco per i palazzi reali in Europa). In Austria-Ungheria, dunque, fu visto (si veda sotto) come lo ‘stile nazionale’ degli Asburgo, lo ‘stile nazionale’ di coloro che avevano una visione dell’Austria-Ungheria su base dinastica.
Per un Impero multinazionale e plurilingue (e per il suo nucleo di lingua tedesca attorno a Vienna) la disputa sugli stili nel XIX secolo ebbe dunque la stessa importanza per la propria identità collettiva che – per esempio – ebbe in Italia il ritorno della Questione della lingua (la disputa su quale tipo di Italiano dovesse essere usato nel Regno di Italia appena creato) subito dopo l’unificazione del Paese. Non si trattò (solo) di storia dell’arte, ma del futuro di una struttura politica chiamata Austria-Ungheria.
Il
ruolo di Albert Ilg
Citando Dirk de Meyer,
Rampley ricorda che “la moderna storia dell’arte e il nazionalismo divennero
adulti insieme. Il senso di una
comune identità nazionale poteva essere reso visibile, ad esempio, da
tradizioni artistiche selezionate da riferimenti a monumenti artistici del
passato. Questa visualizzazione dell'identità nazionale fu resa inoltre
evidente dalla divisione dell’arte in scuole ‘nazionali’, una pratica che fu
fissata ben presto nella storia della disciplina e per cui l’arte era letta
come espressione visibile della specificità nazionale”.
Fino
agli anni ’60, la Scuola di Vienna era stata un’eccezione. Fu con Albert Ilg
che l’interesse della Scuola di Vienna si spostò sulla ricerca di uno ‘stile
nazionale’. Ilg, tuttavia, si mosse per codificare un comune linguaggio della
storia dell’arte per la dinastia asburgica e per l’Austria-Ungheria intesa
nella sua interezza. Si oppose dunque ad ogni forma di separatismo, sia degli
austriaci di lingua tedesca sia di quelli non di lingua tedesca. Ilg fu il
campione del Barocco e del Neo-Barocco, contro il revival gotico e soprattutto
contro l’odiato Neo-Rinascimento.
Albert
Ilg si definì come un “Fachmann und Patriot” (un professionista e un patriota).
È certo che proclamò frequentemente il suo supporto incondizionato alla
famiglia degli Asburgo. Un tema ricorrente del suo lavoro fu l’attenzione
sull’arte dell’Austria-Ungheria (Ilg, 1893) e la necessità di identificare uno
stile nazionale artistico in Austria. In termini politici Ilg era estremamente
conservatore (scrisse che “cannoni e baionette sono il nostro ultimo riparo
contro la bestia del Socialismo” – si veda Ilg, 1889) e fu ancora più duro –
spesso un intollerante – nei suoi attacchi polemici personalistici contro i
colleghi. Anche l’autore del suo necrologio (normalmente chiunque parla bene di
qualcuno che è appena defunto) non si astenne dal criticare la violenza delle
polemiche di Ilg contro gli avversari (Boheim).
Nel 1880 Ilg pubblicò un pamphlet sotto lo pseudonimo “Bernini il giovane” (jüngere Bernini), con il titolo “Die Zukunft des Barockstils: eine Kunstepistel” (Il futuro dello stile barocco: una lettera sull’arte). In esso propose il neo-barocco come stile architettonico popolare per l’Austria-Ungheria, difendendo la tesi che un ritorno sarebbe dovuto essere il futuro dell’architettura austriaca. “Come scrive nel 1880 lo storico dell’arte Albert Ilg sotto lo pseudonimo di Bernini il giovane “Questo indirizzamento incipiente verso il Neo-barocco proviene dal basso. Gli indizi di ciò, quanto meno a Vienna, sono evidenti. La richiesta del Neo-barocco proviene direttamente dal popolo”. Alla domanda su quali fossero i motivi per un simile orientamento egli risponde: “Come già successo in passato, lo stile barocco provvede a tutto ciò che ci è essenziale e che – pur necessario già da secoli – non poté essere offerto dagli stili più antichi: il teatro, i nostri vestiti ancora barocchi, la carrozza, il pianoforte, lo smoking, i servizi da thé e caffè, e migliaia di altre piccole cose; tutte cose di cui certo non ci priveremmo (anche a prezzo di rinunciare al più bello stile rinascimentale che ci possa essere) e che (nel caso del barocco) mantengono la loro coerenza intima con lo stile generale dell’arte, perché questo stile stesso si è sviluppato con tutte loro”. Che lo stile barocco fosse visto come stile popolare, come lo stile dell’uomo comune è provato dalla comparazione tra la “Haus der Industrie” e la “Haus der Kaufmannschaft” in Schwarzenbergplatz a Vienna. Nel secondo edificio viene recepito il barocco austriaco, nel primo piuttosto uno spirito neoclassico, con una più forte aspirazione a potere e rappresentazione del medesimo” (Haas, p. 160).
Fig.11) Haus der Industrie Neo-Rinascimento |
Fig.12) Haus der Kaufmannschaft, Neo-Barocco |
Ilg non
condivideva affatto l’entusiasmo imperiale per i piani urbanistici della
Ringstraße. Un’analisi molto ricca e
stimolante delle critiche di Ilg è contenuta in un articolo di Peter Stachel
intitolato "Vollkommen
passende Gefäße" und " Gefäße fremder Form": die Kritik des
Kunsthistorikers Albert Ilg (1847-1896) an der Architektur der Wiener
Ringstrasse, ihr identitätspolitischer Hintergrund und ihre kunstpolitischen
Auswirkungen“. (“Edifici pienamente appropriati” e “Edifici di forme fuori
luogo”: le critiche dello storico
dell’arte Albert Ilg (1847-1896) all’architettura della Ringstraße viennese, le
loro motivazioni in termini di identità politica e il loro impatto sulla
politica artistica“).
Come
detto nell’articolo su Ilg (pubblicato in “Deutsche Biographie”) lo storico
dell’arte viennese manifestò un primo, molto generale atteggiamento critico nei
confronti della nuova pianificazione urbanistica di Vienna per via dei suoi
dubbi sull’opportunità di utilizzare spazi occupati da strutture altamente
simboliche, come le vecchie mura difensive (che avevano protetto la città dai
Turchi per ben due volte), distruggendo parte dell’essenza architettonica della
vecchia Vienna per creare una strada ad anello che egli considerava forse
esteticamente bellissimo, ma sostanzialmente privo di utilità, posto che ci si
dimenticava del tessuto stradale circostante.
Una
seconda e molto più importante argomentazione riguardava la generale avversione
di Ilg all’eccessivo eclettismo dello stile degli edifici. Qui Ilg (parlando
sotto lo pseudonimo di Bernini il Giovane) cita se stesso:
“Bei Betrachtung der Ringstrasse, so Ilg, gewinne man den Eindruck, sie
sei mit der Absicht erbaut worden, den Studenten die Anschaffung historischer
Bauatlanten zu ersparen, mit Ausnahme einer ägyptischen Pyramide sei die
ganze Architekturschichaiming forte vertreten. „Mit echter deutscher Gründlichkeit“
habe die Wiener Kunst alle historischen Kunststyle „durchgeschwitzt“ und
„selbst das classische Hellenenthum aus der Berliner Surrogatsfabrik wurde
uns nicht erspart“; erst ganz zuletzt sei man auf „unsere heimische Barocke
gekommen“. (jüngere Bernini)
|
"Guardando alla Ringstraße, come dice Ilg, nasce spontanea
l’impressione che sia stata costruita con l’intenzione di rassicurare gli
studenti che non dovranno spendere denaro per comprare un qualsiasi atlante
di storia dell’architettura: con la sola eccezione delle piramidi egizie, vi
è rappresentata l’intera storia dell’architettura. . ‘Con zelo veramente tedesco’ l’arte
Viennese ha ‘diluito’ ogni stile artistico della storia e ‘non ci è stato
nemmeno risparmiato l’Ellenismo della classicità proveniente dalle fabbriche
di surrogati berlinesi‘; solo davvero alla fine siamo ‚arrivati al nostro
Barocco genuino‘. (jüngere Bernini, Bernini the
younger)
|
Tredici anni
dopo il giudizio sulla natura austriaca del Barocco venne raffinato in
prospettiva stilistica (Ilg, 1893):
Das Entstehen und Emporblühen jener Kunstrichtung, welche herkömmlicher
Weise mit dem Namen des sogenannten Barockstiles bezeichnet wird, ist in
Österreich eine Erscheinung welche mit großen geschichtlichen und politischen
Ereignissen auf das innigste zusammenhängt. Jene merkwürdige Kunstart stellt
sich ordentlich als die Illustration einer neuen geistigen und materiellen
Gestaltung aller Dinge im Vaterland dar; sie ist gewissermaßen auf dem
Gebiete des sinnlich Wahrnehmbaren das neue Cachet für das neu gewordene
Österreich. Während nämlich im XVI. und noch ziemlich tief hinein ins XVII.
Jahrhundert dieses Landes infolge seiner nachbarlichen Lage zu Italien seit
dem Erlöschen alles mittelalterlichen Wesen die Formen der Renaissance
aufgenommen und weitergeleitet hatte, ohne es dabei aber zu einem
local-charachteristischen Typus zu bringen, zeigt sich beiläufig seit der
Mitte des XVII.Jahrhunderts der Barockstil als eine Richtung, die zwar
keineswegs auf österreichischer Erde entstanden ist, sondern wie die Renaissance
auf dem Wege des alten Verkehres beider Länder über die Alpen gedrungen ist,
aber wohl als ein Stil, bei dessen Pflege sich heimischer Geist nicht bloß
als recipierender Schüler erwies, sondern in dessen Form derselbe vollkommen eigene,
für sein Wesen charakteristische Ideen zu zeugen, verstand. Es gibt eine
österreichische Barocke von ausgesprochenem Typus, wie es eine italienische
und französische gibt; ja, man kann beinahe ebenso in Frankreich bei uns von
einem Stil Ferdinands III., Leopolds I., Josefs I. und Karl VI. sprechen wie
dort von Louis treize, quatorze und quinze, nur aber, dass darunter in beiden
Ländern sehr verschiedene Dinge verstanden sind.
Dagegen hat es keine österreichische Renaissance gegeben. Es wurden zwar
schon under Ferdinand I. zahlreiche italienische Architekten berufen, um die
verfallenen Städte, welche dem Anprall der Türkenmacht entgegensahen, nach
den neuen Principien der italienischen Fortifikationskunst mit geeigneteren
Schutzwehren zu versehen. […] Was durch diese mächtige südliche Befruchtung
nach Österreich gelangt war, verband sich wohl alsbald mit den noch
vorhandenen Residuen des
nordisch-gothischen Kunstsinnes und gestaltete sich allmählich zu jenem eigentümlichen
Gepräge, welches wir als sogenannte deutsche Renaissance kennen, besonders
nachdem auch Einheimische im neuen Geiste des Südens zu schaffen versuchten.
Aber diese deutsche Renaissance ist, wenn auch am frühesten auf
österreichischer Erde, doch gleichzeitig auch in der Schweiz und im übrigen
Süddeutschland aus denselben Einflüssen und Bedingungen entstanden.
(pp.259-260)
|
La nascita e la fioritura di quello stile artistico che convenzionalmente
è designato con il nome di Barocco è un fenomeno strettamente legato, in
Austria, ai più importanti eventi storici e politici. Quello specifico stile
artistico evolve efficacemente ad illustrare visivamente il nuovo disegno
spirituale e materiale di tutte le cose in patria; sotto un certo punto di
vista – nell’ambito di ciò che è percepibile dai nostri sensi, si tratta del
nuovo segno distintivo della nuova Austria. Sin dall’estinzione di ogni
traccia di Medio Evo, questo paese ha ricevuto e trasmesso – nel XVI ed anche
nel XVII secolo – le forme del Rinascimento, come risultato della sua vicinanza
fisica all’Italia. Tutto ciò è successo senza che si sviluppasse un qualsiasi
typus locale di stile
rinascimentale. Come il Rinascimento,
anche il Barocco è stato condiviso sulle strade dell’antico legame fra i due
Paesi al di qua e al di là delle Alpi, a partire dalla metà del 1600. Tuttavia
lo stile barocco – anche se si mostra qui come uno stile senza dubbio non
originato sul suolo austriaco – è sostenuto dallo spirito locale. Questo
spirito locale non agisce solo al fine di riceverne i precetti, ma capisce
anche come produrre specifiche idee per la propria essenza. Esiste un Barocco
Austriaco con caratteristiche peculiari, esattamente come esistono un barocco
italiano ed un barocco francese. Sì, è
possibile parlare con noi di uno stile Ferdinando III, Leopoldo I, Giuseppe I
e Carlo VI, esattamente come in Francia si può parlare di un Barocco di Luigi
XII, XIV e XV (anche se nei due paesi gli stessi termini possono essere
compresi in maniera davvero differente).
Al contrario, non c’è stato un Rinascimento austriaco. A dire il vero,
sotto Ferdinando I numerosi architetti italiani furono incaricati di mettere
mano alle nostre città in rovina, che dovevano essere riparate dopo lo
scontro contro il potere turco, per munirle coi nuovi principi dell’arte fortificatoria
italiana e sistemi di difesa più appropriati. […]
Ciò che passava attraverso questa importante attività di fertilizzazione
dal Sud verso l’Austria si coniugò molto in fretta con quanto residuava del
senso dell’arte nel nord-gotico e diede vita a quello stile particolare che
noi conosciamo come il cosiddetto Rinascimento Germanico, specialmente dopo
che anche i tedeschi cercarono di agire artisticamente nel nuovo spirito del
Sud. Ma questo Rinascimento germanico, anche se presente in un primissimo
momento in Austria, fiorì contemporaneamente in Svizzera e altrove nella
Germania del Sud, dalle stesse influenze e condizioni (pp. 259-260).
|
Citando
Ilg, Stachel (2006) osserva che il nostro autore – sotto lo pseudonimo di
Bernini il Giovane – non solo rese un omaggio complessivo al Barocco come
cultura e stile che avevano lasciato un segno profondo nella cultura austriaca
in senso lato, ma anche che ne dava una precisa lettura politica: il Barocco
era ed è lo stile del dominio asburgico sull’Europa. Ilg scrive che “è un dato
di fatto che solo uno specifico stile artistico può essere il più appropriato
per un popolo, ed è quello stile che corrisponde e rappresenta quel popolo, se
il suo fiorire corrisponde al fiorire di ulteriori fattori di prosperità. In
Austria questo è stato solo il caso del Barocco”. Ilg cita la vittoria sui
turchi invasori così come il successo della controriforma in tutti i paesi
sotto il controllo austriaco, la sostituzione delle famiglie nobiliari
protestanti con altre cattoliche, il ruolo degli ordini religiosi e molti altri
fattori come tutti elementi che sono stati di supporto allo stile barocco.
Da
ultimo, il Barocco è considerato lo stile nazionale anche in termini
dell’intima correlazione di questo stile artistico con la natura del popolo
austriaco. Ilg sviluppò due suoi lavori su questo argomento.
Wenn man die Parallele zieht zwischen den geistigen Eigenschaften jenes
Stils und denen des österreichischen Volkes, so stört in solchem Vergleiche
allerdings nicht die kleinste Dissonanz. Die zwei sind wahrlich für einander
wie geschaffen, im Guten und Minder-Guten taugen sie zusammen wie Futteral
und Inhalt. […] Das österreichische Wesen ist die leibhaftige Barockfaçade: lustig und frisch und immer
lächelnd, nirgends langweilig, voller Capricen und guter Dinge, ein ganzes
Nest an Ueberraschungen. Wo der ruhige Deutsche zweifelsohne die regelrechte
Gerade einhalten würde, das springt dies warme Blut in zehn Brüchen und Winkelchen
zurück, versteckt sich neckisch in Nischen, hüpft im verkröpften Gesimse
hervor oder schwingt sich sorglos in tollem Volutenbogen über die ganze
Geschichte hinweg. Doch du kannst ihm nicht böse sein darob […] der ist
gerade so, wie man ihn allein lieb haben kann“ (jüngere Bernini, P. 42)
Die Geschichte hat Österreich-Ungarn mit seiner merkwürdigen und
wichtigen Stellung zwischen Occident und Orient, zwischen dem heitern Italien
und dem ernsten Deutschland, eine so bedeutsame großartige Rolle ertheilt, eine Mission von
so hohen Werthe für die gesammte Welt, dass ein geistreicher Mann mit Recht
sagen dürfte: wenn dieses Österreich nicht so bestände, so müsse man es
schaffen. Naturgemäß müssen in einem solchen Staatwesen die
mannigfachen geistigen Elemente, welche hier inbegriffen sind, auf
einander wirken und kann dadurch nur
ein Gesammtbild geistigen Lebens entstehen, welches von so verschiedenen
Elementen berührt, die interessantesten Seiten darbietet. Wohl mag da
zuweilen jene friedsame Ruhe der Entwicklung fehlen, wie sie unter anderen
Umständen im Culturleben gedeihen kann; wohl mag hier von Störungen,
Unterbrechungen, Kämpfen und unerreichten Zielen oftmals die Rede sein, aber
gerade diese stete Gährung der verschiedensten geistigen Gewalten gibt dem
heimatlichen Culturgemälde eben auch den ureigensten Reiz. (Ilg, 1983)
|
Se si traccia il parallelo tra le qualità spirituali di quello stile
[n.d.r. il Barocco] e quelle del popolo austriaco, non si avverte la benché
minima dissonanza nel confronto. I due sono fatti l’uno per l’altro, come un
fodero e la sua spada […]. L’essenza austriaca è l’incarnazione della
facciata barocca: divertente, e fresca, e sempre sorridente, mai noiosa,
piena di capricci e di buone cose, un nido intero pieno di sorprese. Mentre
il tedesco tranquillo si atterrebbe senz’altro alla pura linea retta, il
sangue caldo scorre avanti e indietro in dieci fessure e piccoli angoli, si
nasconde divertito nelle nicchie, salta fuori in cornici piegate ad angolo o si
muove oscillando senza cura in grandi archi a volute. Ma non si può
minacciare di essere cattivo con lui […]; è fatto in maniera tale che puoi
solo amarlo” (Bernini il Giovane, p. 42).
La storia ha attribuito all’Austria-Ungheria un ruolo così grande, con
relazioni specifiche ed importanti tra l’Occidente e l’Oriente, tra l’Italia,
allegra, e la seria Germania, una missione di tale valore per il mondo intero
che un uomo di spirito potrebbe giustamente dire: se l’Austria non esistesse,
bisognerebbe inventarla. In natura, è proprio in una comunità politica di
questo tipo che la varietà degli elementi spirituali inclusi qui [n.d.r. nel
Barocco] possono interagire fra loro; in una situazione simile si può
sviluppare solo una visione della vita spirituale che, influenzata da vari
elementi, ne presenti i lati più importanti. Certo, a volte potrebbe mancare
la tranquillità di uno sviluppo sereno, che potrebbe prosperare in altre
circostanze della vita spirituale; probabilmente qui potrebbe essere
frequenti i riferimenti a malfunzionamenti, interruzioni, lotte ed obiettivi
non raggiunti, ma proprio questo continuo fermentare di varie potenzialità
intellettuali dà al quadro complessivo della nostra cultura il suo proprio
fascino (Ilg, 1883).
|
Ilg
vuole differenziare lo sviluppo del Barocco nell’Austria-Ungheria – come
autonomo stile regionale, comune a tutte le regioni dell’Impero multinazionale
– dal Rinascimento e dal Barocco italiano. Sviluppa inoltre argomentazioni
fortemente polemiche contro il neogotico e specialmente contro il
Neo-rinascimento in Germania (dove Monaco, in particolare, diventa un esempio
delle “Deutsch-Renaissance Allotrien” ovvero delle “futilità
tedesco-rinascimentali”). Stachel (2006) spiega che la polemica contro
l’influenza tedesca sullo stile significa anche il tentativo di contrastare le
tendenze “deutschnationalen” nell’arte, ovvero l’opposizione alle tesi di
quella parte della popolazione di lingua tedesca nell’Austria-Ungheria che
vorrebbe la secessione dall’Impero asburgico, o per aderire a un’entità
politica da “grande Germania” o per creare un’Austria come Stato separato di
lingua tedesca (come alla fine avvenne dopo la Prima Guerra Mondiale). Ecco una
citazione da Ilg sull’argomento (tratta dall’articolo di Bernini il Giovane):
Gerne lassen wir den geehrten Stammesgenossen ihre deutsche Renaissance,
welche die Stilart ihrer Reformationszeit sein soll und ihnen das sicherste
Präservativmittel gegen das Franzosenthum zu gewähren scheint. Mögen sie
damit glücklich sein, denn die Kunst, in welcher nicht der Baukünstler und
Maler und Bildhauer, sondern der Tischler die erste Violine spielt, passt
völlig für ihre Natur. Sie thun ganz recht daran: es ist eine biedere, brave,
solide, hausväterische und im Vergleich zu anderen auch ziemlich billige
Kunstsorte. In jedem solchen Kasten muß man sich einen Pastorenrock hängen denken.
|
Noi siamo felici di lasciare ai nostri onorati compagni, gente che potrebbe vivere nelle tribù, il loro Rinascimento tedesco, che dovrebbe essere lo stile dell’epoca
della Riforma e che sembra assicurar loro un mezzo per proteggersi con la
massima sicurezza dalla cultura francese. Possano costoro essere felice con
esso, perché un arte in cui non gli architetti, i pittori o gli scultori
suonano il primo violino, ma i carpentieri, è tutto quello che fa al caso
loro. Fate davvero bene a fare così: si tratta di un’arte valida, coraggiosa,
solida, per i buoni padri di famiglia e, a confronto con altri posti, anche
abbastanza a buon mercato. In ogni caso, preparatevi ad indossare una giacca
da pastore.
|
Solo il
Barocco, secondo Ilg, ha la capacità di unire tutte le individualità nazionali
e, di fatto, si tratta di un mosaico con composizioni differenziate: “Non il Neo-rinascimento, come spesso
affermato dai suoi contemporanei, ma il Neo-barocco è per Ilg lo ‘stile
sovranazionale’ per antonomasia e quindi l’‘antidoto’ appropriato contro gli
stili edificativi espressamente nazionali e, al tempo stesso, lo stile
costruttivo dinastico e sovranazionale di uno Stato austriaco sovranazionale”
(Stachel, 2006).
A parte le discussioni animate e i pamphlet roventi, Ilg riuscì ad avere un impatto sulla direzione della storia dell’arte in Ungheria? Sì, ce la fece, convincendo gli Asburgo e l’amministrazione imperiale della necessità di preferire il Neo-barocco agli altri stili. Tuttavia, sotto la pressione dell’opinione pubblica, il Neo-rinascimento rimase di gran lunga il preferito tra il pubblico. Stachel cita due episodi nelle sue carte.
A parte le discussioni animate e i pamphlet roventi, Ilg riuscì ad avere un impatto sulla direzione della storia dell’arte in Ungheria? Sì, ce la fece, convincendo gli Asburgo e l’amministrazione imperiale della necessità di preferire il Neo-barocco agli altri stili. Tuttavia, sotto la pressione dell’opinione pubblica, il Neo-rinascimento rimase di gran lunga il preferito tra il pubblico. Stachel cita due episodi nelle sue carte.
Primo: anche
come conseguenza di violenti scambi di accuse sulla stampa, la costruzione di
quello che simbolicamente doveva essere il palazzo più importante della Ringstraße fu
continuamente ritardata: il Kaiserforum,
dove la famiglia degli Asburgo avrebbe dovuto trasferire la sua residenza. Il
più noto architetto dell’epoca, Gottfried Semper, preparò un gigantesco
progetto in stile Neo-rinascimentale, che avrebbe rivaleggiato con i principali
palazzo reali europei. Solo l’idea che la famiglia imperiale trasferisse la
propria residenza da uno degli edifici imperiali costruiti dai suoi paladini, gli architetti Johann Bernard e Joseph Emanuel Fischer von Erlach, a un sontuoso palazzo barocco
neo-rinascimentale fece diventare Ilg letteralmente pazzo. Impedirlo divenne il principale obiettivo
delle sue polemiche per anni. Lo sviluppo del progetto fu rimandato così a
lungo che divenne proibitivamente costoso. La costruzione sarebbe dovuta
cominciare nel 1913, ma la Prima Guerra Mondiale la rese impossibile.
Fig. 13) Progetto di Gottfried Semper per il Kaiserforum sulla Ringstraße (Neo-Rinascimento) |
Secondo:
la famiglia imperiale finanziò
direttamente la costruzione di palazzi dell’Opera in tutta l’Austria-Ungheria. Quasi
tutti i progetti furono commissionati a un singolo studio di architetti,
posseduto da Fellner & Helmer. Costoro costruirono quaranta palazzi
dell’Opera, alcuni dei quali addirittura fuori dall’Impero. La città di Graz
era una roccaforte dei deutsch-nationalen, anche a causa di un diffuso sentimento anti-slavo. Per questo motivo la città voleva assolutamente che il suo palazzo
fosse in stile neo-rinascimentale, ma gli Asburgo imposero un edificio
neo-barocco. Fu un altro caso di violento contrasto.
Più in
generale, fra il 1885 e il 1894, Ilg animò un gruppo di critici d’arte e
musicali conservatore (chiamato ‘il circolo di Ilg’ - Ilg-Kreis) assolutamente
contrario alle nuove tendenze estetiche viennesi, a favore della tradizione
(‘ciò che è normale, saggio e semplice’) e contro tutto ciò che essi definivano
‘mostruoso’ ed ‘abnorme’ (Stachel, 2006). Il gruppo pubblicò un giornale,
intitolato “Gegen den Strom - Flugschriften einer literarisch-künstlerischen
Gesellschaft” (Controcorrente – Manifesti di una società artistico-letteraria).
In quegli anni una polemica del tutto analoga opponeva a Vienna (e, da Vienna,
tutto il panorama musicale europeo) i due partiti ‘a favore di Brahms’ e ‘a
favore di Bruckner’. In termini di teoria della musica, il primo difendeva
l’equilibrio classico viennese contro il Wagnerismo troppo magniloquente, e il
secondo promuoveva un radicale post-romanticismo.
Fig.14) Graz. Teatro dell'Opera, costruito dallo studio Fellner & Helmer nel 1899 (Neo-Barocco) |
Ilg morì
nel 1896, apparentemente come conseguenza di una malattia nervosa improvvisa e
pesantissima. Da quello che abbiamo letto, non doveva aver conosciuto molta
calma nei suoi 49 anni di vita. Il suo progetto di fare del Barocco lo stile
della futura Austria-Ungheria fallì. E tuttavia non fu solo la storia (la
sconfitta dell’Austria-Ungheria nella Prima Guerra Mondiale e la cacciata degli
Asburgo dall’Austria) a rendere irrilevanti molti dei suoi obiettivi: un anno
dopo la sua morte veniva creato a Vienna il Gruppo della Secessione, e da quel
momento tutte le discipline artistiche si indirizzarono a una radicale
modernizzazione del gusto, al rifiuto dello storicismo fino ad allora
prevalente e – semmai – accolsero solo qualche influenza dal Neo-gotico.
L’effimera battaglia fra neo-rinascimento e neo-barocco era destinata ad essere
dimenticata presto.
Julius von Schlosser contro Albert Ilg
Si è già
detto che Ilg era solito alimentare violentissimi scambi polemici, cosa che
inevitabilmente non suscitò grande simpatia nei suoi confronti. Venticinque
anni dopo la sua morte, nel 1934, Julius von Schlosser scrisse un famoso
articolo sulla storia della Scuola Viennese di Storia dell’Arte. Le sue parole
su Albert Ilg (che era stato il curatore della seconda serie delle Quellenschriften in cui Schlosser aveva
lavorato) furono assolutamente gelide e scarne. L’articolo viene citato qui
sotto (la traduzione è dalla versione inglese di Karl Johns (von Schlosser,
1934)).
“Anzitutto,
si deve comunque ricordare Albert Ilg (nato nel 1847, morto nel 1896, curatore
della Collezione delle Ambre), un uomo davvero di talento ma anche
un’intelligenza priva di disciplina. Fu alunno di Eitelberger, che lo impiegò
anche nel suo Museo sin dal 1871 e che lo coinvolse specialmente nella curatela
delle ‘Quellenschriften’. Già nel
1880 pubblicò un breve scritto polemico, dai toni sarcastici (The Future of the Baroque Style Vienna:
Manz 1880), sotto lo pseudonimo di Bernini il Giovane. Qui, come in altre
pubblicazioni, egli si schierò appassionatamente a favore dell’emergente
Neo-Barocco, che, nella sua strana e a volte non immotivata convinzione di
incarnare il prototipo del vero austriaco (‘Stockösterreicher’), descrisse come
lo ‘stile nazionale’ austriaco. […] La sua raccolta di fonti sulla biografia di
Johann Bernhard Fischer von Erlach (perché non si tratta d’altro) non fu
pubblicata fino al 1895, poco prima della sua morte.”
A parte
l’antipatia personale, Ilg e Schlosser appartenevano a due mondi diversi. In
termini politici, chiaramente non la pensavano allo stesso modo. La principale
preoccupazione di Ilg era di salvaguardare l’identità dinastica
dell’Austria-Ungheria dall’assimilazione culturale di Germania ed Italia. A
questo scopo, egli sviluppò un radicato sentimento anti-tedesco. L’articolo di
Von Schlosser fu scritto vent’anni dopo che gli Asburgo erano stati costretti
ad abbandonare Vienna. Schlosser stesso, ad ogni modo, nutriva simpatie
politiche per i Deutsch-nationalen (Aurenhammer), e – proprio nell’ultimo anno
della sua vita (il 1938) si espresse a favore dell’Anschluß , ovvero dell’incorporazione dell’Austria al Terzo Reich
forzata da Hitler pochi mesi prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale
(Lersch).
Più in
generale, von Schlosser aveva fatto del perseguimento di contatti culturali con
Italia e Germania una delle missioni della sua vita, come reso chiaro dalla sua
amicizia pluridecennale con il filosofo italiano Benedetto Croce e col
linguista e romanista tedesco Karl Vossler. Per lui l’identità culturale
tedesca si preservava non differenziando l’arte (e la storia dell’arte)
austriaca dai paesi vicini, ma, attraverso un’intensa integrazione culturale,
mirando a una comprensione di tipo globale della cultura.
Bisogna
dire che il contributo della Scuola di Vienna al dibattito sullo stile
nazionale non finì con la morte di Ilg. Anche grazie a tutte le sue
contraddizioni identitarie Vienna rimase un centro artistico vitale ed
innovativo. Per un articolo sulla Scuola di Vienna e l’architettura moderna si
veda Vybíral (2009).
Conclusioni
Vienna
fu un laboratorio per lo sviluppo dell’architettura e dello stile, ma anche
della storia dell’arte durante il periodo della Ringstraße. Gli sviluppi
andarono avanti di pari passo con gli eventi geopolitici.
Fra il
1850 e il 1860, la prima generazione della Scuola di Storia dell’Arte Viennese
fu caratterizzata, con Rudolf Eitelberger von Edelberg, da quattro elementi:
(i) senso di appartenenza a un comune contesto artistico multinazionale e
multiculturale, con radicazioni profonde in tutti i periodi storici e estese
relazioni con i più importanti paesi europei; (ii) visione eclettica dello
storicismo architettonico; (iii) identità culturale dell’Austria-Ungheria
caratterizzata da liberalismo e pluralità di stimoli intellettuali, e (iv)
senso di apertura verso le innovazioni urbanistiche a Vienna. All’epoca,
l’Austria-Ungheria era ancora più potente di qualsiasi altro paese vicino,
copriva lo stesso territorio che era stato messo sotto il suo controllo con il
Congresso di Vienna nel 1815 ed era all’avanguardia in tutta una serie di
aspetti (si pensi al lancio del progetto della Ringstraße).
Vent’anni
dopo, dopo la pubblicazione (1880) del suo pamphlet sul futuro del Barocco,
Albert Ilg diede vita a un’attività polemica come storico dell’arte e
pubblicista che avrebbe modificato tutti e quattro questi elementi: Ilg
individuava un solo stile nazionale per tutto l’Impero (Barocco per il passato,
neo-barocco per il futuro), in opposizione alle influenze culturali provenienti
dall’estero (dalla Germania, in particolare) e come elemento unificatore per un
Impero esposto a tensioni nazionalistiche. L’eclettismo veniva rinnegato, e
l’innovazione urbanistica secondo una pluralità di stili era vista come una
manifestazione di mancanza di coerenza. La sua concezione dell’Austria era
conservatrice e dinastica, il suo era un pensare difensivo. Odiava
letteralmente l’influenza tedesca sulle arti e qualsiasi altra cosa che dalla
Germania provenisse. Non è escluso che egli vedesse più chiaramente di molti
altri i rischi a cui era esposta l’Austria-Ungheria, con le sfide esterne della
riunificazione della Germania e dell’Italia e l’instabilità domestica causata
dal nazionalismo confliggente di popolazioni di lingua tedesca e non. La sua
identificazione del Neo-Rinascimento come il ‘negativo’ e del Barocco come del
‘positivo’ può essere vista come il segno di una radicalizzazione nei dibattiti
sulla storia dell’arte, in un momento in cui i tempi dorati dell’ Austria Felix stavano ormai per finire.
Alla
fine del nostro viaggio, abbiamo preso nota del netto rifiuto di Julius von
Schlosser rispetto alle tesi di Ilg, nel 1934. L’Austria-Ungheria era scomparsa
da quasi vent’anni, e i violenti toni anti-tedeschi erano stati sostituiti da
una nuova prossimità con il potente vicino di casa. Una visione dell’identità
artistica dell’Austria tutta difensiva era stata sostituita dall’individuazione
di aree comuni di lavoro e reciproca influenza, con il Rinascimento come fonte
comune di ispirazione per Austria, Germania ed Italia. Tuttavia, non possiamo
non prendere atto di un falso senso di sicurezza: solo due anni dopo l’articolo
scritto da Schlosser, con la guerra civile spagnola, un decennio di distruzione
avrebbe cambiato l’Europa per sempre. Lo stesso anno in cui morì, nel 1938,
Schlosser avrebbe visto le truppe di Hitler entrare a Vienna. Mentre i suoi
amici Benedetto Croce e Karl Vossler si sarebbero schierati nettamente contro i
rispettivi regimi totalitati in Italia e Germania, la posizione di von
Schlosser sarebbe stata certamente più ambigua.
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Appendice 1) Esempi di architetture neogotiche, neorinascimentali e neo barocche nelle altre città dell'Impero
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Appendice 1) Esempi di architetture neogotiche, neorinascimentali e neo barocche nelle altre città dell'Impero
Fig. 15) Budapest. Il Parlamento costruito da Imre Steindl in stile Neogotico fra 1885 e 1904 |
Fig.16) Budapest. Basilica di S.Stefano, costruita in Stile Neo-Rinascimentale da József Hild and Miklós Ybl fra 1851 e 1906 |
Fig. 17) Budapest. Burg Palace, costruito da Miklós Ybl and Alajos Hauszmann fra 1890 e 1903 in Stile Neo-barocco Completamente distrutto durante la Seconda Guerra Medievale |
Fig. 18) Praga. Palazzo Rudinolfum, costruito da Josef Zítek and Josef Schulz, fra 1876 e 1884 |
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von der Kunst oder Tractat der Malerei des Cennino Cennini da Colle di
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Cennini, Cennino - Das Buch
von der Kunst oder Tractat der Malerei des Cennino Cennini da Colle di
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