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mercoledì 20 maggio 2015

Emanuela Fogliadini. L'invenzione dell'immagine sacra. La legittimazione ecclesiale dell'icona al secondo concilio di Nicea. Jaca Book, 2015. Parte Seconda

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Emanuela Fogliadini
L'invenzione dell'immagine sacra
La legittimazione ecclesiale dell'icona
al secondo concilio di Nicea
Parte Seconda

Jaca Book, 2015

Icona dei Santi Boris e Gleb con scene dalle loro vite
Mosca, Museo Tretyakov, seconda metà XIV secolo
Fonte: http://www.tretyakovgallery.ru/en/collection/_show/image/_id/2937#

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Nicea

Una cosa è certa: senza una teologia iconoclasta non ce ne sarebbe stata nemmeno una iconofila. È solo grazie a Hieria che si può spiegare Nicea. E, su un piano squisitamente teorico, mentre Hieria sembra lo sbocco naturale di un pensiero maturo, è proprio Nicea ad apparire invece come un Concilio imposto da più evidenti elementi geopolitici: l’intervento dell’imperatrice Irene e il gioco di sponda offerto da Papa Adriano I. Se cioè Hieria propone una visione teologica compiuta, Nicea fornisce l’impressione che il partito iconofilo giunga all’appuntamento con un sistema ancora non perfettamente oliato. Sarà solo dopo il Concilio, con gli interventi di Niceforo di Costantinopoli e di Teodoro Studita, che le argomentazioni iconofile assumeranno forza e credibilità. Non è certo un caso, peraltro, che il concilio non porti alla vittoria definitiva dei sostenitori delle immagini, ma sia seguito dal periodo del “Secondo iconoclasmo”. Nicea innanzi tutto significa scagliarsi con rabbia e veemenza contro gli iconoclasti. Vuol dire inoltre sostenere che le immagini possono e debbono essere venerate perché così accadeva dal tempo degli Apostoli: un’affermazione che, se volta a rivendicare il ritorno a un cristianesimo genuino ed autentico, non trova in realtà filologicamente riscontro alcuno.

Naturalmente non tutto si risolse nella denigrazione. Abbiamo detto come Hieria basi l’iconoclastia sull’impossibilità di raffigurare l’incarnazione. Anche Nicea parte proprio dall’incarnazione, e comincia col dire che le immagini non solo possono, ma devono essere venerate: esse sono la prova dell’incarnazione. Non solo: a partire da Nicea gli iconofili cominciano a sostenere (e lo faranno in ogni occasione da quel momento in poi) che essere iconoclasti vuol dire negare l’incarnazione, ovvero negare la natura divina e terrena del Cristo. Nulla di tutto ciò, come abbiamo visto.

Se le icone sono prova del dogma dell’incarnazione ne consegue che esse assumono natura rivelativa. In questo senso esse vengono poste sullo stesso piano dei Vangeli. Esattamente come i Vangeli esse annunciano la salvezza attraverso l’incarnazione e la rivelazione divina. Nicea recita testualmente che la rappresentazione pittorica è “apportatrice di un beneficio simile a quello del racconto evangelico”. Le conseguenze di questa visione delle immagini sono drammatiche: le immagini non hanno più, come nel mondo occidentale, un significato narrativo e memorativo. Non servono più di ausilio ai Vangeli, non sono più la Bibbia dei poveri; vengono invece poste sullo stesso piano dei Vangeli stessi, con una precisa valenza teologica (l’annuncio della salvezza tramite l’incarnazione). Ed ecco quindi che le immagini invadono la liturgia, ne diventano parte integrante e lo sono a tutt’oggi. Non esiste cerimonia ortodossa che non sia accompagnata dall’ostensione delle immagini. Noi però ci occupiamo di storia dell’arte e non possiamo non segnalare come la diretta conseguenza di tutto ciò sia la tipizzazione delle immagini. Esattamente come i Vangeli sono solo quattro, e gli altri sono apocrifi, dare un valore teologico all’immagine vuol dire stabilire che essa sia replicata in tipi che risulteranno essere di fatto immutabili nel corso dei secoli. L’artista è prima di tutto un mistico, e poi un artigiano; certo, non un “creativo”. Il concetto di “invenzione” individuale esce per sempre dal mondo artistico orientale.

Tutto l’impianto iconofilo si regge però su un’importante puntualizzazione, volta a rifiutare nettamente le accuse di idolatria: quella riservata alle immagini è venerazione, non adorazione. L’unico oggetto di adorazione non può essere che Dio. Si venerano invece oggetti come la croce, le reliquie, le immagini. In particolare la venerazione non riguarda le immagini nel loro aspetto materico, ma è ad esse tributata perché rimandano al prototipo, a Dio unico archetipo che si è voluto rivelare all’uomo tramite l’incarnazione. L’immagine sacra rende simbolicamente presente la persona divina che vi è rappresentata.

Icona della Trinità coi Santi. Mosca,
Museo Tretyakov Inizio del XV secolo
Fonte: http://www.tretyakovgallery.ru/en/collection/_show/image/_id/2936


Da Nicea al Trionfo dell’Ortodossia

Nicea viene celebrata nel 787. Il Trionfo dell’Ortodossia nell’843. Nell’oltre mezzo secolo che separa queste date sono racchiusi la ripresa dell’iconoclastia (il cosiddetto ‘secondo iconoclasmo’) e il lungo dipanarsi di un dibattito che vedrà spiccare da un lato (quello contrario alle icone) la figura di Giovanni il Grammatico e dall’altro quelle di Niceforo di Costantinopoli e di Teodoro Studita. È bene ricordare che nell’815 il concilio di Costantinopoli abolisce la dichiarazione di fede di Nicea e, richiamandosi in gran parte (ma non in termini identici) a Hieria torna a proclamare l’iconoclastia. Questa fase vede però un’attenuazione della condanna delle immagini: “Decretiamo che la manifattura delle icone è inidonea al culto ed inutile. Ci tratteniamo, tuttavia, dal chiamarle idoli, dal momento che c’è una distinzione tra i diversi tipi del male” (p. 225). È evidente che un conto è l’accusa di idolatria e un altro l’affermazione che le icone sono inutili. Si è voluto vedere nelle dichiarazioni di Costantinopoli un’implicita ammissione di debolezza delle tesi iconoclaste; molto più probabilmente si tratta di sano realismo. Entrambe le parti hanno avuto modo di sperimentare nei decenni precedenti che non basta uscire vincenti da un concilio per assicurarsi il risultato finale; e il mondo bizantino probabilmente avverte la necessità di arrivare a un compromesso che possa ricomporre una società che su questi argomenti si è dilaniata senza risparmiarsi colpi. Sono Niceforo e Teodoro Studita, da parte iconofila, che più degli altri avvertono la pericolosità di un simile atteggiamento: considerano il secondo iconoclasmo come più subdolo del primo perché induce alla convivenza di due posizioni che ritengono assolutamente divergenti. Insomma, se vi è durezza nel dibattito teologico, questa proviene da parte dei sostenitori delle icone. Ma questa volta, partendo dalla dichiarazione di fede di Nicea, gli iconofili possono completare in maniera convincente la loro proposta di fede.

Il Miracolo dell'Icona del Volto di Nostra Signora
(Battaglia fra i soldati di Novgorod e Suzdal)

Mosca, Museo Tretyakov, metà XV secolo
Fonte: http://www.tretyakovgallery.ru/en/collection/_show/image/_id/2607


Ancora una volta si parte dal rapporto fra icona e prototipo. Teodoro costruisce “la propria teologia dell’icona attorno al dogma del farsi carne del Verbo di Dio, risolvendo in tal modo la problematica questione della circoscrivibilità della natura divina in una raffigurazione materiale sollevata dagli iconoclasti. Il ragionamento […] contrasta la tesi di Costantino V secondo la quale se l’icona non rende i tratti della forma che raffigura esattamente com’è il volto personale del suo modello originario, non può essere un’icona. Teodoro ritenne invece che «l’icona di qualcuno rappresenta non la sua natura, bensì la sua persona» […] Il Logos divino ha assunto la natura umana incarnandosi e, poiché questa sussiste solo nella singolarità di ciascun individuo, Cristo non si è fatto genericamente uomo, ma è divenuto un uomo preciso. Quindi, poiché le particolarità sono proprie della persona e non della natura, Teofilo affermò, controbattendo il punto centrale della dottrina iconoclastica, che i tratti del volto di Gesù erano quelli della persona divina: il modello archetipo è dunque realmente presente nell’immagine raffigurata perché «l’icona mira alla somiglianza senza pretendere di intrattenere con lui la relazione di similitudine che questo intrattiene con la sua propria sostanza» (pp. 238-239).

Tradizionalmente si considera l’843 (con la proclamazione del Trionfo dell’Ortodossia) l’anno in cui la controversia iconoclasta si chiude. Ovviamente non è così, se non altro perché abbiamo visto che la parte iconofila (vincente) si prodiga nel riscrivere la storia, nel cancellare i documenti della fazione avversa e nel denigrare le figure che ne fecero parte. Al di là di tutto – segnala giustamente Fogliadini – la stessa definizione di “Trionfo dell’Ortodossia”, invece di un più circoscritto “Trionfo dell’Icona” sta a significare che l’iconoclastia è considerata l’ultima grande eresia che aveva portato alla serie dei concilii ecumenici, quasi tutti giocati sull’interpretazione dei testi evangelici e qui invece sul dibattito sulle immagini, che non a caso escono dalla controversia elevate a livello di Vangeli.


Icona del Giudizio Universale
Mosca, Museo Tretyakov, XVI secolo
Fonte: http://www.tretyakovgallery.ru/en/collection/_show/categories/_id/53/_page/5

Michelangelo, Il Giudizio Universale, 1536-1541
Roma, Cappella Sistina


L’Occidente e il mancato recepimento di Nicea

L’ultima parte del volume è dedicata al mancato recepimento della dichiarazione di fede di Nicea da parte dell’Occidente. Si tratta di un tema spinoso; il mondo ortodosso non ha mancato storicamente di mettere l’accento sull’apparente incoerenza di Papa Adriano I, che accettò le tesi di Nicea (787) per poi però avallare le posizioni del sinodo di Francoforte (794) che le condannava. I momenti da individuare sono due: la pubblicazione dei cosiddetti Libri carolini (792) e appunto il sinodo tedesco. Fogliadini insiste sulla necessità di leggerli entrambi non unicamente come risposta a Nicea, ma come elaborazione di una posizione teologica autonoma ed occidentale, di cui si fecero carico soprattutto le gerarchie ecclesiastiche legate al mondo Franco di Carlo Magno.

I Libri carolini furono pubblicati nel 792. In essi si condannavano le posizioni iconofile nicene soprattutto per l’attribuzione all’immagine di quel carattere teologico-rivelativo di cui abbiamo ampiamente parlato. In Occidente l’immagine continua ad essere utilizzata in senso didascalico e continua ad essere subordinata (non posta sullo stesso piano) rispetto ai Vangeli. Ne è un chiaro sintomo la diffusione della prassi dei cosiddetti ‘tituli’, ovvero delle spiegazioni scritte delle immagini che servivano appunto ad integrare il significato dell'apparato figurativo. In questo senso si può dire che i Libri Carolini rappresentino un approfondimento teologico ponderato rispetto ai risultati del Concilio di Nicea, che probabilmente non erano stati immediatamente compresi nella loro portata. Con tutto ciò, va detto che Papa Adriano respinse le tesi dei Libri: esse, a dire il vero, giungevano a sostenere la proibizione delle immagini sacre (e non a caso si è parlato di un’iconoclastia occidentale, che sarà ripresa ai tempi della Riforma da Calvino); Carlo Magno, con grande acutezza, rinunciò alla loro diffusione, salvo però farsi portavoce della richiesta di un Sinodo in cui le posizioni delle gerarchie ecclesiastiche vicino ai Franchi potessero essere ridiscusse. Il sinodo di Francoforte (794) segna senza dubbio un punto di svolta: da un punto di vista sostanziale il risultato non è la proibizione delle immagini sacre (come proposto nei Libri Carolini), ma il rifiuto della venerazione delle immagini in una modalità che, attribuendo valore teologico alle medesime, viene considerata alla stregua dell’adorazione idolatrica.

I pochi anni che separano Nicea (787) dal sinodo di Francoforte (794) bastano dunque a divaricare per sempre il modo di intendere le immagini fra Oriente e Occidente e, di conseguenza, ad orientare su strade completamente diverse il fare artistico nel millennio successivo. 

P.S. Su questi argomenti si veda anche la recensione a 'Vedere l'Invisibile. Nicea e lo Statuto dell'immagine' a cura di Luigi Russo, Palermo, Aesthetica, 1997.

3 commenti:

  1. sono molto interessanti questi studi grazie non so se posso copiare e leggere con calma

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  2. Certo che puoi! Anzi, te lo consiglio. Oppure salva il link

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  3. sempre ottime recensioni/articoli....grazie davvero
    Lorenzo Donati

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